Assistenza socio-sanitaria agli stranieri: pesanti limiti e vincoli al diritto alla salute

Assistenza socio-sanitaria agli stranieri: pesanti limiti e vincoli al diritto alla salute
Dalla redazione pisana di Lotta continua riceviamo e pubblichiamo...
Nell’ambito della popolazione migrante, se i richiedenti asilo affrontano difficoltà ormai note, la fascia della cosiddetta “migrazione economica”vive in condizione di precarietà e  l’assistenza socio-sanitaria.corre seri pericoli soprattutto se andranno in porto le istanze securitarie del nuovo Governo. Negare servizi ai migranti non significa rafforzare quelli oggi esistenti per gli autctoni, i diritti alla salute, alla casa e alla istuzione dono universali e non possono cedere al ricatto dei tetti di spesa nè tanto meno a discriminazioni etniche

1) QUADRO NORMATVO DI RIFERIMENTO
Il cittadino straniero non regolare, privo di residenza e di lavoro e/o, -se proveniente dall’area extraeuropea- privo di permesso di soggiorno, che si trovi in Italia, vive l’impossibilità di far fronte (in modo adeguato)  ai suoi bisogni socio-sanitari.
Non soltanto non ha diritto all’accesso ai servizi sociali, ma può usufruire in modo parziale e incongruo alle prestazioni sanitarie.
Le procedure messe in atto dalle istituzioni per far fronte alla criticità sopra descritta rispondono a normative e provvedimenti frammentati, dalle fonti e dai livelli diversi (normative Europee, Testo Unico, legislazione regionali, regolamentazioni locali), spesso in contraddizione tra loro, la cui risultanza, comunque, si mostra inadeguata a garantire congruamente i diritti di salute di questi cittadini.
A tale riguardo,rinviamo a quanto scritto nel Testo Unico sull’immigrazione 286/1998,
(Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n.286 "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"pubblicato nellaGazzetta Ufficialen. 191 del 18 agosto 1998 - Supplemento Ordinario n. 139),
ed il relativo decreto applicativo, la Circolare 5/2000 del Ministero della salute
 
(Circolare 24 marzo 2000, n. 5, Indicazioni applicative del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero" - Disposizioni in materia di assistenza sanitaria. -G.U. Serie Generale n. 126 del 1 giugno 2000)
riconoscono la status di STP (Straniero Temporaneamente Presenti) al cittadino ”extracomunitario non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, e che dichiara di non avere disponibilità economiche”, garantendo l’accesso alle Cure Urgenti ed Essenziali, sia a livello ospedaliero, che a livello ambulatoriale.
Analoghe opportunità riguardano alcune specifiche tipologie di prestazioni ed utenza particolarmente protette, come minori, gravidanza, malattie infettive, ecc.).
In tutti i casi sopra descritti, lo straniero è tutelato anche da azioni dello Stato conseguenti alla sua condizione di irregolare, in quanto la normativa prevede che “l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non deve comportare alcun tipo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza”
In seguito all’ingresso in Europa di altri paesi, per esempio la Bulgaria e la Romania, i cittadini “neocomunitari” non titolari di iscrizione (né obbligatoria né volontaria) al servizio sanitario si trovarono ad essere oggettivamente svantaggiati rispetto agli STP, perché non avevano più diritto, in quanto Europei, alla tutela sanitaria. garantita dalla normative di cui sopra, riservata ai cittadini irregolari ed indigenti extracomunitari.
In teoria, questi cittadini dovrebbero utilizzare la propria tessera europea di assicurazione al Servizio Sanitario; nella realtà concreta, questo è molto spesso impossibile a causa di limiti normativi (disparità tra normativa italiana e straniera,; gli accordi internazionali che disciplinano in regime di reciprocità l'erogazione   dell'assistenza   sanitaria, accordi internazionali, -multilaterali o bilaterali-, di reciprocità, ecc.), ma, nella maggior parte dei casi,  per il semplice motivo che molti dei cittadini emigrati in Italia non dispongono della suddetta tessera.
Per sopperire a tale paradosso, alcune Regioni, come la Toscana con la Del. R.T. 1139 del 9/12/2901,, hanno istituito lo status di cittadino ENI (Europeo Non Iscritto), che garantisce gli stessi diritti dello STP
Manca, tuttavia, una normativa nazionale che garantisca questa tipologia di utenza.e i governi succedutisi nulla hanno fatto per eliminare questa disparità di trattamento.
Di fatto pazienti STP ed ENI, in questo contesto normativo, si trovano a poter accedere alle prestazioni ospedaliere senza particolari difficoltà: è l’accettazione stessa dell’Ospedale (compreso le Aziende Ospedaliere Universitarie), che assegna un Codice STP o ENI al paziente che viene ricoverato, (se non altro per poter successivamente riscuotere la retta). Questo si verifica qualora il paziente non ne sia già in possesso: anche il Cup del territorio (delle Aziende USL), infatti, può assegnare un Codice STP o ENI al paziente che, attraverso una certificazione medica, mostri la necessità di cure urgenti ed essenziali. Si crea, a questo riguardo, un evidente circolo vizioso:
chi rilascia il suddetto certificato se, in assenza di riconoscimento dello status STP (o Eni) il cittadino straniero non ha diritto alle prestazioni mediche? L’ostacolo viene spesso aggirato attraverso un ricorso improprio al servizio di Pronto soccorso, oppure viene risolto attraverso ambulatori di medici volontari che prestano al paziente straniero le prime cure, e, le certificazioni necessarie a quanto sopra descritto.
Le maggiori difficoltà si propongono, quindi, per l’assistenza territoriale,, in particolare nel delicato momento del passaggio del paziente dall’Ospedale al Territorio.
Infatti il paziente STP (o EN), sul territorio:
  • non ha diritto all’assegnazione di un Medico di Medicina Generale come medico di libera scelta, per intendersi il Medico curante che ogni cittadino italiano ha a disposizione. Può tuttavia avvalersi di qualsiasi ambulatorio territoriale di Medicina Generale, dove il Medico dovrà erogare la prestazione, (che gli verrà retribuita dal , né Servizio Sanitario con modalità non ordinaria, non essendo riconosciuto come Medico curante del paziente).
 
