Verso la manifestazione del 2 giugno: intervento di Alfio Nicotra


INTERVENTO DI ALFIO NICOTRA, vicepresidente di Un Ponte Per

Premetto che condivido praticamente tutto della lunga e precisa relazione introduttiva di Giorgio Beretta. Proprio perché esaustiva ciò mi permette di limitare il mio intervento ad alcune cose essenziali e mettere in evidenza a che punto siamo come movimento pacifista. No è assolutamente evidente che l’Italia non ripudia la guerra (è questa la relazione che mi è stata assegnata). Quello che mi preoccupa è l’immanenza e la penetrazione del militarismo e del sistema militare in senso lato nella nostra società. Il 2 giugno continua ad essere una festa usurpata dai militari .La festa delle Forze Armate è il 4 novembre, il 2 giugno non c’è nessuna battaglia o guerra vinta, ma si dovrebbe celebrare un evento civile, fondante della Repubblica, il referendum con cui la maggioranza degli italiani cacciò i Savoia responsabili della rovina dell’Italia avendola portata in due carneficine mondiali, in innumerevoli guerre coloniali e aver contribuito in modo decisivo all’affermazione della dittatura fascista.
C’è una controffensiva culturale che punta a smantellare l’art.11 della Costituzione. La si vede dal fatto che nelle mostre della nostra industria bellica si fanno imbracciare fucili e pistole ai bambini in visita, al fatto che i militari senza contraddittorio- hanno libero accesso nelle scuole pubbliche per propagandare la guerra e le missioni militari internazionali e chi pone dei problemi di coscienza, come Antonio Mazzeo professore in una scuola di Messina, viene richiamato e sanzionato dai vertici scolastici.
D’altronde basta vedere come , nelle recenti consultazioni al Quirinale per formare il nuovo governo , si sono fatte dichiarazioni quasi di natura religiosa sulla fedeltà atlantica e sul fatto che gli Usa e la Nato sono il nostro punto di riferimento. Sparisce era già capitato anche alla sinistra radicale sulla soglia di Palazzo Chigi ogni posizione critica sulle politiche che in questi 30 anni ci hanno consegnato un mondo più insicuro e più ingiusto. Sempre dalla parte degli Usa, anche quelli della guerra all’Iraq, della guerra all’Afghanistan della guerra alla Libia che così gravi ripercussione hanno avuto nella costruzione di centinaia di migliaia di profughi, di essere umani in fuga dalle armi made in Italy e dalle guerre occidentali.
Più che giurare fedeltà alla Costituzione si chiede alle forze politiche un preventivo giuramento di fedeltà ai Mercati, alla Bce ma anche alla Nato e agli Usa. C’è qualcosa di profondamente malato in questa impostazione perché impedisce di guardare il mondo con obiettività, di porre a critica una fallimentare politica internazionale che ha destabilizzato intere aree geografiche portando la guerra anche in casa nostra. Che cosa sono le camionette e i blindati in via del Corso a Roma o nelle principali strade delle nostre città con un dispiegamento di militari armati di tutto punto da ricordare Belfast degli anni 70 se non il fatto che la trincea della guerra è arrivata anche da noi? Sorprende questa irresponsabilità nel voler proseguire in una politica che alimenta il terrorismo e rende il mondo sempre più insicuro. Che dire poi del fatto che l’adesione o meno al Trattato delle Nazioni Unite per il bando delle armi nucleari sia prima sparito dalla campagna elettorale e ancora di più dalle trattative per il programma del nuovo governo? Vogliamo parlare degli F-35 i cacciabombardieri più costosi della storia dell’aeronautica mondiale anche questo tema desaparecidos dal dibattito pubblico?
Delle basi militari poi, non un cenno, non una parola. Eppure la militarizzazione del territorio è questione la vicenda della base di Camp Darby è esemplificativa- che dovrebbe richiedere maggiore sensibilità da parte della classe politica........
Qui vengo ai nostri compiti. Il sistema bellico industriale e quello militare fanno il loro “dovere” di egemonia culturale e politica mentre l’antidoto, l’anticorpo nei globuli della
