Le gabbie salariali vivono nei fatti

 Le gabbie salariali sono state a lungo un incubo per il sindacato e per la costruzione di una società più equa, i salari collegati al costo della vita a livello locale  erano la regola che determinava le dinamiche contrattuali fino ai primi anni settanta (il 1972 ), c'è stato bisogno del biennio 1968\69 per porre fine alle disparità di trattamento su base geografica.

Ma a prescindere dalla fine delle gabbie salariali il costo della vita varia da Regione a Regione, chiunque potrà rendersene conto confrontando il costo del pesce tra Taranto e il Piemonte o il costo di frutta e verdura tra Basilicata o Calabria e le regioni del Nord.

Con il rincaro dei prezzi e l'aumento del costo della vita ci si accorge che il potere di acquisto dei nostri salari è sceso ai minimi termini e il divario territoriale ha ripreso a crescere.

stando a dati elaborati da Il Sole 24 Ore sulle tabelle Istat, al Nord le famiglie spendono 677 euro in più al mese rispetto a quelle del Mezzogiorno: circa 2.668 euro contro 1.991.

Ovviamente dovremmo anche guardare ad altre voci, ad esempio se abiti nel Sud e hai bisogno di un ospedale devi magari percorrere centinaia di km e sostenere una grossa spesa viste le croniche carenze della sanità locale. Al Nord i costi degli affitti e perfino delle tariffe (altra conseguenza delle privatizzazioni...) risultano maggiori del 2,6% rispetto al Meridione.

Questi dati possono essere interpretati discrezionalmente non solo per il ritorno a dinamiche salariali e contrattuali diseguali ma per la solita offensiva ideologica confindustriale per la quale i livelli territoriali dovrebbero determinare le dinamiche del costo del lavoro creando aree di ipersfruttamento , il tutto per una rapida inversione verso la centralità del secondo livello di contrattazione.

Giusto per capire dove ci portano letture parziali e dati oggettivi letti con finalità padronali...

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