Cuba, i suoi medici in Calabria e la Cgil

  Se la destra di governo in Regione Calabria stringe un accordo con il governo di Cuba per l'invio di 500 medici, per   quale motivo la stessa Cgil è contraria?  Non si tratta di salvare la sanità locale  ormai ridotta al collasso? 

Tre sono le riflessioni necessarie, da una parte l'arrivo di medici stranieri ricorda quanto sta avvenendo in tanti ospedali italiani con personale medico interinale, su questo punto la vera e sola battaglia da sostenere sarebbe quella di porre fine a ogni tetto e limite in materia di assunzione nella sanità e al contempo bandire concorsi per internalizzare servizi.  Una sanità nazionale e non regionale e a tal riguardo servirebbero due cose: la volontà politica di dettare regole diverse da quelle imposte dalla Ue e dei piani occupazionali che non lascino spazio ai soggetti privati.

L'arrivo dei medici cubani può anche non trovarci d'accordo ma davanti a posizioni contrarie urge l'obbligo di pretendere azioni concrete a partire dalla Cgil: mobilitatevi fin da domani per avere medici e personale sanitario, scioperi generali per acquisire fondi atti ad aprire 4\5 ospedali nella Regione, solo a quel punto assumerete una posizione corretta a tutela del servizio pubblico.

E' un po' come accade al pubblico che lascia andare in malora chiese e musei e in assenza della dovuta attenzione e  di fondi alla cultura finisce con il diventare ostaggio dei finanziamenti privati. Se credi realmente nel servizio pubblico non devi contribuire ad affossarlo anche con il solo silenzio assenso verso politiche inaccettabili di esternalizzazione dei servizi.

La seconda riflessione è legata alla campagna elettorale in atto. Meloni, Berlusconi, Salvini rivendicano il loro fiero anticomunismo ma una Giunta da loro guidata chiama in aiuto i medici cubani mostrando magari maggiore concretezza del Pd e del segretario Letta che invece si erge a paladino della Nato e della Ue e non ci sembra stia facendo molto per contrastare la privatizzazione della sanità viste le posizioni della loro classe dirigente in materia di autonomia differenziata.

Terza e ultima riflessione non può che riguardare Cuba, da anni vittima di un embargo ingiustificato, questo paese presenta tra le più alte percentuali di diplomati e laureati al mondo quando nel nostro Paese si stenta a reperire figure professionali e molte delle esistenti sono costrette a migrare all'estero da politiche baronali e il mancato supporto alla ricerca.

Se un paese povero, al cospetto dell'Italia, sforna aiuti verso nazioni ricche ma  quasi paradossalmente bisognose di aiuto, ci sarà quale considerazione da avanzare sul modello sociale oppure no?


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