America Latina: la fase di passaggio dal colonialismo al neocolonialismo
America Latina: la fase di passaggio dal colonialismo al neocolonialismo
Gli interventi militari Usa a Cuba e a Panama segnano l'inizio
dell'Imperialismo
In questo articolo tratteremo degli interventi militari
statunitensi a Cuba e a Panama avvenuti fra la fine del XIX secolo e l'inizio
del XX che costituiscono uno spartiacque nella storia delle relazioni
internazionali.
Questo tema riguarda la delicata fase storica latinoamericana di
passaggio dal colonialismo al neocolonialismo, un'epoca di grandi cambiamenti e
conflitti che ha gettato le basi per gli sviluppi economici, politici e sociali del secolo successivo.
Il
Contesto Storico
Per capire meglio gli interventi degli Stati Uniti a Cuba e a
Panama, dobbiamo prima affrontare brevemente la questione del colonialismo e
del neocolonialismo. Alla fine del Settecento, iniziò a emergere un forte
sentimento indipendentista in America Latina. Figure di spicco come Simón
Bolívar e José de San Martín sognavano un’America Latina unita e indipendente.
Il progetto della "Patria Grande latinoamericana" di Simon Bolivar,
dopo una fase di guerre indipendentiste, portò alla creazione di uno stato indipendente.
Nel 1819, questo sogno sembrò quindi realizzarsi con la formazione della Grande
Colombia, uno stato sorto dall'impero coloniale spagnolo che comprendeva gli attuali Ecuador,
Venezuela, Colombia e Panama. Ma presto
iniziarono i problemi perché continuavano a persistere forti squilibri sociali
interni e le oligarchie fondiarie post
coloniali delle varie province iniziarono a contendersi il potere statale. La
Grande Colombia arrivò cosi alla disgregazione nel 1931 e Bolivar, molto
amareggiato, si ritirò a vita privata.
Nel frattempo, gli Stati Uniti osservavano attentamente. Vedendo
che l'America Latina aveva cominciato a liberarsi definitivamente dal dominio
coloniale europeo, gli Stati Uniti decisero di creare le basi teoriche per
estendervi la propria influenza geopolitica.
Nel 1823, venne enunciata la Dottrina Monroe, che, dietro il motto
"L'America agli americani" ufficialmente sosteneva il principio di
autodeterminazione dei popoli, affermando che ogni nazione dovrebbe essere
libera di scegliere il proprio governo. Tuttavia, in pratica, la Dottrina
Monroe teorizzava una zona di esclusiva influenza geopolitica statunitense in
America Latina, ponendo le basi per lo sviluppo dell'imperialismo statunitense
nei decenni successivi.
Gli
interventi degli Stati Uniti a Cuba e Panama
Nel 1895, le politiche interventiste degli Stati Uniti in America
Centrale aumentano, coincidendo con l’inizio della Terza Guerra di indipendenza
cubana (1985/98) contro la Spagna. Gli
Stati Uniti intervengono nel conflitto dopo l’esplosione della nave Maine nella
baia dell’Avana, utilizzando l’incidente come giustificazione per entrare in
guerra contro la Spagna, ormai potenza coloniale in chiara fase decadente.
Durante il conflitto, gli Stati Uniti occupano Porto Rico e, alla fine della
guerra, con il Trattato di Parigi del dicembre 1898, la Spagna, sconfitta, cede
loro anche Cuba, Guam e le Filippine.
Dopo quella che per i cubani è passata alla storia come la Guerra
ispano-cubano-americana (aprile-agosto 1898), gli Stati Uniti assumono il
controllo di Cuba e vi instaurano un governo militare.
Il movimento indipendentista cubano che aveva lottato per decenni
e combattuto ben tre guerre contro la Spagna, vide così vanificare il sogno di
raggiungere l'agognata libertà.
