Internazionalismo.....
INTERNAZIONALISMO
di Franco Astengo
Esiste
e non può essere negato il rischio concreto che, a sinistra, lo
smarrimento che si sta affermando nella drammatica situazione in corso
finisca con il far prevalere opzioni contrarie a quelle che debbono
continuare a essere le basi teoriche di un movimento per l’eguaglianza e
la solidarietà.
Un
movimento per l’eguaglianza e la solidarietà collegato, nel suo
divenire, alla storia del movimento operaio europeo, a quelli che sono
stati – in passato – i partiti socialisti e comunisti nel loro sviluppo
storico pur contraddittorio, complesso, difficile.
Mi
riferisco al rischio dell’affermazione del cosiddetto “sovranismo di
sinistra” che, addirittura prende per buona la possibilità di “incidere”
– almeno per quel che riguarda il “caso italiano” - sul governo Lega – 5
stelle fornendo rispetto a esso quello che (pericolosamente) viene
formulato come “giudizio articolato” sul quale basare una “opposizione
flessibile”.
Verrebbe da dire: tanta voglia di accodarsi, visto che si vede occupato sia lo spazio di lotta sia quello di governo.
Verrebbe
da pensare che una posizione del genere derivi – addirittura – da un
retro pensiero da “socialismo in un solo paese” senza riflettere su
tutte le conseguenze del caso.
Siccome
in gioco c’è la possibilità di ricostituzione di una soggettività
politica della sinistra italiana capace di affrontare le contraddizioni
dell’oggi senza smarrire il proprio passato è il caso, allora, di
rinverdire qualche principio di fondo, come quello del concetto
d’internazionalismo.
Il
concetto d’internazionalismo sottende l’esistenza di un principio
comune : quello dell’impossibilità di concepire l’aspirazione alla
libertà e all’eguaglianza entro i confini di una singola realtà statuale
o, anche, sovranazionale come nel caso dell’Unione Europea.
Si
ritiene, infatti, che ai valori di solidarietà ed eguaglianza sia
connaturato un orientamento all’universalità che trascende i
nazionalismi (fenomeno cui oggi stiamo assistendo come momento di
imbarbarimento di ritorno) e si estende a tutto il mondo in nome della
solidarietà tra i popoli e le classi.
Nell’internazionalismo
socialista, il concetto si basa sul carattere universale dei principi
di emancipazione sociale e porta a individuare nell’abolizione delle
società divise in classi il presupposto per il superamento dei conflitti
tra le nazioni.
L’internazionalismo
deve trovare alimento nella necessità di coordinare le diverse
organizzazioni nazionali all’interno di soggetti sovranazionali nella
lotta comune contro l’organizzazione capitalistica che, come ha ben
dimostrato anche la gestione della crisi in atto, applica ovunque la
stessa logica di sfruttamento.
Sotto
questo aspetto, in Europa, non si è compreso il rallentarsi, a causa di
fenomeni particolarmente complessi, del meccanismo di cessione di
sovranità dello “Stato – Nazione” che avrebbe dovuto essere incalzato
proprio da una proposta internazionalista e non di ritorno proprio
all’ambito nazionalista di cui sono stati protagonisti proprio i paesi
dell’attuale gruppo di Visegrad, dopo la loro ammissione all’Unione
Europea e l’esaurimento di funzione delle forze che erano state
protagoniste della fase immediatamente seguente alla caduta del muro di
Berlino.
Quelli
dell’internazionalismo rappresentano principi elementari che dobbiamo
tornare a portare avanti con grande determinazione e che debbono
ispirare una ripresa di presenza delle forze di sinistra, anche in una
realtà come quella italiana nella quale appaiono, in questo momento,
quasi del tutto assenti.
Gli
esempi storici cui riferirci non mancano, se si pensa al punto
effettivo di sconfitta del movimento operaio che fu determinato
nell’agosto del 1914 dallo scioglimento della seconda internazionale
dovuto allo schierarsi del Partito Socialista Francese e della SPD
tedesca all’interno delle rispettive “union sacrée” al momento dello
scoppio della prima guerra mondiale.
Così
come, sul versante opposto, non può essere dimenticato il coraggio di
chi seppe opporsi a quella guerra esplicitando il proprio dissenso nel
corso di ben due conferenze internazionali svoltesi in Svizzera, a
Zimmerwald e a Kienthal.
Da ricordare ancora le brigate internazionali in Spagna come conseguenza del valore internazionalista dei Fronti Popolari e ancora , per riferirci alla seconda guerra mondiale, il carattere “europeo” della Resistenza così come in seguito sarebbe il caso di soffermarsi sul valore
internazionalista del dissenso rivolto verso la realtà del cosiddetto
“socialismo reale”. Dissenso dimostrato soprattutto nelle
grandi occasioni storiche come quelle dell’invasione dell’Ungheria e
della Cecoslovacchia. Dissenso palesato senza deflettere dalle
concezioni fondamentali riguardanti appunto il principio di eguaglianza
accompagnato a quello di libertà politica, pur restando all’interno del
movimento comunista e socialista, senza scivolare a destra come sarebbe
stato (anche opportunisticamente) facile.
Oggi
è il caso davvero di tornare a riflettere meglio sui passaggi
dell’internazionalismo: lo stesso recente documento di Lisbona siglato
da alcune forze politiche di diversi paesi d’Europa va inteso utile per
sviluppare un’azione politica rivolta ad altri soggetti in una visione
più ampia della battaglia per la modifica e il superamento dell’attuale
assetto dell’Unione Europea, così come prevede lo stesso “Piano B”
elaborato da France Insoumise che, almeno a mio giudizio, potrebbe
rappresentare il punto di partenza per lo sviluppo di un’azione politica
comune.
Così
come servirebbe la costruzione di un più largo spettro di
rappresentanza politica, sia a livello di Sinistra Europea (considerato
tra l’altro il progressivo esaurimento della funzione del PSE) e – in
chiave istituzionale – dello stesso GUE al Parlamento Europeo.
Le
elezioni europee del 2019 rappresenteranno un passaggio sicuramente
importante da affrontare proprio in questa chiave: guai se la sinistra
si presentasse con una visione nazionalistica, con l’idea di rinchiudere
la rappresentazione (indispensabile) della lotta sociale dentro i
confini nazionali.
Su quest’ultimo punto il cedimento alla destra sarebbe totale.
E’
il caso dunque di aprire un confronto a tutti i livelli in una
dimensione sovranazionale per raggiungere un equilibrio di decisionalità
politica capace di metterci in grado proficuamente di affrontare quelli
che sono i dati d’incremento della disuguaglianza e di crescita della
sopraffazione e dello sfruttamento che caratterizzano fortemente
l’offensiva di destra in atto e che richiedono un forte livello di
contrasto nella società e nella politica.
Contrasto senza sconti e senza ammiccamenti di sorta.
Non
è retorico affermare ancora una volta (proprio in questi giorni in cui
tanti si affannano a ricordarne i 170 dalla pubblicazione e i 200 anni
dalla nascita del suo autore) il principio contenuto nell’appello che
chiude il “Manifesto del partito comunista” di Marx ed Engels: “
Proletari di tutti i paesi unitevi!”.
Quell’esortazione rappresenta ancor oggi l’espressione di un’esigenza storica insuperabile e incancellabile.
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