PRECISAZIONI SUL VOTO
PRECISAZIONE SUL VOTO
di Franco Astengo
In precedenza a un’analisi più compiuta al riguardo del voto
del 26 maggio che sarà svolta nelle prossime ore, appare necessario premettere
alcuni punti di precisazione necessariamente esplicitai al fine di una corretta
interpretazione dei dati stessi:
1) E’
necessario chiudere i talk – show della domenica basati sul chiacchiericcio da
bar riferito exit – poll che tali non
sono se non il riciclaggio dei vecchi sondaggi condito dai “desiderata” delle
varie cordate televisive;
2) Per tutta la giornata è stata venduta la
favola della crescita della partecipazione. In realtà anche rispetto alla già
deprimente partecipazione al voto del 2014 verifichiamo un ulteriore
contrazione. Le europee si sono ancora una volta rivelate, in Italia, assai
poco attrattive per l’elettorato. Scrivo
quando sono noti i dati di 61.403 sezioni su 61.576 (quindi al 99,7% dello
scrutinio). I voti validi in questo momento sono stati 26.591.383 pari al
53,93% del totale degli aventi diritto. Nell’occasione delle elezioni europee
del 2014 (quelle dell’illusorio 40% del PD) i voti validi furono 27.448.906
pari al 54,17%. Alle politiche dell’anno scorso questa cifra si impennò fino a
32.841.705, al 70,61%. Rispetto alle politiche 2018 mancano quindi il 16,68%
dei voti, circa 2.970.000 unità. Numeri da rendere improbabile qualsiasi
raffronto ragionato. Tra le europee 2014 e quelle 2019 ci sono circa 900.000
voti validi in meno.
3) La
maggioranza relativa acquisita dalla Lega con il 34,36% vale meno di 10 milioni di voti , in questo
momento 9 130.873. Per la prima volta nella storia repubblicana il primo
partito è sotto la soglia dei 10 milioni di voti.. Nel 2014 la maggioranza
relativa fu conseguita dal PD con 11.203.231 voti e nel 2018 dal Movimento 5
stelle con 10.732.066 voti. Questo rilievo naturalmente non toglie nulla, all’eccezionale avanzata
dalla Lega salita in cifra assoluta dal 1.688.197 voti del 2014 ai 5.698.687
voti del 2018. Quella della Lega è sicuramente una crescita reale testimoniata
soprattutto dall’analisi del voto dal punto di vista della dislocazione
geografica. La Lega è partito di maggioranza relativa in 76 province. Si tratta
soltanto di far notare che questo risultato è ottenuto “in discesa” di fronte a
partiti che risultano tutti in calo creando un forte squilibrio sistemico
alimentato anche dal persistere di una notevole volatilità elettorale.
4) Il
22, 75% del PD non ha significato una crescita dal punto di vista numerico e
rappresenta, di conseguenza, un altro miraggio elettorale. I democratici tutt’al
più possono parlare di scampato pericolo: e, dal loro punto di vista, questo fatto può anche rappresentare già
tanto. Il PD a questo punto ha ottenuto 6.036.308 voti a fronte dei 6.161.896
voti del 2018 (che valevano il 18,7%).
Le province nelle quali il PD mantiene la maggioranza relativa sono
tutte concentrate nell’antica ridotta toscano –emiliano -romagnola: Livorno,
Siena, Firenze, Bologna, Ravenna, Reggio Emilia.