Nel 1901, infatti, gli Stati Uniti inseriscono l'”Emendamento
Platt” nella costituzione cubana, riservandosi il diritto di intervenire negli
affari interni di Cuba anche militarmente, suscitando grande risentimento tra i
cubani. Il 20 maggio 1902, Cuba ottenne un’indipendenza solo formale, rimanendo
sotto il controllo neocoloniale degli Stati Uniti e diventando di fatto un
Protettorato nel 1903 con la firma del Trattato Permanente fra Stati Uniti e
Cuba.
Sempre nel corso del XIX secolo, si sviluppò un movimento per
abolire la schiavitù in tutto il continente americano. Haiti fu la prima
colonia a dichiarare la fine della schiavitù nel 1791, ben 13 anni prima della
propria indipendenza dalla Francia e 64 anni prima degli Stati Uniti. Nel corso
del XIX secolo tutti gli stati latinoamericani dichiararono l'abolizione della
schiavitù, fra gli ultimi il Brasile nel 1888 per la contrarietà della potente
oligarchia fondiaria che ricavava grandi guadagni dalle piantagioni utilizzando
manodopera forzata.
Secondo gli
storici la vicenda cubana, riscontrando la piena applicazione della Dottrina
Monroe, rappresenta l'inizio ufficiale dell'Imperialismo gli Stati Uniti che
ridurrà l'America Latina a ruolo di "Cortile di casa" (Patio trasero), attuandovi una graduale
ma inesorabile estensione della propria influenza geopolitica, economica e
militare.
Nel
1901 gli Usa ottengono dal governo della Colombia il permesso per la
costruzione del canale attraverso l'istmo di Panama e la sua gestione per 100
anni. Ma a seguito della mancata ratifica dell'accordo da parte del parlamento
della Colombia, gli Usa interferiscono nella Guerra civile della Colombia
sostenendo, tramite la società franco-americana "Panama Canal
Company" incaricata di costruire la via d'acqua, il Partito Liberale la
cui vittoria nella Guerra dei mille Giorni (1899-1902) porta alla secessione
del dipartimento di Panama. Gli Stati Uniti nel 1903 ottengono il controllo
diretto della Zona del Canale fino al 1999 ove costruiranno l'omonimo canale
fra il 1907 e il 1914.
Il ruolo
delle multinazionali come braccio economico imperialista per lo sfruttamento
delle risorse dei paesi assoggettati
Le multinazionali hanno spesso svolto un ruolo
cruciale come braccio economico dell'imperialismo, utilizzando il loro potere
per sfruttare le risorse naturali e umane dei paesi assoggettati. Un esempio
importante è quella che è stata considerata la prima multinazionale, la United
Fruit Company, attiva in America Latina fin dal XX secolo. Questa azienda non
solo dominava la produzione e il commercio della frutta tropicale, ma aveva
anche un'influenza significativa sulla politica e l'economia dei paesi in cui
operava, come il Costa Rica e soprattutto il Guatemala. Attraverso il controllo
delle terre agricole, la manipolazione dei governi locali e la repressione dei
movimenti sociali, la United Fruit garantiva profitti enormi per sé e
contribuiva ad estendere gli interessi statunitensi, mentre i paesi produttori
rimanevano in condizioni di povertà e dipendenza economica. Questo modello ha
evidenziato come le multinazionali possano servire come strumenti
dell'imperialismo economico, contribuendo alla perpetuazione di disuguaglianze globali e locali.
Conclusione
Dal punto di
vista storico, questi interventi militari fanno parte di una strategia più
ampia che gli Stati Uniti hanno utilizzato per estendere la propria influenza
nel mondo, trasformando molte ex colonie in territori sotto il loro controllo
economico e geopolitico, anche se formalmente indipendenti. Questo processo
storico rappresenta il passaggio dal colonialismo al neocolonialismo, vale a dire da una fase di controllo politico diretto
di un territorio a quello indiretto, in presenza della stessa azione di
sfruttamento delle risorse che nel secondo caso avviene tramite le
multinazionali.
Angori
Martina, Bazzani Martina e Corti Sara
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