Nuove sanzioni Usa e guerra in Ucraina alle soglie dell'insediamento di Trump di Francesco Dall'Aglio

 Dal canale telegram  War Room - Russia, Ucraina, NATO di Francesco Dall'Aglio, con assemblaggio a cura del Giga:




Volevo fare un mega-dump di articoli pescati sulla stampa internazionale negli ultimi giorni (roba interessante, non la porcheria di stamattina), ma poi è arrivata la notizia dell'ultimo pacchetto di sanzioni "fine-di-mondo" approvate dall'amministrazione Biden come regalo d'addio, allora aggiungo anche queste al minestrone.

È un pacchetto sicuramente molto serio, con conseguenze economiche e politiche importanti, il cui obiettivo è colpire le esportazioni di gas e petrolio russi e la cosiddetta "flotta ombra", ovvero le navi formalmente non appartenenti alla Russia che li trasportano. Tra i sanzionati ci sono infatti  le compagnie Gazprom Neft e Surgutneftegaz, ma anche le compagnie assicurative Ingosstrakh e Alfa Strakhovanie e varie compagnie di servizi, oltre a una serie di persone fisiche tra cui il CEO della Rosatom. Il totale delle navi colpite è 183, se ho letto bene. Questo ovviamente è un problema per la Russia, anche se i portavoce delle compagnie colpite assicurano che sono state prese precauzioni perché una mossa del genere era temuta, ma è un problema anche per l'Europa, per la Serbia (che ha tempo fino al 25 febbraio per rimuovere le quote che la Gazprom Neft ha nella compagnia serba NIS, Naftna Industrija Srbije), per la Cina e soprattutto per l'India, che in assenza di gasdotti e oleodotti che la colleghino direttamente alla Russia proprio da questa flotta otteneva il quantitativo elevatissimo di gas e petrolio che sta acquistando da quando è cominciato il conflitto. Ora i prezzi del greggio si alzeranno e a beneficiarne saranno ovviamente gli Stati Uniti che proveranno a sostituirsi alla Russia anche sui mercati extra-europei (e che probabilmente proveranno a infilarsi anche nell'assetto societario della NIS).

C'è da chiedersi come Trump interpreterà queste sanzioni, e se saranno per lui un problema o un'opportunità. Da un lato potrebbero essere un'ulteriore leva negoziale a vantaggio dell'Ucraina, ma dall'altra potrebbero irrigidire (come è già successo, almeno a giudicare dalle parole di Maria Zaharova) la posizione russa. Cosa intenda fare l'Uomo Arancione, ad ogni modo, non è chiaro. Stando al Financial Times in Europa c'è un certo panico, dovuto al timore che possa cancellare ogni provvedimento di Biden (link 3), ed è probabilmente per questo che tra ieri e oggi un po' tutti gli alleati, Italia inclusa, si sono affrettati a garantire ulteriori finanziamenti e spedizioni, con Kaja Kallas che ha assicurato che se gli USA dovessero tirarsi indietro ci penserebbe l'Unione Europea - a proposito di Italia, Zelensky è stato piuttosto sfortunato: doveva incontrarsi a Roma non solo con Meloni e Mattarella, ma soprattutto con Biden che all'ultimo momento ha deciso invece di rimanere negli USA per la questione degli incendi a Los Angeles e per il funerale di Carter.

Ma che Trump, nonostante le roboanti dichiarazioni di risolvere il tutto in 24 ore, abbia davvero modo e possibilità, oltre che volontà di farlo, resta dubbio. Il suo incaricato per l'Ucraina, Keith Kellogg, parla già ormai di 100 giorni come possibile data per la chiusura del conflitto e il "President Elect" viene tirato per la giacca un po' da tutti perché non faccia cessare il sostegno all'Ucraina. Da Robert Kagan (il marito di Victoria Nuland...), ad esempio, che ha pubblicato un pezzo accoratissimo su The Atlantic nel quale parla senza mezzi termini di "sconfitta catastrofica" se gli USA abbandoneranno l'Ucraina: "L'Ucraina non perderà in maniera gentile e negoziata, con territori vitali sacrificati ma con un'Ucraina indipendente tenuta in vita e protetta da garanzie di sicurezza occidentali. Deve invece affrontare una sconfitta completa, perdita di sovranità e completo controllo russo [...] Trump deve ora scegliere tra accettare una umiliante sconfitta strategica sulla scena mondiale o moltiplicare immediatamente il sostegno americano per l'Ucraina fintanto che c'è ancora tempo" (il resto dell'articolo è come ci si aspetta che sia - i territori occupati come un gulag, la capitolazione completa dell'Ucraina come scopo reale di Putin che non ha mai voluto in realtà negoziare - e come prova della sua affermazione cita i documenti che provano invece che sono stati gli ucraini a non volersi accordare).

Kagan non scrive la parola capitolazione, ma grosso modo è quello che ha in mente ed è quello che, se non finiranno a breve i combattimenti e davvero gli USA ritireranno il sostegno è verosimile possa verificarsi. L'esame di realtà da parte dell'occidente continua, anche se faticosamente. Una delle fonti statunitensi anonime che avevano anticipato alla Reuters l'approvazione del nuovo pacchetto di sanzioni ha ammesso a malincuore, nella stessa conversazione, che né gli Abrams, né gli F-16 né gli ATACMS "hanno portato grandi vantaggi all'Ucraina sul campo di battaglia". E per finire Michael Kofman, in un lungo thread su Twitter (e qui un articolo ancora più dettagliato di Business Insider che lo cita) ha finalmente deciso di occuparsi dell'elefante nella stanza, ovvero della scellerata strategia ucraina di non utilizzare i mobilitati per rimpiazzare le perdite subite dalle unità al fronte e renderle capaci di resistere all'avanzata russa, ma al contrario di concentrarli in unità di nuova creazione che poi vengono mandate, a pezzi, nei vari settori del fronte. Ma sono unità inesperte e col morale bassissimo (come affermano sostanzialmente tutti gli ufficiali ucraini cui viene chiesto qualcosa della faccenda), senza esperienza e senza un nucleo di sottufficiali e ufficiali inferiori veterani che possano in breve tempo farne una vera forza combattente. Il risultato è una scarsissima efficienza in campo quando non disastri vergognosi come quello della brigata addestrata in Francia, parte della quale ha disertato già durante l'addestramento e il resto una volta mandata al fronte.

Non è, insomma, una semplice questione di continuare a mandare armi: il problema ormai sono gli uomini, e non è un problema che Trump o l'Unione Europea a trazione baltica possano risolvere.

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