La via della Seta: l'Italia in crisi apre alla Cina

Si parla di ben 50 accordi (29 conclusi con il Governo e 21 tra aziende private o partecipate) tra Cina e Italia, accordi che saranno sottoscritti dalle parti nei prossimi giorni a Roma dove è atteso il presidente cinese Xi Jinping . Sta qui il succo della partecipazione italiana alla cosiddetta  Nuova Via della Seta benedetta da Confindustria che invoca tuttavia intese con i patner europei. Molto si va parlando della VIa della Seta pur non conoscendo i contenuti degli accordi e soprattutto le loro ricadute.

Di certo sappiamo che è pronto una sorta di memorandum di intesa per attuare la Belt and Road Initiative (Bri), una sorta di grande piano Marshall con protagonisti non piu' Gli Usa (come dopo la seconda Guerra Mondiale) ma la Cina, disposta a investire mille miliardi di dollari per aprire nuovi corridoi riguardanti non solo l'Europa ma l'Africa, l'Asia, tante e moderne infrastrutture tecnologiche destinati a lanciare anche la tecnologia made in Cina.

Da oltre 20 anni la Cina è la grande protagonista degli investimenti in Africa, interi paesi dipendono ormai dalle imprese cinesi e dai loro capitali, dalla Cina ricevono aiuti economici, infrastrutture, strade, scuole e ospedali e anche un pacchetto di medici ed insegnanti. Ora la Cina sta guardando al vecchio Continente e in particolare all'Italia (dopo avere investito in Grecia acquistando a prezzi stracciati industrie, immobili, quote azionarie di imprese, porzioni di territorio ambiti dal turismo)

L'interesse della Cina va ai  porti di Trieste e di Genova,  ma anche alle tante aziende italiane competitive che vanno da Eni a Ferrovie, da Italgas alle banche e agli istituti di credito.


Gli Usa  minacciano ritorsioni ma è evidente che la politica estera di Trump non sta producendo i risultati sperati, anzi vorrebbero scaricare sui paesi europei il costo del mantenimento delle truppe Usa e magari anche i costi delle avventure militari nel mondo sotto l'egida Nato. E molte delle avventure militari Usa e Nato presentano un rapporto squilibrato tra costi e benefici, sono guerre utili all'egemonia Usa ma meno per le nazioni europee.

Proprio in questi mesi va prendendo corpo il piano di ristrutturazione delle basi militari Usa e Nato in Italia, anche in questo caso di mira al potenziamento dei collegamenti delle basi per il rapido trasporto di armi e truppe. Un discorso a parte merita la tecnologia, l'informatica che poi è anche tecnologia a uso civile e militare, strumento di controllo e di manipolazione dei mercati.

La Cina non vuole solo investire ma attrarre investimenti, per esempio Unicredit firmerà un accordo con una banca cinese che consentirà l'ingresso nel mercato cinese, stesso discorso vale per Italgas o per l'Eni . I porti, da Palermo a Genova senza dimenticare Livorno , Trieste, Napoli e La Spezia, sono tra i principali motivi di attrazione per la Cina, la loro idea è di fare di questi porti dei grandi Hub cinesi in Europa, ragione per cui si capisce meglio la fretta di far partire le grandi opere, su gomma e su strada, per dotare i territori di grandi reti infrastrutturali.

Un colossale giro di affari destinato a mettere in crisi gli equilibri oggi esistenti e di cui si parlerà ancora a lungo.

Commenti