La svendita del patrimonio edilizio pubblico
Il ministero dell’Economia sta per partire con la svendita del patrimonio immobiliare pubblico, ovviamente per fare cassa. Gli immobili pubblici fanno gola a molti, parliamo di aree spesso dismesse come caserme, ospedali, scali ferroviari ma anche di immobili di pregio, l'elenco preciso non è conosciuto e non lo sarà fino a quando il MEf non pubblicherà un apposito decreto indicando la lista delle alienazioni. Fino ad allora difficile capire a quanto possa ammontare l'eventuale ricavo dalla vendita, di sicuro sappiamo che il Governo ha deciso l'alienazione e da tempo ha incaricato Demanio e Tesoro di procedere in tale direzione.
Ma perchè tanta fretta? La spiegazione è semplice: nel 2018, a Bruxelles, il Governo Conte ha offerto alcune garanzie per alzare, pur di poco, l'asticella del disavanzo e quelle garanzie erano proprio la promessa di vendere innumerevoli immobili di stato per fare cassa e impegnare i ricavi nell'abbattimento del debito. Questo era l'impegno dei sovranisti di carta al Governo.
Ma la strada percorsa è ricca di insidie derivanti dal ribasso dei costi degli immobili e dall'esperienza del passato che ha visto naufragare le ipotesi di valorizzazione degli immobili, basti pensare alle cifre già scritte che poi sono i ricavi previsti dalle alienazioni e già messe a Bilancio. Fatti due conti, la Pubblica amministrazione dovrebbe disfarsi non solo di una buona parte delle sue proprietà immobiliari ma ricavare in 3 anni una cifra superiore a 3 miliardi di euro, cifra ragguardevole se pensiamo alle difficoltà in cui si dibatte il mercato immobiliare. Parliamo di migliaia di beni immobiliari i ministeri sono titolari di circa 43500 beni, quasi 15 mila sono di proprietà di altri settori della Pubblica amministrazione per non parlare poi di quelli in gestione per conto dello Stato o affittati . Un colossale giro di soldi che impone tempi rapidi e soprattutto l'ampliamento della lista dei beni vendibili a partire da quelli che non risultano utilizzabili. Poi avremo vendite di beni che ospitano uffici pubblici e a quel punto ci sarà il problema di trovare nuove collocazioni in affitto, insomma da una parte si fa cassa, dall'altra si aumenta la spesa per beni, affitti e servizi.
Una colossale partita sulla quale ci sarà da focalizzare la nostra attenzione senza dimenticare che un ruolo importante lo giocheranno i Comuni ai quali spettano le procedure indispensabili per la vendita come la variazione di uso per trasformare una ex caserma o un vecchio magazzino in centro commerciale o in area di edilizia privata.
Gli Enti locali, alle prese con voragini negli organici derivanti dal permanere dei tetti di spesa in materia di personale e dai pensionamenti per la quota 100, saranno ob torto collo costretti a collaborare promettendo loro un piccolo premio derivante dal ricavo della futura vendita.
Insomma tutti insieme appassionatamente in nome della svendita di immobili pubblici, parte dei quali potrebbe invece essere recuperata a ben altri usi, anche se questi utilizzi a fini non speculativi sono decisamente avversati non solo dal 'imperativo categorico di Bruxelles ma anche dalla supina accettazione del diktat da parte del Governo Conte.
Eppure molti di questi immobili potrebbero ospitare scuole e presidi sanitari, in luoghi decisamente migliori di tante strutture oggi esistenti.
Ma perchè tanta fretta? La spiegazione è semplice: nel 2018, a Bruxelles, il Governo Conte ha offerto alcune garanzie per alzare, pur di poco, l'asticella del disavanzo e quelle garanzie erano proprio la promessa di vendere innumerevoli immobili di stato per fare cassa e impegnare i ricavi nell'abbattimento del debito. Questo era l'impegno dei sovranisti di carta al Governo.
Ma la strada percorsa è ricca di insidie derivanti dal ribasso dei costi degli immobili e dall'esperienza del passato che ha visto naufragare le ipotesi di valorizzazione degli immobili, basti pensare alle cifre già scritte che poi sono i ricavi previsti dalle alienazioni e già messe a Bilancio. Fatti due conti, la Pubblica amministrazione dovrebbe disfarsi non solo di una buona parte delle sue proprietà immobiliari ma ricavare in 3 anni una cifra superiore a 3 miliardi di euro, cifra ragguardevole se pensiamo alle difficoltà in cui si dibatte il mercato immobiliare. Parliamo di migliaia di beni immobiliari i ministeri sono titolari di circa 43500 beni, quasi 15 mila sono di proprietà di altri settori della Pubblica amministrazione per non parlare poi di quelli in gestione per conto dello Stato o affittati . Un colossale giro di soldi che impone tempi rapidi e soprattutto l'ampliamento della lista dei beni vendibili a partire da quelli che non risultano utilizzabili. Poi avremo vendite di beni che ospitano uffici pubblici e a quel punto ci sarà il problema di trovare nuove collocazioni in affitto, insomma da una parte si fa cassa, dall'altra si aumenta la spesa per beni, affitti e servizi.
Una colossale partita sulla quale ci sarà da focalizzare la nostra attenzione senza dimenticare che un ruolo importante lo giocheranno i Comuni ai quali spettano le procedure indispensabili per la vendita come la variazione di uso per trasformare una ex caserma o un vecchio magazzino in centro commerciale o in area di edilizia privata.
Gli Enti locali, alle prese con voragini negli organici derivanti dal permanere dei tetti di spesa in materia di personale e dai pensionamenti per la quota 100, saranno ob torto collo costretti a collaborare promettendo loro un piccolo premio derivante dal ricavo della futura vendita.
Insomma tutti insieme appassionatamente in nome della svendita di immobili pubblici, parte dei quali potrebbe invece essere recuperata a ben altri usi, anche se questi utilizzi a fini non speculativi sono decisamente avversati non solo dal 'imperativo categorico di Bruxelles ma anche dalla supina accettazione del diktat da parte del Governo Conte.
Eppure molti di questi immobili potrebbero ospitare scuole e presidi sanitari, in luoghi decisamente migliori di tante strutture oggi esistenti.
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