Le tecniche repressive nei supermercati.

 

Le tecniche repressive nei supermercati. 

Solidarietà della Cub ai lavoratori degli ipermercati colpiti da inaudita repressione

Quanto sta avvenendo in alcuni supermercati italiani è emblematico: si applicano tecniche di controllo per arrivare a contestazioni disciplinari, sanzioni e licenziamenti contestando al personale il mancato rispetto dei canonici doveri aziendali. I motivi addotti sono i più disparati e sovente anche pretestuosi: merce esposta in modo non consono dalle indicazioni aziendali, informazioni raccolte dall’utenza sull’operato di singoli lavoratori, contestazioni di mancata sorveglianza a qualche dipendente che poi deve controllare più file e non è oggettivamente responsabile di un eventuale furto.

Nel corso degli anni sono avvenute trasformazioni rilevanti nella organizzazione degli ipermercati, ad esempio le casse automatiche con una operatrice che deve controllare 7\8 postazioni, aiutare gli utenti nella corretta digitalizzazione dei prodotti (ad esempio la cassa attende autorizzazione per l’acquisto di prodotti alcolici), distribuire buste e accertarsi che l’acquisto delle stesse sia incluso nello scontrino. Insomma, una mole di lavoro impossibile per singoli dipendenti, contestare qualche addebito con le croniche carenze di personale diventa fin troppo facile. E per chiudere il famigerato “test carrello”, ossia un ispettore aziendale che occulta volutamente della merce dentro altre confezioni per poi contestare al cassiere di non avere prestato la dovuta attenzione recando un danno economico alla azienda. E da qui partono sanzioni e licenziamenti

Avete capito bene? Prendiamo un giorno del mese di dicembre con file interminabili alle casse, poco personale, oggetti fuori posto tra gli scaffali, un lavoro alla catena vero e proprio, trovarsi un oggetto di piccole dimensioni occultato dentro una confezione più grande. Se il lavoratore dovesse controllare ogni oggetto ci sarebbero file interminabili e subito arriverebbero contestazioni dell’utenza all’esercizio commerciale che si ripercuoterebbero sul dipendente attraverso sanzioni e contestazioni di addebito.

Il cassiere non può controllare ogni pacco ma nonostante l’oggettiva impossibilità, con il test del carrello, viene licenziato dall’azienda. Questo, in estrema sintesi, quanto è accaduto

E invece di accrescere gli organici alle casse o al bancone, invece di predisporre personale nella gestione degli scaffali (gli addetti di solito devono svolgere più mansioni contemporaneamente) si preferiscono gli ispettori preposti al controllo dell’operato dei singoli lavoratori con il trucco del carrello. Ci sembra evidente che la scelta di alcune aziende sia quella repressiva, invece di rimettere in discussione le modalità di gestione del personale e dei servizi si cerca solo il capro espiatorio che poi è sempre il dipendente, la  classica “ultima ruota del carro”

Siamo davanti a situazioni inaccettabili e a un vero e proprio ricatto da respingere con forza. Teniamo conto che dopo anni alle celle frigo o alle casse insorgono malattie professionali che limitano le mansioni e potrebbero alla occorrenza anche rappresentare motivo di licenziamento. I sindacati contestano che tra i lavoratori colpiti ci sono fragili, beneficiari della 104, anziani prossimi alla pensione e con numerose prescrizioni. Se tutto ciò venisse confermato saremmo davanti ad una situazione ancora più grave. Urge quindi fare chiarezza ed esprimere la nostra solidarietà alla forza lavoro dei supermercati, quanto accade loro oggi presto farà scuola per noi tutti\e.

 

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