Welfare aziendale: una occasione da non perdere o un'arma a doppio taglio per i lavoratori pubblici?
Welfare
aziendale: una occasione da non perdere o un'arma a doppio taglio per i
lavoratori pubblici?
La manovra
Fiscale si indirizza anche al
potenziamento del Welfare aziendale che sappiamo essere una sorta di Giano
Bifronte perchè serve anche a depotenziare il welfare universale e la
previdenza pubblica. Non è casuale che dinanzi al depotenziamento del welfare
universale e ad assegni previdenziali sempre più leggeri la risposta padronale
e governativa sia quella di rafforzare la previdenza integrativa e il welfare
aziendale con misure fiscali agevolate e senza un effettivo investimento nello
stato sociale e nelle pensioni pubbliche.
Nella Pubblica
Amministrazione la strada del welfare
aziendale è solo in fase embrionale, prevista dagli ultimi due contratti
nazionali ma di fatto senza reale copertura economica tanto che, se volessimo
aumentare, a mo' di esempio, l'importo dei buoni pasto fermi da anni alla
risibile somma di 7 euro, andremmo comunque ad incidere sulla spesa di
personale complessiva e i benefici sarebbero alla fine nulli
Gli oneri per
la concessione dei benefici destinati al welfare aziendale sono sostenuti
mediante utilizzo di quota parte del Fondo per la retribuzione di risultato
quindi il welfare aziendale determina la riduzione della produttività per i
dipendenti pubblici.
A spingere verso l'adozione del welfare aziendale è la constatazione che il salario accessorio dei dipendenti della PA è ridotto rispetto a quelli del privato, in realtà si vuole disinnescare una richiesta storica ossia la sostituzione della produttività legata alla performance con una quattordicesima mensilità che manca alla PA, svincolando l'erogazione del salario accessorio dalle forche caudine della valutazione, il cosiddetto merito, dei dirigenti.
Il welfare
aziendale resta ancorato al benessere organizzativo ossia la condizione nella quale il dipendente viene messo
in condizione di accrescere prestazioni e produttività, nulla a che vedere con
il miglioramento delle condizioni di vita e lavorative.
Merita
infine particolare attenzione la conferma, per l'anno 2024, della tassazione
al 5% dei premi aziendali, quei premi ove avviene lo scambio tra
flessibilità, produttività in cambio di ridotte tassazione del salario
accessorio.
Infatti non sono
ammessi ai fini della tassazione ridotta tutti i premi aziendali, ma solo
quelli che comportino incrementi di" produttività, redditività, qualità,
efficienza e innovazione".
E la
conditio sine qua non viene rappresentata dalla stipula di contratti di secondo
livello con i sindacati rappresentativi, i criteri poi sono stati ulteriormente
rafforzati da note emesse dalla Agenzia dell'Entrate proprio per scongiurare la
inclusione di accordi non funzionali ad accrescere utili aziendali e
produttività della forza lavoro
Commenti
Posta un commento