LAVORO: SAVONA COME CASO NAZIONALE
LAVORO: SAVONA COME CASO NAZIONALE di Franco Astengo
Questo intervento è stato scritto con l’intento di
fornire un contributo a far sì che la “questione lavoro” della Provincia di
Savona sia evidenziata come “caso nazionale” e in questo senso mi permetto di
chiedere aiuto a tutti coloro che lo riceveranno.
L’innesco per questa richiesta è stato fornito dall’ennesimo
rinvio, questa volta “sine die”, dell’incontro previsto al MISE per il prossimo
22 gennaio che avrebbe dovuto svolgersi nel merito delle complesse
problematiche dello stabilimento Bombardier di Vado Ligure.
Mentre il governo è impegnato nelle more delle proprie
promesse elettoralistiche questo rinvio costituisce un segnale preciso della
trascuratezza (colpevole) nella quale viene tenuto proprio il tema fondamentale
del lavoro.
Rinvio per Bombardier, cortine di fumo per Piaggio,
esito che è eufemistico definire deludente della complicata vicenda riguardante
la dichiarazione di area di crisi complessa: alla fine 20 milioni serviranno
per finanziare sì e no 100 posti di lavoro (benedetti, sia chiaro) a fronte di
una provincia che conta 8.000 disoccupati e che ha in bilico (pericoloso) i
circa 2.000 addetti delle sue aziende più importanti: le già citate Piaggio e
Bombardier.
Non ricostruisco qui, per l’ennesima volta la storia
martoriata della deindustrializzazione che ha colpito quasi come una carestia
da cavallette la nostra terra.
La presenza
industriale è stata cancellata colpevolmente trasformando Savona in Città dallo
scambio deindustrializzazione /speculazione edilizia che ha visto nel corso
degli anni protagoniste l’Unione Industriali e le amministrazioni comunali di
centro – sinistra e di centro – destra (a partire dalla “questione morale” di
stampo teardiano) , il nodo più intricato del rapporto lavoro/territorio
nell’area vadese e in quella della Val Bormida è stato rappresentato dal
rapporto lavoro/ambiente emblematizzato da due vertenze storiche: quella ACNA
durata decenni e diventata “caso europeo” e quella Tirreno Power. Assieme alla
(altrettanto colpevole) dismissione di Ferrania dovuta alla miopia di quella
dirigenza industriale in una fase di radicale trasformazione tecnologica del
settore, le vicende ACNA e Tirreno Power hanno posto in evidenza il tema delle
aree dismesse e del loro necessario riutilizzo e bonifica.
Le compagne e i compagni della redazione del Manifesto
ricorderanno nel 1984 lo sciopero della fame attuato dagli operai della
Fornicoke per difendere il loro posto di lavoro: a quell’epoca su
sollecitazione di chi scrive oggi queste note si aprì un grande dibattito, ci
fu uno scatto d’orgoglio, costringemmo il sindacato a intervenire con forza,
furono chiamati a raccolta i partiti.
Ho ricordato questo passaggio come punto di
esemplificazione del cambiamento avvenuto proprio dal punto di vista della
capacità di reazione, di organizzazione, di presenza: eppure la questione è
egualmente vitale oggi come allora.
Davvero mi permetto di chiedere il favore di
contribuire a far sì che la situazione savonese, paradigmatica del deserto
industriale che rappresenta uno dei punti di maggiore debolezza dell’intero
Paese, sia sottoposta all’attenzione più vasta e si trasformi in oggetto di
riflessione e di mobilitazione trasformandosi davvero in “caso nazionale”.
Grazie.
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