Sulle elezioni a Pisa. Botta e risposta...

UN ARTICOLO DI MAURIZIO IACONO E UNA RISPOSTA DI FRANCO ASTENGO
 
Maurizio Iacono ha affrontato con questo articolo, apparso sul “Tirreno” di ieri 25 giugno, un argomento basilare riguardante le “ragioni profonde” dell’agire politico e delle motivazioni soggettive che possono ancora spingere ciascheduno di noi a percorrere quella strada.
Gli ho posto un interrogativo: schematizzando molto.
Interrogativo che troverete in calce e che ha già avuto una prima risposta.
La sua risposta è stata quella di “cercare ancora e oltre” rispetto alla passione politica.
Mi sono interrogato e la sola risposta plausibile che ho trovato, proprio principiando dagli accenni a Marx, sui quali in verità Maurizio insiste da tempo, è stata quella di affermare ancora una volta il collegamento necessario tra la passione politica e la condizione materiale di vita, cioè la “condizione di classe” della cui consapevolezza è sempre necessario partire, anche in questi tempi di oblio.
Ho pensato fosse giusto portare in pubblico questa discussione, prima di tutto con lo scopo di allargare la cerchia dei lettori dell’articolo di Iacono, meritevole del massimo di risonanza possibile, con l’ambizione di suscitare una discussione di merito.
Franco Astengo
 
Questo dunque il testo pubblicato dal “Tirreno”:
Alfonso M. Iacono
IL TIRRENO
25 giugno 2017
 
Quando un palazzo crolla a causa di un terremoto, lo si può lasciare distrutto e raderlo al suolo oppure ricostruirlo magari partendo da ciò che è rimasto in piedi. Il palazzo Sinistra è certamente crollato. Lo si può ricostruire?  Basta mettere mattoni nuovi sopra ciò che è rimasto in piedi. Meglio ancora se andiamo a cercare delle pietre di un tempo che ora ci accorgiamo essere adattissime alla ricostruzione. E così, se dovessi immaginare cosa è rimasto in piedi, metto al primo posto Karl Marx, perché la sua analisi dei rapporti economici e sociali nel capitalismo è ancora fondamentale e, nonostante siano passati due secoli, attuale. Dopo la crisi economica mondiale del 2008, da cui usciremo (se ne usciremo) comunque diversi da come eravamo, tutti, ma proprio tutti hanno riscoperto Marx. Accanto a lui Antonio Gramsci e le sue teorie della rivoluzione passiva e dell’egemonia. La rivoluzione passiva, concezione tratta dal napoletano Vincenzo Cuoco, è ciò a cui stiamo assistendo da tempo e, detto schematicamente, è il trasformarsi dei disagi sociali e delle proteste in chiave di conservazione. L’avvento del fascismo può essere considerato in questi termini. L’egemonia è proprio ciò che ha perso la sinistra in questi anni. La fine di una riflessione capace di collegare cultura e visione del mondo, l’abbandono degli intellettuali e dei politici di una ricerca forte che legga il passato nella chiave della critica del presente e veda il futuro come campo di possibilità immaginarie a partire dalla realtà storica.
Fin qui abbiamo trovato ciò che si deve salvare (naturalmente c’è molto altro, ma adesso qui non è rilevante). Vediamo ora quale vecchie pietre bisogna aggiungere.   La prima è il libro dell’Antico Testamento, il Cantico dei Cantici. Come ebbe a dire un suo grande interprete, André LaCocque, “il poema è sovversivo, nonostante il tono sia, in modo ingannevole, lirico e pastorale. Il poeta cioè impiega un linguaggio per così dire innocente di innamorati sfidando le istituzioni e le consuetudini. Lui/lei (l’ha quasi certamente scritto una donna) presenta ai puritani, in forma di contrasto e di ironia, un universo chiaramente erotico. L’autore (o più probabilmente l’autrice) non si cura di un sistema teologico che potrebbe rendere il suo messaggio accettabile”. Per secoli i Padri della Chiesa si sforzarono di dilatare e annebbiare il senso proprio di questo poema. Ma nel Cantico dei cantici erotismo, grazia e santità stanno vertiginosamente e meravigliosamente insieme. Anche il desiderio. La scena (Scena terza) di lei che si alza dal letto, non trova l’amato e lo va a cercare di notte per le strade, sfida tutte le convenzioni di allora. E’ il testo dove l’eguaglianza tra donna e uomo è rappresentata proprio nei termini di un amore, finito e infinito nello stesso tempo, che esprime al massimo la diversità di genere. E’ lì che già si realizza il sogno di un’eguaglianza come base necessaria affinché ciascuno dei protagonisti di questa amorosa reciprocità riconosca l’altro riconoscendolo e rispettandolo come altro. Il Cantico dei Cantici anticipa di molti secoli ciò che il movimento dei neri prima e il movimento delle donne poi diranno del senso di una eguaglianza fondata sul rafforzamento orgoglioso della diversità, di colore o di genere.
Questo vecchia pietra è ancora e sempre viva, assai utile per ricostruire il palazzo della sinistra, perché è nel passato che bisogna trovare la forza di sognare il futuro. La nostra immaginazione, quella che nel ’68, forse ingenuamente, volevamo mandare al potere e che invece non riuscì a tenere insieme amore e rivoluzione, è sempre vincolata dal modo in cui siamo capaci di ritrovare le pietre del passato e di riutilizzarle per nuove costruzioni. Lo abbiamo dimenticato ed è ora di ricordarsene.
 
