La vergogna dei ritardi nella erogazione del Trattamento di fine servizio per i dipendenti della Pa
Sono trascorsi otto mesi dal pronunciamento della Corte costituzionale che
dichiarava anticostituzionale differimento e rateizzazione del Tfr e del Tfs
dei dipendenti pubblici, dopo tanto
tempo la situazione è ancora irrisolta e il Governo, nel silenzio assenso dei
sindacati complici, non ha dato attuazione alla sentenza.
Quando si tratta di tutelare gli interessi
della forza lavoro i tempi della giustizia e del legislatore si allungano
inesorabilmente reiterando iniquità e vessazioni
Andiamo a vedere di cosa stiamo parlando
Il TFS, cioè trattamento di fine servizio, rappresenta
la liquidazione dei dipendenti pubblici dopo avere completato il rapporto di
lavoro andando in pensione. Dal 2001 nel regime del TFS
rientrano anche Militari, Docenti e ricercatori universitari, Magistrati,
avvocati e procuratori dello Stato.
L’indennità
invece corrisposta per tutti gli altri
lavoratori dipendenti pubblici viene disciplinata dal regime del TFR.
Rilevante è
soffermarsi sulle tempistiche di erogazione del trattamento , in una o piu’
rate a seconda dell’importo e della tipologia di pensionamento.
Se per il TFS la buonuscita è prevista a seconda dei casi in una o più rate
e tuttavia mai prima di 12-24 mesi, Il
TFR invece viene corrisposto secondo le tempistiche previste dal proprio contratto
collettivo di riferimento.
Troviamo vergognoso il trattamento riservato al personale della Pa una
volta andato in pensione, le tempistiche di erogazione del Tfs ai dipendenti
pubblici variano da 105 giorni in caso di inabilità o decesso fino a 5
mesi se il pensionamento arriva per il raggiungimento del limite di età. Ma ci
sono casi, specie per le pensioni anticipate, nei quali l’attesa arriva perfino
a 24 mesi o anche oltre.
Per anni questo trattamento vessatorio è stato giustificato con la classica
motivazione di ridurre la spesa pubblica, nelle settimane scorse in Parlamento
è stata presentato un disegno di legge che avrà bisogno del solito lungo iter
prima di una eventuale approvazione.
In questi anni la prima rata di erogazione del Trattamento di fine servizio
(TfS) è stata limitata a 50mila
euro mentre liquidazioni di importo superiore subiscono attese ancora
più lunghe.
Non si capisce il motivo per il quale si debba assistere, anzi subire,
trattamenti diversificati tra dipendenti pubblici e privati in violazione degli
stessi principi Costituzionali.
Non è dato sapere cosa ne sarà della proposta di legge, resta il ritardo
inaccettabile di attuazione della Sentenza e permangono trattamenti di peggior
favore per il personale della Pa.
Per ricevere la
liquidazione in tempi accettabili si sono perfino inventati una norma
legislativa, il decreto-legge 28 gennaio 2019 che all’articolo 23, comma 2,
prevede la possibilità di ricorrere, pagando interessi a tasso agevolato ma pur
sempre interessi, alle banche e agli intermediari finanziari che hanno
sottoscritto l’intesa per l’anticipo . Una doppia beffa e per esercitare un
diritto, avere la liquidazione in tempi congrui, sarà necessario rivolgersi al
capitale finanziario pagando interessi per il prestito.
Una situazione
paradossale che non sembra suscitare alcun interessi nel mondo sindacale ormai
abituato, nella Pa, a una tacita attesa che la dice lunga sulla passività
imperante dentro comparti che raccolgono 3,2 milioni di dipendenti.
Stesso discorso vale per
la riduzione del danno rappresentata dai prestiti erogati dalle banche, una
autentica intromissione del capitale finanziario a supporto delle logiche di
riduzione dei costi di cui a pagare il fio sono sempre e solo lavoratori e
lavoratrici.
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