Perché tanta sudditanza?

 

Perché tanta sudditanza?


 


Zelensky a Roma. Vede le massime cariche dello Stato e del Vaticano. Perché tanta sudditanza? 

Al di là della retorica sulla libertà – combattono anche per noi -, al di là dello schieramento occidentale, nel quale l’Ucraina è stata portato dentro – almeno a parole -, al di là del pensiero che vi saranno molti affari da fare per la ricostruzione del paese distrutto – vedi casi simili, come la Cecenia, anche se lì prodotti non da noi generati – perché tanta sudditanza ad un attore di un problema che si presume, al di là delle sue dichiarazioni e delle nostre, andrà molto avanti nel tempo. In effetti non essendoci un solo attore, ma due, l’altro è Putin, le cose non sembrano dipanarsi chiaramente. 

Non si capisce la sottomissione, sempre a parole, che esprimono i governi europei in questa tragica faccenda. Basterebbe fare il paragone con la questione palestinese per verificare la distanza politica che misura tali due entità di guerra e le nostre posizioni politiche al riguardo. 

Certo da parte di Israele vi sono molti meno morti effetto dei loro bombardamenti, che sono limitati, al confronto con l’Ucraina, certo gli israeliani uccisi sono quantitativamente risibili al confronto con le vittime dell’altro campo di guerra, ma la tensione in quei luoghi mediorientali va avanti dalla fondazione dello stato di Israele, ed anche da immediatamente prima, cioè dal 1948. 

E non si intravvede una risoluzione e quindi una fine degli scontri e dei morti, senza contare i feriti, i prigionieri ecc. ecc. Una vita di sofferenza per un popolo intero, il palestinese, stretto tra voglie di grandeur dei proprio governanti e dei “nemici” ebrei. Qui sembrerebbe più facile fare smettere tutto questo: uno stato solo, ognuno creda nel Dio che preferisce. 

Ma in effetti – una posizione di Edward Said e di altri – rinunciare a fare vincere il proprio Dio, sulla scena umana, pare impossibile. Comunque, una ipotetica via d’uscita vi sarebbe. E non attiene a territori o altro, se non in minima parte. Vogliamo prendere in considerazione anche la guerra in Sudan con analogie e differenze? 

Quella nello Yemen? Insomma, in nessuno di questi scenari vi è una sudditanza della politica internazionale come nel conflitto ucraino. Anche la Cecenia era tata lasciata a sé, come la Georgia, nei loro problemi con la Russia.

Ma per Kiev! Tutti a lisciare un uomo, il presidente dell’Ucraina, che gira per l’Europa vestito militarmente o con felpe militari o comunque vestito da battaglia, che chiede sempre più armi e vuole che la Russai “perda”. Ma perdere cosa vuole dire? E per lui vincere cosa vuole dire? Che la Russia perda sembra fuori dalla cognizione di causa. Perdere vorrebbe dire essere invasa dagli ucraini? Mah? Che l’Ucraina vinca vorrebbe dire riprendersi tutto il territorio nazionale, compresa la Crimea?

 Ma se era dal 2014 che la parte est del Paese era in guerra con il resto; che la Crimea era stata regalata all’Ucraina nel 1954 e che lì le popolazioni erano filorusse. A scuola in Ucraina, sino a non molto tempo fa, si parlava russo. Ora non più. Di quella guerra con l’est, il buon Zelensky poco si era interessato all’inizio del suo mandato, nel senso della risoluzione dello scontro, per la libertà ecc. ecc. 

Un problema irrisolto gettato nella fornace dello scontro successivo. Perciò tutto il territorio ucraino cosa vuole realmente dire? Nulla viene specificato. Certo Putin ha costruito in Ucraina un sentimento di unità nazionale che prima del suo intervento non esisteva, e che in mote situazioni, anche attorno alla Seconda guerra mondiale, era assente. Il senso nazionale non è sempre stato massimamente sentito in quei luoghi. 

Basterebbe scorrere un poco la sua storia per saperlo. Insomma, questo novello paese nazionale, nelle intenzioni del suo presidente, è una novità della guerra. Zelensky diventato leader del suo paese in pochi mesi: dalla televisione, dove faceva l’attore comico, a Presidente della repubblica, in fondo ha fatto meglio di Berlusconi. C’è riuscito da subito e poi la guerra lo ha santificato. Ma noi, cosa c’entriamo con tutto questo? La retorica del “cuore dell’Europa” vale poco. 

Meglio sarebbe pensare all’Ucraina ai confini dell’Europa e poi questo cuore in guerra non è così invitante. Anche lo stesso Zelensky lo ricorda ai nostri politici: “Se l’Ucraina cade, il passo successivo è la Moldavia e poi i Paesi baltici. Putin arriva lì, forse non in Italia, ma i paesi baltici sono membri della Nato e voi dovrete mandare in guerra i vostri figli.” (il Sole 24 ore, domenica 14 maggio) 

Un bell’augurio davvero. Sullo stesso giornale sono riportate altre frasi del Presidente ucraino: “Rispetto Sua Santità, ma non abbiamo bisogno di mediatore tra Ucraina e il suo aggressore.” (idem) E poi vorrebbe il Papa come sostenitore di una pace giusta, cioè la sua, quella che abbiamo indicato. Difficile intravvedere una fine della situazione con un ostinato di tale fatta. Senza pensare alle condizioni di rientro dei denari prestati per le armi usate, da ripagare.

 Oppure l’Occidente, generoso, dopo avere buttato in quello scenario, come ha fatto l’Italia, tutto l’inservibile, si accollerà il debito miliardario di questa guerra, quando finirà, non si sa come e quando. 

Dopo avere portato un paese in guerra nell’Unione Europea e nella Nato. Questo accadrà, vista la pochezza di lungimiranza dei leader dell’UE, e del nostro paese, come della Nato. Che naturalmente non possono essere, la Nato intendo, ritenuta al di fuori di quanto è accaduto. Insomma, ancora anni di sudditanza all’uomo in tuta che gira il mondo chiedendo sempre più armi e soldi per un paese distrutto e da rimettere in sesto. 

Ma è possibile che nessuno mai faccia discorsi diversi della solita retorica armi-difesa-valori occidentali? Il posto della Russia, alla fine dei combattimenti, nel mondo, quale sarà? Chiederselo è assurdo? 

Pare che il centro del mondo sia l’Ucraina, ma un centro del mondo non esite. Ve n’è più d’uno. Vi può essere una politica che cerchi di liberare le società incatenate dalla guerra, Russia inclusa? Oppure dobbiamo sperare che la situazione si incancrenisca, come in Israele, Sudan, Yemen e possiamo aggiungere, anche Congo, Centrafrica, Siria, Thailandia, Birmania, ecc. ecc.

Tiziano Tussi

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