La produttività non si rilancia con gli sgravi alle imprese

Sconto del 20% alle imprese e lavoratori coinvolti nell’organizzazione. Ma siamo certi che gli sgravi fiscali siano la risposta necessaria e utile per il rilancio della produttività?

I risultati delle politiche intraprese negli ultimi anni sono state decisamente negativi, i fatidici 80 euro in busta paga preferiti a lavori socialmente utili e i tagli dei contributi per le aziende non sono state soluzioni proficue e i dati dimostrano la inefficienza del sistema italiano basato su pochissimi contributi alla ricerca e alla innovazione e sfruttamento selvaggio della forza lavoro, il costo della quale viene ridotto ai minimi termini

Ora il Governo vorrebbe riconoscere dei premi di produttività ai dipendenti di aziende che scelgono di sviluppare il secondo livello di contrattazione, guarda caso sempre e comunque in deroga ai contratti nazionali.

I premi di produttività potranno avere un unico tetto a 3mila euro che passano a 4mila (come previsto dalla legge di Bilancio) per le aziende che trovano un accordo con i sindacati, si parla poi di riconoscere ai primi 800 euro la riduzione del 20% dell’aliquota contributiva.

Il discorso non è certo nuovo, la partecipazione dei sindacati alle politiche aziendali è il ricatto imposto per avere sgravi, i lavoratori faranno le loro pressioni sui delegati ovviamente dopo essere stati influenzati dalla propaganda padronale. Ma questa partecipazione non è indolore, il sindacato dovrà piegarsi ai dettami aziendali, tacere sulle deroghe, anzi favorirle con accordi di secondo livello e, in cambio, avranno la “cedolare secca” al 10% sull’intero premio di produttività mentre il datore avrà altri sconti.

C'è un salto di qualità nelle politiche aziendali, si passa dal premiare le aziende che collaborano con i sindacati e riconoscono loro premi ad una politica ancora piu' arrendevole che legherà la detassazione a un incentivo economico sui premi di importo più ridotto.

Citiamo testualmente da Il sole 24 ore

"Vediamo un esempio della nuova decontribuzione basato sulle bozze della “manovrina” circolate nei giorni scorsi. Un’azienda metalmeccanica con 60 dipendenti che coinvolge pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione, su un premio di 3mila euro oggi versa 947 euro di contributi, il 32% del bonus. Con le nuove regole, sui salari di produttività riconosciuti in futuro, in base ad accordi siglati dopo l’entrata in vigore del decreto, ci sarebbe uno sconto di 160 euro sui contributi, abbassandone il peso sul premio al 26 per cento"

Proviamo quindi a sintetizzare

le aziende incentivate saranno quelle che legheranno parte del salario ai profitti aziendali, insomma il salario diventa variabile dipendente dei profitti. Non basterà piu' trovare intese in ambito aziendale, oggi i padroni chiedono di piu'.

Il coinvolgimento del lavoratore nell’organizzazione del lavoro non sarà solo formale, se vuole essere incentivato dovrà assumersi parte degli oneri di impresa, ogni eventuale aumento, anche irrisorio, avrà come merce di scambio l'assunzione del rischio al pari dei padroni.

In questo modo si svuoterà delle sue ultime e residue prerogative il contratto nazionale per accrescere i contratti di secondo livello spingendo il sindacato a ogni forma di supina accettazione dei dettami padronali, ovviamente con la promessa di sgravi e aiuti fiscali.

Come vediamo, la questione della produttività porta lontani, l'obiettivo non è investire ma piuttosto derogare ai contratti nazionali e piegare alle logiche del profitto ogni istanza sindacale.

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