Chi lavora per un governo Draghi Il grande capitale manovra per il dopo coronavirus
Chi lavora per un governo Draghi
Il grande capitale manovra per il dopo coronavirus
25 Marzo 2020
Nel
momento stesso in cui chiedono agli operai di lavorare senza condizioni
di sicurezza, i circoli dominanti iniziano a interrogarsi sulla
prospettiva politica. Il Corriere della Sera, controllato da Banca
Intesa, è all'avanguardia: «Da destra a sinistra tutti evocano Draghi per guidare l'Italia finita l'emergenza» (25 marzo). E fa filtrare in virgolettato le ipotesi che circolano al ministero dell'Economia: «un
crollo del Pil per il 2020 tra il 5 e il 7% [sono ipotesi] da ritenersi
ottimistiche: "Bisognerà prepararsi a una manovra choc, che non si
potrà fare senza un patto nazionale"».
Il richiamo della Presidenza della Repubblica all'unità nazionale del dopoguerra non è casuale. De Gasperi e Togliatti si unirono al governo per ricostruire il capitalismo italiano uscito malconcio dalla guerra. Agli operai si imposero sacrifici enormi mentre ai padroni che avevano sostenuto il fascismo si restituirono fabbriche e profitti. Fu il tradimento della Resistenza.
Oggi, di fronte alla recessione annunciata e ai suoi effetti catastrofici, si recupera lo stesso canovaccio dell'unità nazionale. Contesti diversi, protagonisti diversi, ma la stessa filosofia di fondo.
I capitoli della manovra choc non sono difficili da indovinare: una pioggia di miliardi alle imprese per la “ricostruzione”, un'altra più estesa copertura finanziaria alle banche per consentire loro di far credito alle imprese e acquistare i titoli del debito pubblico, pagamento del debito pubblico alle banche coi relativi interessi in un quadro di difficoltà sul mercato finanziario. Ai lavoratori e alle lavoratrici si presenterà il conto della spesa nel nome della solidarietà patria.
Il Corriere dà informazioni utili sul retroscena di questo lavorio e sui diversi attori coinvolti: una parte del gruppo dirigente del PD che giudica insufficiente per la prospettiva un semplice tavolo di collaborazione tra governo Conte e opposizioni; e il regista politico della Lega, Giorgetti, che rilascia una dichiarazione significativa: «[...] il debito italiano salirà fino al 140-160% di rapporto con il Pil. E dovremo trattare con i mercati e con l'Europa per non affondare. Con tutto il rispetto, mi chiedo: è possibile che questo governo possa affrontare la più grave crisi del dopoguerra?».
La risposta è nel nome di Mario Draghi, il nome già suggerito e avallato in tempi recenti sia da Salvini che da Renzi. L'uomo che avendo coperto e sospinto alla guida della BCE il lungo ciclo di austerità negli anni della grande crisi è perciò stesso la massima garanzia agli occhi degli industriali e dei banchieri. Ecco il candidato naturale a salvatore della Nazione, colui che potrebbe gestire un secondo ciclo di austerità contro i lavoratori e le lavoratrici. Non il “commissario di Bruxelles”, come recita un certo spartito sovranista, ma l'uomo del grande capitale tricolore di cui rappresentare al meglio gli interessi anche in sede europea. Quello stesso capitale tricolore, per capirsi, che con Banca Intesa e Unicredit ha ieri annunciato che distribuirà agli azionisti lauti dividendi, mentre i pazienti muoiono per la mancanza dei letti d'ospedale.
Questa prospettiva politica non è certa, e dovrà affrontare contraddizioni e resistenze da parte di diversi ambienti, da Conte a Meloni, che avrebbero tutto da perdere in fatto di ruolo all'interno di quello scenario. Ma questo è il canovaccio di lavoro che si è iniziato ad imbastire dietro le quinte. Gli stessi capitalisti che hanno massacrato per trent'anni le condizioni del lavoro e la sanità pubblica si candidano a gestire il dopo coronavirus.
La nostra opposizione a ogni unità nazionale tra sindacati e Confindustria nel nome dell'emergenza è anche l'opposizione a questa prospettiva politica.
DOMENICO MARSILI
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