Recessione o ripresa della produzione industriale?
Dopo i tre fatidici anni pandemici la stampa si è sperticata nelle lodi della ripresa produttiva, dei fatturati e dell'industria internazionale salvo poi scoprire che la crisi è tutt' altro che superata, acuita dalla guerra, dal rincaro delle tariffe energetiche (che grava soprattutto sui costi statali e familiari) e dal clima di incertezza sull'immediato futuro derivante dallo scontro tra poli imperialistici sulla cosiddetta svolta energetica.
La ripresa del ciclo economico internazionale ha subito negli ultimo anno e mezzo più di una battuta di arresto, il rallentamento pur con dati diversi da paese a paese riguarda ogni nazione. E perfino la Cina, dopo le proteste sociali, ha dovuto allentare le misure anti covid e in alcune aree del paese sta affrontando con grande difficoltà l'aumento dei casi con ripercussioni negative anche sull'attività economica.
Possiamo allora asserire, senza timore di smentita, che la crisi economica è tutt'altro che superata e ci vorranno forse anni e feroci processi di ristrutturazione per superarla almeno in buona parte.
A rallentare la produzione sono soprattutto i tradizionali settori manifatturieri in decrescita da almeno 7\8 mesi e la crisi attanaglia anche i paesi dell'area euro colpiti dalla guerra e dall'aumento esponenziale delle spese militare, dai nuovi, e costosi, corridoi energetici.
La risposta tradizionale alla crisi della manifattura è quella di una domanda fluttuante dei mercati con i consumatori proiettati alla diversificazione degli acquisti in particolare quelli legati ai servizi, una lettura fin troppo superficiale che dimentica come il settore dei servizi sia diventato da anni dirimente anche per i processi di esternalizzazione per il commercio controllato dai grandi colossi come Amazon, dal ridursi del risparmio familiare e da una crisi del potere di acquisto dei salari in continuo sviluppo.
Se poi aggiungiamo che le politiche anticinesi e anti russe, ma anche le ostilità commerciali verso i paesi Brics, hanno rallentato la richiesta di prodotti da questi paesi si capiscono gli effetti della guerra sull'andamento dell'economia.
Negli anni del covid , quando i commerci nel globo erano sottoposti a rallentamenti se non a veri e propri blocchi, è emersa la necessità degli Usa di reinternalizzare alcune produzioni ma questo processo necessita di anni e di investimenti rilevanti. Aggiungiamo la inflazione e soprattutto i costi dei mutui e lo scenario della crisi è presto definito .
Particolare importante la crisi dell'area euro che sta subendo i contraccolpi della guerra, dei nuovi corridoi energetici piu' degli Usa con i processi di ristrutturazione e di riconversione energetica che rischiano di mettere in ginocchio i paesi dell'Est europeo e i paesi dell'area mediterranea.
In Italia la contrazione dell’attività manifatturiera, da inizio anno ad oggi è stata di circa il 5 per cento e dopo il boom del 110 anche la produzione delle costruzioni, con relativo indotto, ha iniziato una fase recessiva. Stesso discorso vale per i prodotti che richiedono un elevato utilizzo energetico e per quei prodotti che negli anni pandemici erano stati particolarmente richiesti ed oggi subiscono la inevitabile contrazione della domanda.
Le auto sembrano avere, al momento, superato la crisi con l'approvigionamento dei semiconduttori e la svolta energetica presto potrebbe imporre la rottamazione di tante vetture ritenute inquinanti aiutando la ripresa della domanda soprattutto per le case produttrici più abili nella produzione di macchine con i requisiti "ecologici " richiesti.
La crisi in atto determinerà la contrazione dei posti di lavoro, ristrutturazioni e licenziamenti, la caduta di alcuni Stati e nuove nazioni emergenti. Ma sullo sfondo della crisi manifatturiera guerra e processi di ristrutturazione giocano ancora una volta un ruolo dirimente.
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