L'anno che verrà....

Si sta per chiudere il 2017 , anno in cui i padroni hanno sentenziato l' inizio della ripresa economica con aumento del Pil. Ma davanti ai nostri occhi scorrono altre immagini, quelle dei troppi contratti precari, dei milioni di italiani impossibilitati a curarsi, degli studenti feriti o umiliati nell'alternanza scuola\lavoro, dei lavoratori e delle lavoratrici licenziati\e o giudicati troppo vecchi per restare in produzione ma ancora giovani per avere, secondo la Fornero, un assegno previdenziale.
Ricorderemo il 2018 come l'anno in cui i sindacati hanno scambiato gli aumenti contrattuali con i bonus o adeguandosi a irrisori aumenti contrattuali barattati con perdita sostanziale dei diritti. E' ancora troppo presto per parlare di arresto del declino italiano e della solidità della manifattura perchè si continua a delocalizzare produzione, si investe poco o nulla in ricerca, i posti di lavoro creati sono perlo piu' precari e a tempo.  Non siamo ancora tornati ai livelli del 2008, non lasciamoci ingannare da parziali statistiche, impariamo piuttosto a saperle leggere e a interpretarle  senza subire il fascino di dati spesso costruiti ad arte per manipolare l'opinione pubblica e indirizzare la politica a prendere alcune decisioni.
Un po' come quando raccontavano che una legge contro gli scioperi era necessaria perchè ogni giorno il paese era attraversato da vertenze e scioperi, salvo poi scoprire la natura menzognera di questa narrazione. E' vero che l'economia in parte ha ripreso a correre ma la ricchezza prodotta non va ai lavoratori e al welfare, non alimenta posti di lavoro, non rilancia i consumi, non dimunuisce l'orario di lavoro.
La ripresa della produzione manifatturiera avviene con l'incremento dello sfruttamento della forza lavoro, ci sono algoritmi utilizzati in maniera diabolica per impedire perfino all'operaio e al facchino di andare in bagno, le esportazioni sono riprese ma spesso e volentieri il lavoro creato si sposta altrove, dove la manodopera è al massimo ribasso.  Ci raccontano del calo della produttività media del lavoro  di quasi il 13 per cento, una sorta di monito per accrescere ulteriormente lo sfruttamento della forza lavoro investendo nelle nuove tecnologie che andranno a cancellare migliaia di posti di lavoro. Sta qui il punto saliente di Impresa 4.0, la ristrutturazione capitalistica , la ricerca di margini di profitti maggiori approfittando della innovazione tecnologica a fini capitalistici.
Chiudiamo sul lavoro, nel corso dell'anno abbiamo toccato con mano l'aumento degli occupati a termine, il crollo dei lavoratori indipendenti,  delle partite iva, del lavoro autonomo di prima o seconda generazione, la riduzione dei contratti stabili dopo la fine degli incentivi statali . Siamo in presenza della progressiva proletarizzazione di quella che un tempo si definiva classe media, risultato anche dell'arricchimento di una esigua minoranza che ormai detiene gran parte della ricchezza prodotta.

Non sono 23 milioni gli occupati in Italia , sono molto di meno perchè per occupati si intende anche chi ha lavorato pochissimi giorni e occupato proprio non andrebbe considerato;  il tasso di occupazione al 58,1% , gli occupati permanenti sono meno di 15 milioni, i contratti a termine sono 347mila in più del 2016 pari a circa 2,8 milioni , gli autonomi sono pur sempre piu' di 5 milioni ma 140 mila in meno di un anno fa.

Ma se confrontiamo questi dati con la media europea ci si accorge che la narrazione sulla crisi archiviata è tossica perchè in Italia lavorano ben pochi giovani e donne, assai meno di quanto lavorino nel resto del vecchio continente, lo stesso tasso di disoccupazione è sopra l'11% , i giovani tra i 15 e 24 anni senza lavoro sono al 34,7% , praticamente  il doppio della media europea.
 Siamo in presenza di un autentico boom  degli inattivi (gli inoccupati perchè  non cercano un’occupazione) , lo scoramento si è quindi impossessato di parti sempre piu' vaste della società, non esiste l'offerta lavorativa tanto decantata, da qui scaturisce la nostra lettura del paese che stride fortemente con l'ottimismo padronale.
L'Italia non ha superato la crisi, i risultati raggiunti sono stati resi possibili dall'innalzamento della età pensionabile e dal tasso di sfruttamento soprattutto nel terziario.
Il numero dei lettori, dei laureati è in continuo calo, siamo un paese che non legge, non studia e lavora sempre meno ma allo stesso tempo abbiamo raggiunto livelli eccellenti nella precarizzazione del lavoro e della vita di tanti uomini e donne. La loro ripresa è sancita dal nostro sfruttamento e dalla disegualissima distribuzione della ricchezza e dalla criminalizzazione del conflitto di classe, delle vertenze sociali. Sarà per questo che il 2018 si chiude con alcuni protagonisti della macelleria al G8 di Genova promossi in Polizia, un messaggio esplicito alle realtà sociali e a chi crede che basti una Costituzione avanzata per tutelare la democrazia.

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