Le proteste in Bielorussia, raccontate da una giornalista in esilio

 

Le proteste in Bielorussia, raccontate da una giornalista in esilio

“Tutti sono sicuri che vinceremo ma nessuno sa quando”. Natalia Pichuzhkina è una giornalista bielorussa e ha lavorato come corrispondente da Vilnius (Lituania) per il giornale online Gazetaby (Solidarietà). Tre anni fa è stata arrestata dalla polizia per la sua attività giornalistica e nei sindacati indipendenti. Il 6 settembre una nuova enorme protesta contro il presidente Lukashenko ha invaso Minsk per la ventinovesima volta dal giorno delle elezioni. Ora vive a Vilnius e ha parlato con upday della sua storia e della sua visione sul futuro della Bielorussia.

di Emanuela Colaci

Natalia, ci parli della sua esperienza di giornalista in esilio

Non ho deciso io di trasferirmi in Lituania. Lavoravo come corrispondente per Gazetaby a Minsk e parallelamente ero caporedattrice di Praca-by.info, il sito web del sindacato indipendente. Mi occupavo della comunicazione con i sindacati internazionali. È stato l’inizio dei problemi.

Cos’è successo?

Il decreto presidenziale numero 24 ha proibito alle organizzazioni nazionali di ottenere assistenza da organismi stranieri. Dopo una protesta di massa contro nuove tasse guidata dai sindacati, il governo ha deciso di fermare le loro attività e avviare un’inchiesta. La polizia ha confiscato il mio computer, dove conservavo molte informazioni sulla cooperazione internazionale, i contatti e una lista di articoli in inglese. Sono rimasta in stato di arresto solo per un giorno, perché l’associazione dei giornalisti bielorussi ha organizzato una manifestazione per me. Nel giro di due giorni ho deciso di lasciare il Paese, su consiglio dei miei avvocati. Il caso giudiziario non è stato ancora chiuso.

Freedom House ha classificato la Bielorussia come “Paese non libero”. Cosa significa essere giornalista nel tuo paese?

Si tratta di una sfida difficile soprattutto in questo momento. Quando lavoravo come giornalista a Minsk era complicato raccogliere dichiarazioni dal governo. Non si potevano rispettare le più semplici regole giornalistiche, per mettere a confronto due punti di vista diversi.
Il governo ha negato l’accredito a molti giornalisti perché sono accusati di fare parte del movimento di protesta. In qualsiasi momento i giornalisti bielorussi sono preparati per vedere la polizia alla loro porta. Oggi subiscono intimidazioni e minacce. Dobbiamo sempre pensare alla nostra sicurezza. Per questo alcuni giornalisti hanno deciso di fuggire in Polonia e Lituania.

Come sta evolvendo la situazione delle proteste in Bielorussia nelle ultime ore?


Sarò sincera, oggi sono preoccupata perché continuano gli arresti di persone che protestano pacificamente. Non abbiamo più notizie di Maria Kolesnikova, la coordinatrice della campagna elettorale del leader dell’opposizione Viktor Babariko. Ci sono testimonianze di un suo possibile rapimento domenica 6 settembre.

È un periodo difficile, perché io sono in Lituania e non posso essere presente per le mie persone in questo momento importante. Da giornalista e con la mia esperienza di persona adulta so perfettamente che le proteste pacifiche non avranno effetti se il regime si rifiuterà di collaborare. Speriamo vivamente che questo regime finisca ma molte persone stanno soffrendo.


Qual è il più grande cambiamento che ha visto finora?

Sono sorpresa e orgogliosa della diffusione delle proteste e della creatività dei manifestanti. Le persone sono determinate a rispettare la natura pacifica delle manifestazioni. In molti criticano il metodo, ad esempio, la mancanza di una leadership. È impossibile averne una perché appena arriva un nuovo leader subito viene arrestato.
Un’altra caratteristica di queste proteste è la solidarietà. Domenica alcuni poliziotti in borghese hanno rotto la vetrina di un bar. Lunedì sono arrivate persone per aiutare i proprietari.

La stampa internazionale ha paragonato queste proteste a Solidarnosc, il movimento sindacale polacco fondato nel 1980. Quanto si somigliano e in che modo sono differenti?

Era un’altra epoca. Il punto è questo: in Polonia c’erano moltissimi lavoratori e la Chiesa cattolica a sostegno di Solidarnosc. I sindacati indipendenti sono importanti in Bielorussia ma non sono così numerosi come in Polonia. Ci sono circa 10mila membri nei 4 sindacati indipendenti, perché per molto tempo lo Stato autoritario ha spinto per svalutare questo movimento. In Bielorussia solo un’organizzazione sindacale indipendente ha accesso alle fabbriche.
I lavoratori si sono appena svegliati da un lungo sonno. È stata la violenza brutale più dell’accusa di brogli elettorali che li hanno spinti a protestare. In Bielorussia lo Stato possiede l’80% delle imprese. Il presidente Lukashenko è il più grande datore di lavoro del Paese.

Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza il 6 Settembre a Minsk per continuare la protesta contro il presidente Alexander Lukashenko (Foto di -/TUT.BY/AFP via Getty Images)

Che cosa si aspetta da Lukashenko?

Ho paura che non sia disposto al dialogo. Terrà il suo potere fino alla fine. Il suo comportamento nelle ultime settimane è sotto gli occhi di tutti. Non capisce quello che sta succedendo.
Penso che il futuro della Bielorussia dipenderà dalle decisioni della Russia perché è l’unico Paese che ha deciso di appoggiare Lukashenko. Anche se Putin non ama Lukashenko e la Russia cercherà di introdurre i suoi funzionari in molti livelli della struttura dello Stato. Ho paura che stiano mettendo radici nel mio Paese.

Vorrebbe tornare a casa?

Due settimane fa volevo tornare, ma parenti e amici mi hanno convinto a restare qui a Vilnius. Spero di riuscire a ritornare molto presto e spero che i bielorussi avranno la pazienza di continuare le proteste pacifiche. Nessuno può prevedere quello che succederà. Nemmeno i più esperti perché ogni giorno succede qualcosa di nuovo. Tutti sono certi che vinceremo, ma non si sa quando.

https://news.upday.com/it/le-proteste-in-bielorussia-raccontate-da-una-giornalista-in-esilio/

Bielorussia, «rapita» l’ultima avversaria di Lukashenko

La crisi di Minsk. Marya Kolesnikova prelevata da sconosciuti, la polizia nega l’arresto. Quasi azzerato il presidium dell’opposizione. Nuove proteste di piazza, spuntano anche cartelli contro Putin.   Ma ora anche Mosca critica la repressione

Ieri mattina vicino al Museo nazionale dell’arte di Minsk, sconosciuti hanno caricato Marya Kolesnikova, su un minibus e sono partiti verso una direzione sconosciuta. Kolesnkiva era stata la portavoce della campagna elettorale di Victor Babariko per le presidenziali del 9 agosto prima che l’uomo politico “filo-russo” fosse arrestato e la figura più nota dell’opposizione bielorussa dopo che Svetlana Tikhanovskaya si era rifugiata in Lituania.

LA PREOCCUPAZIONE nel “consiglio di coordinamento”, il governo ombra dell’opposizione bielorussa, per il suo rapimento è latente visto che la leader ha il telefono spento e la polizia di Minsk nega di averla arrestata. A questo punto il presidium dell’opposizione è ormai completamente decapitato: dei suoi 7 membri restano liberi sul territorio del paese solo il giovane avvocato Maxim Znak e il premio nobel per la letteratura Svetlana Alexevic, la quale però ha più un ruolo simbolico che direttamente politico.

«I RAPIMENTI di Marya Kolesnikova, Anton Rodnenkov e Ivan Kravtsov sono un tentativo di interrompere il lavoro del consiglio di coordinamento e intimidire i suoi membri. Le autorità si sbagliano quando pensano che ci fermeranno», ha tuonato da Vilnius Tikhanovskaya. Dure anche le reazioni a livello europeo. «Gli arresti arbitrari e i rapimenti di persone per motivi politici in Bielorussia, comprese le brutali azioni di questa mattina sono inaccettabili. Le autorità devono smetterla di intimidire i suoi cittadini e violare le sue stesse leggi e obblighi» ha affermato il capo della diplomazia dell’Unione europea Josep Borrell.

Sulla stessa linea d’onda il ministro degli esteri lituano Linas Linkevicius che ha commentato così: «Invece di comunicare con i cittadini bielorussi il governo uscente sta cercando di eliminare cinicamente uno per uno i suoi rappresentanti. Nel 21mo secolo vengono applicati i metodi stalinisti della Nkvd».

LA REPRESSIONE NON FERMA però la grande mobilitazione per destituire il regime di Lukashenko. Domenica, a Minsk e in altre 30 città, per il 29esimo giorno consecutivo, molti bielorussi sono scesi in strada per protestare. La sfilata più grande nella capitale dove hanno marciato oltre 100mila persone. Per la prima volta sono apparsi cartelli anti-Putin, segno che l’allineamento del capo del Cremlino al dittatore di Minsk amareggia tanti cittadini. In serata mentre la gente defluiva pacificamente sono entrati in azione poliziotti in borghese armati di manganelli seminando terrore e violenza.

AL TERMINE IL MINISTERO degli Interni ha dichiarato di aver fermato 664 persone, decine sono invece i manifestanti finiti al pronto soccorso.

Tra le reazioni – a sorpresa – spicca quella di Dmitry Peskov, portavoce ufficiale del Cremlino, che ha accusato di «teppismo» le forze dell’ordine di Minsk. Forse che Putin si stia preparando a una nuova svolta sulla crisi in corso?

08.09.2020

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