Pensionati della Pubblica amministrazione richiamati in servizio? In nome del PNRR tutto è possibile
Perché nell’arco di pochi
mesi si sono susseguiti vari pareri e interpretazioni della Corte dei conti
atti a giustificare la riassunzione di pensionati pubblici dopo la quiescenza?
fonte nuesertimes.org
Le risposte potrebbero essere
molteplici, ad esempio gli organici sono talmente risicati da costringere gli
Enti a ricorrere alle prestazioni dei pensionati oppure constatare la assenza
di formazione con figure professionali carenti e non improvvisabili dall’oggi
al domani. Poi potrebbero esserci anche
ragioni meno nobili come meccanismi clientelari all’ombra del pubblico ma
saremmo davanti a fatti da dimostrare.
Ormai i pareri non fanno
alcuna distinzione tra i pensionati in servizio nello stesso Ente e quelli che
hanno svolto la propria attività lavorativa per altre Pa e/o per privati.
L’ intervento legislativo
dovrebbe essere ben altro ossia porre fine, per un triennio almeno, ai tetti di
spesa in materia assunzionale per stabilizzare i precari e aumentare organici
ormai ridotti all’osso, per investire realmente nella formazione. Ad oggi le amministrazioni possono conferire
incarichi di formazione e assistenza, incarichi professionali come il Rup fino,
3 anni dopo il pensionamento, nominare i pensionati in qualità di componenti
e/o presidenti di commissioni di concorso o degli organismi di valutazione.
Decisioni emergenziali (ma
ormai in nome dell’emergenza si sospende il diritto vigente) dettate dagli
obiettivi PNRR e comunque in deroga a quanto prevede il Dl 95/2012 che
vieterebbe alla Pa di assumere o conferire incarichi di consulenza ai propri
pensionati. Dove è allora finito il grande obiettivo del ricambio generazionale
con la Pubblica amministrazione italiana che risulta da tempo la più vecchia
anagraficamente e la meno pagata, in rapporto al PIL, della UE?.
Si vuole allora risparmiare
sulle assunzioni e lo si fa ricorrendo a pareri della Corte dei conti che in
teoria dovrebbe essere anche guardiana delle regole e non operare in deroga delle
stesse. Particolarmente delicato, e rilevante, è l’incarico di Responsabile
unico del Procedimento, incarico introdotto da
una legge di 33 anni fa e soggetto incaricato di vigilare sul
regolare svolgimento di ogni procedimento amministrativo e, in particolare, su
quelli che hanno ad oggetto l’affidamento di appalti pubblici di lavori,
servizi e forniture.
La condizione per ricorrere a un pensionato è
quella di attestare che non ci siano dipendenti in organico e in possesso di
certi requisiti e con la previsione che l’Ente avvii le procedure concorsuali
per assumere queste figure oggi giudicate essenziali per il buon andamento
della PA. Se pensiamo che molti tecnici, dopo la pensione, svolgono anche
attività privata, qualche dubbio sulla legittimità di questi incarichi dovrebbe
pur balenare nella mente del Legislatore o magari dell’Autorità nazionale anti
corruzione.
Stesso ragionamento avviene
per i pensionati nominati come capi di gabinetto degli organi di governo fermo
restando lo svolgimento di compiti meramente gestionali, resta il fatto che
eventuali incarichi sono assai remunerativi con l’inquadramento nella fascia
dirigenziale.
Considerazioni elementari ma
utili a comprendere come in nome del PNRR si proceda con incarichi, contratti a
tempo determinato senza mai fare i conti con i reali fabbisogni di una macchina
pubblica che arranca e palesa limiti strutturali.
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