Questa è stata la  domanda immediata:
Interrogativo per Maurizio Iacono: il tema è quello della passione politica oppure ho capito male?
 
La riposta di Iacono:
 
È qualcosa di più. È ciò per cui anche la passione politica ha un senso.
 
La  riflessione di Astengo:
 
 La passione politica può avere un senso, se vado a scovare nella memoria del mio pensiero, se la scelta è stata quella di stare dalla parte della condizione di classe, così come questa si esprimeva, ad esempio, in temperie difficilissime come quelle immediatamente seguenti la conclusione del secondo conflitto mondiale: tempi difficili segnati, da un lato dal racconto ancor vivo della Resistenza che quotidianamente era al centro delle discussioni familiari e dall'altro dalle lotte per il lavoro, l'occupazione delle fabbriche, la difesa del salario.
 La mia iniziazione politica, potrà apparire forse presuntuoso affermarlo, avvenne con la strage di Modena del 1950 e la lotta dell'Ilva in quell'inverno 50-51.
Ho sempre cercato di restare fedele a quel concetto di fondo, all'idea di “classe” come classe generale e all'ispirazione conseguente, nel rapporto tra cultura e politica, nell'ispirazione pedagogica che ne veniva e che trovava, in allora, un soggetto “principe” per esercitarlo: il Partito, inteso come forma possibile dell’azione collettiva esercitata appunto in termini di ragione di classe.
 Su questa base, allora, l’esercizio dell’ analisi politica non è mai stata svolta solo legata eccessivamente al contingente. Legarsi essenzialmente al contingente e quasi esclusivamente a una idea “meccanicistica”, “piatta” d’interpretazione sociologica, di derivazione della scuola anglo-sassone, ha, alla fine, contribuito a rovesciare il senso stesso dell'azione politica, ridotta a muoversi pressoché interamente sulla base delle segnalazioni provenienti dai sondaggi d'opinione presupposto della deriva nella quale ci stiamo ritrovando.
Non siamo stati capaci di ribellarci a questo con sufficiente energia e, anche, “rigidità” di pensiero.
Non intendo qui, beninteso, forzare il percorso verso il ritorno all'ideologia, e non credo fosse l’ideologia il tramite della ricerca del senso della passione politica così come ha inteso indicarlo Iacono nella sua risposta e nel complesso del suo intervento.
Pur tuttavia, in questi tempi di ferro e di fuoco, mi pare rimanga un tema tutto da affrontare.
 
 


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