  • Non ha diritto agli interventi di assitenza sociale, né economic, né domiciliari, né residenzialei.
 
Di fatto,  i due vincoli sopra descritti mettono a rischio il diritto alla salute del migrante, soprattutto in relazione ai bisogni socio-sanitari complessi.E’ infatti evidente che la maggior parte dei pazienti, dopo la dimissione, ha necessità di una copertura socio-assistenziale a domicilio, per un buon esito delle cure.  Anche per questo la normativa prevede e finanzia tutta una serie di servizi e strutture integrate (socio-sanitarie). Ma tutto questo è negato invece a questa fascia di popolazione migrante. Spesso manca addirittura la dimora, ma non è concesso l’accesso a strutture socio-sanitari. Qualora invece l’abitazione ci sia, non c’è la possibiulità di proiettarvi la necessaria asssietnza di base.
Restano inoltre alcuni fatti incontrovertibili derivanti dalle politiche di austerità che hanno tagliato innumerevoli servizi socio sanitari come dimostrato dalle interminabili liste di attesa paziente non ha diritto all’accesso ai servizi sociali e socio-sanitari e sanitari .Negli ultimi anni poi la scure abbattutasi su Regioni ed enti locali ha cancellato, o ridotto ai minimi termini, numerosi servizi sociali destinati alle fasce sociali meno abbienti e soprattutto alle aree piu' marginali tra i quali ci sono appunto i migranti. I tagli hanno decretato non solo la riduzione degli interventi ma anche messo in competizione autoctoni e migranti per servizi che indistintamente dovrebbero essere erogati perchè parte integrante del welfare
Ci sono poi alcuni aspetti da approfondire, che verranno affrontati nella seconda parte dell’articolo, nel prossimo numero
  •  LE REALI CONDIZIONI CRITICHE DELL’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA AGLI STRANIERI. Investimenti e finanziamento della sanità rappresentano un fattore dirimente, non possono essere demandati alla previdenza integrativa nè alle convenzioni con i privati che dove hanno preso il sopravvento determinano aumento dei costi, rispetto alla gestione pubblica, per la comunità
  •  LE CRITICITA’ RELATIVE AI BISOGNI INTEGRATI SOCIO-SANITARi. L'analisi dei bisogni socio\sanitari sono fermi da anni e rispondono solo alle logiche del contenimento di spesa
  • L’IMPOSSIBILITA’ DI ACCESSO AI SERVIZI SOCIALI. Riguarda le fasce socaili meno abbienti, migranti e non, l'accesso necessita di servizi diffusi sul territori,
  • L’ACCESSO NEGATO, A LIVELLO LOCALE, ALLE PRESTAZIONI PREVISTE DALLA NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE. Le Regioni nel corso degli anni hanno approvato ordinamenti e Leggi in contrasto con il carattere universale dei servizi
  • IPOTESI DI ALLEANZE LAVORATORI/UTENTI. La chiusura di ambultatori e servizi non riguarda solo i lavoratori e le lavoratrici ma la stessa cittadinanza. Comitati unitari a difesa del bene comune rappresentato dai servizi socio sanitario restano tra i soli percorsi percorribili per superare le logiche divisorie alimentate dallo stesso sindacato

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