5) Il
Movimento 5 stelle scende di oltre la metà dei voti conseguiti nel 2018: da
10.732.066 a 4.536.778, in calo anche rispetto alle Europee 2014 (5.807.362
voti). Appare evidente l’effetto “promesse mancate” come indicato da molti
commentatori. Inoltre il M5S meridionalizza ancor di più la propria presenza
sul territorio: conserva infatti la
maggioranza relativa in 24 province le più a nord delle quali sono Caserta e
Campobasso. E’ proprio nel Sud però che il M5S fa registrare le maggiori
flessioni sul piano dei numeri assoluti. In Campania alle politiche 2018 i penta
stellati avevano avuto 1.487.505 voti, in questo momento (ripetiamo: al 99,70%
dello scrutinio completato) sono fermi a
738.751 suffragi (più o meno la metà: in crescita comunque rispetto al 2014
dove avevano avuto 528.371 voti). In
Sicilia il Movimento aveva ottenuto alle politiche 2018 1.181.357 voti, adesso
siamo a 479.562 (nel 2014: 448.839). In sostanza tra il 2018 e il 2019 tra
Campania e Sicilia (due regioni particolarmente interessate al reddito di
cittadinanza) il M5S ha ceduto circa 1.200. voti (sul piano nazionale circa 6
milioni di voti: quindi il 20% della
perdita concentrato nelle due regioni citate);
6) La
spaccatura dal punto di vista geografico non è mai stata così netta. L’Italia
appare seccamente divisa in due con interessi divaricati che nessun contratto
di governo potrà saldare;
7) L’esito
del voto italiano per le elezioni europee segna comunque la suffragazione del
primato della Lega all’interno di un eventuale centro destra. Forza Italia non
conserva più alcuna provincia di maggioranza relativa e scende ad un distacco
dalla Lega di quasi 7 milioni di voti (mentre la Lega stessa è cresciuta tra il
2014 e il 2019 di circa 8 milioni).
Forza Italia in questo momento è ferma a 2.336.680 suffragi con u
dimezzamento rispetto sia al 2014 sia al 2018.
Dimezzamento che si registra anche in Lombardia: 2014, 826.201 voti;
2018 776.007 adesso 429.720. Si potrebbe affermare che a Forza Italia ormai si
sono inaridite le fonti.
8) E’
completamente sparita la Sinistra: la lista Tsipras nel 2014 ottenne 1.108.457
voti superando il quorum; alle elezioni politiche del 2018 LEU ebbe 1.114.799
voti e Potere al Popolo 372.179 suffragi. Adesso la Lista della Sinistra
ottiene 463.620 voti. La differenza non pare sia passata al PD che, come già
segnalato, non cresce in cifra assoluta . Aumenta la propria quota il “Partito
Comunista” nostalgico dell’URSS e vicino alla Corea del Nord passato da 106.816
voti a 233.522: un aumento esiguo però per indicare un passaggio tra la
Sinistra e il Partito Comunista (anche se un minimo di “effetto simbolo” lo si
può riscontrare. Parlare di “ricostruzione” nell’ambito della sinistra e di
superamento delle soggettività esistenti pare in questo momento un discorso di
estrema attualità;
9) Del
tutto inconsistente la presenza elettorale dell’estrema destra. Casa Pound
scende da 322.432 voti (politiche 2018) a 88.517 voti (Europee 2019). Forza
Nuova riceve 40.632 suffragi su tutto il territorio nazionale. Queste
formazioni servono evidentemente agitare la piazza, dare esca alla repressione poliziesca
esercitata verso gli antifascisti tra i quali spiccano per attivismo i
cosiddetti “antagonisti” e offrire il frutto di questo disordine e relativa
stretta alla “legge e ordine” propugnata dalla Lega.
10) Infine,
come capita di fare in queste occasioni
è sempre interessante pubblicare le percentuali per ogni singolo partito
riferite non al totale dei voti validi ma a quello degli aventi diritto
(riferimento sempre al territorio nazionale).
Il totale degli aventi diritto era quindi di 49.129.598 elettrici ed
elettori: Lega 18,58%, PD 12,22%, M5S 9,23%, Forza Italia 4,7%, Fratelli d’Italia
3,5%, Più Europa 1,67%, Europa Verde 1,23%, La Sinistra 0,94%. Un esempio dal
passato come indice di una solidità del sistema. 1976: DC 14.209.519 su 40.426.658 pari a 35,14%, PCI 12.614.650 pari
a 31,20 %, PSI 3.540.309 pari all’8,75%.
I tre grandi partiti di massa valevano quindi assieme il 75,09% sull’intero
elettorato (votante e non votante: la percentuale dei votanti si era attestata
sul 93,39%). Adesso i tre primi partiti valgono il 40,03% dell’intero
elettorato votante e non votante (percentuale dei votanti: 56,09%).
Scusandomi per eventuali errori ed evidenti omissioni mi
riprometto, scusandomi per il disturbo, di ritornare con analisi più
dettagliate anche sul piano territoriale.
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