società, cioè noi, il movimento per la pace, appare relegato solo a qualche convegno di specialisti del tema.
Se diamo uno sguardo ai ciclo dei movimenti per la pace degli ultimi 40 anni scopriamo che la precondizione affinché essi escano dal loro andamento carsico e si palesino con un carattere
di massa è sempre dovuta a due fattori : l’esistenza di una rete internazionale con una visione sovranazionale che essa comporta e una alleanza tra movimenti giovanili ed operaio e con il mondo delle religioni.
Fu così a Comiso negli anni 80 contro gli euromissili. Esisteva una rete la END European
Nuclear Desarmament in cui sedevano i movimenti antinucleari dell’est e dell’ovest è c’era una idea trainante : unire il nostro continente dall’Atlantico agli Urali nella denuclearizzazione e per la solidarietà e cooperazione tra i popoli.
Anche la prima guerra del Golfo nel 1991 aveva questa visione ed unione internazionale. I veterani degli Usa alle nostre manifestazioni , la presenza delle chiese, dei sindacati, delle forze della sinistra apparve allora, dopo la caduta del muro di Berlino, non più mossa da una logica campista . La contrapposizione agli Usa era contro lo sdoganamento della guerra come strumento da rilegittimare nello scenario internazionale e non certo per la simpatia nei
confronti di Saddam Hussein (che per inciso era il paladino dell’occidente nella guerra durata 8 anni tra Iraq ed Iran).
Così come la guerra di Jugoslavia vide una fortissima mobilitazione della società civile dal
basso. Furono decine di migliaia i cittadini e le cittadine che si mossero dall’Italia per portare convogli umanitari provenienti da ogni città d’Italia alle vittime della guerra. C’erano due italie : quella che bombardava e sdoganava la guerra nel nostro continente da un lato e l’Italia della fratellanza tra i popoli e del sostegno a tutte le vittime prodotte da quella sporca guerra dall’altro.
Così è successo anche nelle straordinarie e capillari mobilitazioni contro la seconda guerra del Golfo. Anche qui esisteva una rete internazionale Il Forum Sociale Mondiale ed una alleanza planetaria tra movimenti e mondi religiosi: cristiano, islamico ma anche di altre religioni. Questa alleanza dell’umanità è stata sconfitta dalla guerra e le sconfitte hanno sempre delle conseguenze sui movimenti e l’opinione pubblica mondiale.
Oggi sembra che nel mondo esista una sola voce sovranazionale che condanna il commercio degli armamenti e che organizza conferenze internazionali per il disarmo atomico : Papa Francesco.
Credo che dobbiamo ragionare poi sul nostro linguaggio. Le nostre analisi sulle cause strutturali della guerra, sulle responsabilità delle logiche omicide che stanno alla base della legge del profitto e del capitalismo, spesso non arrivano alle nuove generazioni.
Dobbiamo invece essere inclusivi, promuovere reti mondiali ed una alleanza popolare per la pace che unifichi larga parte della popolazione contro le scelte di guerra.
Dobbiamo capire che ci sono controtendenze nel mondo- sto pensando alla vicenda dei curdi o al successo nelle recenti elezioni irachene di una lista espressione dei movimenti sociali e plurireligiosa- che alludono a questa alleanza tesa a rompere i muri che la logica di guerra invece tende ad innalz
are. La campagna “Italia ripensaci” per esempio per obbligare il governo italiano a cambiare il proprio voto all’Onu e farla aderire al tratto sul bando delle armi atomiche ha tutte le potenzialità per diventare una campagna di massa.
Sta a noi uscire dai
nostri “fortini” e mettersi in connessione con il paese per ribaltare l’esito che sembra scritto . Cominciamo dalle scuole, dagli insegnanti dagli studenti. Parliamo un linguaggio di speranza e di dignità. Non rassegniamoci a consegnare le nuove generazioni nelle mani del pensiero dominante e del militarismo. 


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