COSTITUZIONE E SICUREZZA
COSTITUZIONE E SICUREZZA di Franco Astengo
“Con
l'approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la costituzione e l'Italia
entra nell'incubo dell'apartheid giuridico. È davvero incredibile che sia
accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al
diritto di asilo, all'accoglienza, all'integrazione". Lo dice Carla Nespolo, presidente nazionale dell'Anpi.”
Con questa dichiarazione di Carla Nespolo l’ANPI si
pone ancora una volta come barriera in difesa della Costituzione Repubblicana.
Si tratta di un intervento molto importante che apre
sicuramente una stagione di battaglia politica dopo che, nei due anni che sono
intercorsi dall’esito del referendum del 4 dicembre 2016, sono apparsi sotto
traccia due punti fondamentali:
a)
La prospettiva di un attacco diretto alla
prima parte della Costituzione, quella riguardante i diritti e i doveri dei
cittadini. Quest’attacco era stato annunciato da più parti, in particolare a
partire dal momento in cui la Lega aveva assunto posizioni di governo. Adesso
questa possibilità si concretizza ed è necessario farvi i conti fino in fondo.
Fermo restando che anche la deformazione della seconda parte, prevista dal
progetto del PD respinto proprio dal referendum già citato, toccando l’ordinamento
dello Stato inficiava il rispetto di
articoli fondamentali della prima parte, in particolare all’articolo 3;
b)
La necessità per la sinistra di trarre,
dall’esito referendario del 2016, conclusioni più direttamente politiche anche
sul piano della propria strutturazione di soggettività. Questo non è stato
fatto lasciando milioni di elettrici e di elettori privi di un riferimento
certo, in grado di produrre alternativa sul terreno della difesa della
democrazia repubblicana e della saldatura tra questa e i principi di
eguaglianza e di fuoriuscita dal regime di sfruttamento che una sinistra che si
dichiari d’alternativa è chiamata a perseguire.
Il decreto cosiddetto “sicurezza” convertito in Legge
dal Parlamento ha riproposto per intero il tema della difesa costituzionale
proprio nella dimensione dell’attacco alla prima parte della nostra Carta
fondamentale.
In questa sede si evidenzia un solo punto tra quelli
contenuti nel decreto appena tramutato in legge:
“Viene cancellato il permesso di soggiorno per motivi
umanitari (articolo 1), che aveva la durata di due anni e consentiva l'accesso
al lavoro, al servizio sanitario nazionale, all'assistenza sociale e
all'edilizia residenziale. Al suo posto vengono introdotti permessi per
"protezione speciale" (un anno), "per calamità naturale nel
Paese di origine" (sei mesi), "per condizioni di salute gravi"
(un anno), "per atti di particolare valore civile" e "per casi
speciali" (vittime di violenza grave o sfruttamento lavorativo).”
Il tema
dell’asilo, pur presentando profili di drammatica attualità, trova un referente
normativo primario ed esplicito all’art. 10 della nostra Carta Costituzionale
e, segnatamente, delle disposizioni di cui al secondo e terzo comma, laddove è
statuito espressamente che “La condizione giuridica dello straniero è
regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo
nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
L’enunciazione
in termini così puntuali dell’istituto in questione, infatti, si radica
storicamente nell’esperienza vissuta durante il ventennio fascista dai
Costituenti, molti dei quali avevano dovuto intraprendere personalmente la dura
via dell’esilio ed erano pertanto ben determinati, al momento di redigere la
nuova Carta costituzionale democratica, a prospettare una forma di accoglienza
in Italia per quegli stranieri che avessero patito nel loro paese di origine
una situazione di illibertà. In più occasioni è stata la stessa Corte
Costituzionale ad affermare come lo stesso sia da annoverare tra i diritti
inalienabili della persona umana e non a caso la sede prescelta è quella propria dei “diritti fondamentali” su
cui si regge il nostro ordinamento.
Il
governo italiano sta lanciando, inoltre un nuovo segnale di chiusura al mondo
sul tema delle migrazioni che non può essere sottovalutato anche sotto il
profilo costituzionale.
Nella giornata di mercoledì 28 novembre,
infatti, il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha annunciato che,
contrariamente a quanto sostenuto negli ultimi due anni, l’Italia non
sottoscriverà il Global
Compact for Migration, un documento redatto dalle Nazioni Unite in
collaborazione con i Paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno migratorio.
A rafforzare questa scelta, il governo ha reso noto che non parteciperà alla
conferenza intergovernativa sulle migrazioni che avrà luogo a Marrakech, in
Marocco, il 10 e 11 dicembre prossimi.
Il
Global
Compact for Migration non è un testo vincolante, ma intende
stabilire e ribadire alcuni principi nella gestione del fenomeno migratorio, dalle
partenze all’accoglienza, così come richiesto da funzionari, operatori e
studiosi del tema a livello globale. Non si tratta dunque di un insieme di
proposte concrete, ma di uno strumento che pone 23 obiettivi, molti dei quali
già integrati nel diritto internazionale, per una migrazione “sicura, ordinata
e regolare” (articolo 16).
Questo
secondo punto riguardante il “Global Compact for Migration” non è materia di
livello costituzionale, pur tuttavia sotto questo profilo non si può nascondere
la preoccupazione per un’evidente retrocessione di ruolo dell’Italia rispetto
al quadro di partecipazione agli organismi internazionali in difesa della pace
previsto dall’articolo 11 della Costituzione.
Infatti: quale difesa della pace migliore si
può trovare se non nel provvedere all’accoglienza da chi fugge da tremendi
conflitti che provocano immani fenomeni di distruzione della stessa vita umana?
C’è
sufficiente materia, insomma, per una mobilitazione forte della parte più
coerente della sinistra italiana: una mobilitazione da svilupparsi ancora una
volta, attorno ad un obiettivo “vitale” come quello della difesa e
dell’affermazione della Costituzione Repubblicana.
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