Accordi decentrati.....quando anche l'arrendevolezza sindacale viene vista dai padroni come resistenza

Per gli accordi decentrati ci sarebbero problemi derivanti dalle "resistenze sindacali" ad accordare maggiore flessibilità.

Questioni di punti di vista differenti ma il vero obiettivo non sfugge ad un occhio critico e attento, ossia che si voglia riscrivere tutta la normativa in materia di contratti di lavoro andando ben oltre il jobs act.


Come sappiamo l’articolo 51 del decreto legislativo 81/2015 stabilisce una sorta di parificazione tra «contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali», la condizione è che a stipularli siano sempre gli stessi sindacati giusto per evitare che qualche sindacatino autonomo sigli intese con paghe orarie cosi' basse da rendere impresentabili le intese.


Alla contrattazione decentrata il compito di scrivere intese non in contrasto con le leggi nazionali e con i contratti di riferimento ma siano tali da rappresentarne delle deroghe peggiorative.

Il sistema delle deroghe ai contratti nazionali ha avuto un forte impulso dal Jobs Act ma esistono già tanti strumenti, da anni, per esempio il protocollo del 2009 sugli assetti contrattuali e il Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014.

Un sistema già rodato esiste da tempo con la contrattazione decentrata che ha avuto un forte impulso su materie che un tempo erano solo prerogativa della contrattazione nazionale, anzi negli ultimi anni i ccnl tendono a spostare al secondo livello della trattativa materie sempre piu' importanti, ci sono deroghe sperimentali che Confindustria vorrebbe invece che fossero scritte e definitive per dare ai datori di lavoro piena libertà di manovra su materie come organizzazione del lavoro, orari e prestazioni esigibili.

Sono passati sei anni dai “contratti di prossimità” (articolo 8 della legge n. 148/2011) che hanno dato il via alle deroghe rispetto ai contratti nazionali e anche a leggi

Poi per rendere piu' credibile questo sistema di deroghe che di fatto ha ipotecato la validità erga omnes dei contratti nazionali, hanno parlato di deroghe funzionali a favorire l'occupazione, a far partecipare i lavoratori e le lavoratrici alle decisioni che contano, a combattere il nero, a favorire l'incremento della produttività e competetività.

Le deroghe ai contratti nazionali non sono mai state analizzate compiutamente, conosciamo le conseguenze perchè ogni giorno vediamo inquadramenti sfavorevoli, minori retribuzioni, orari flessibili, mansioni maggiori esigibili dai datori di lavoro

Ma attenzione che ci sono deroghe e deroghe, un discorso vale per le deroghe a un singolo contratto nazionale di categoria e un altro vale per i contratti di prossimità che restano un'arma micidiale per i lavoratori e sfuggono da ogni controllo (si veda http://www.studiojobconsulting.it/contenuti/approfondimenti/205-contratto-di-prossimita-e-retribuzione-contrattuale)

I padroni non vogliono solo un sistema di semplici deroghe al contratto nazionale che preveda su qualche punto il trasferimento dal primo al secondo livello di contrattazione, quello a cui mirano è istituzionalizzare la possibilità di non considerare fin dall'inizio il contratto nazionale scrivendosi regole nuove a livello aziendale

Dopo la detassazione dei premi di risultato o la istituzionalizzazione del welfare aziendale vogiono di piu', liberarsi dall'intervento del legislatore e la possibilità di accordarsi con le Rsu aziendali per riscrivere in buona parte il sistema delle regole.

In poche parole si mira allo ius variandi del datore di lavoro che possa riscrivere non solo il sistema delle regole (i contratti nazionali) a proprio piacimento ma anche intervenire derogando ai codici.

I padroni chiedono piena libertà di azione e aggirare le norme stesse decise dal legislatore quando sono in gioco gli interessi economici e i profitti.

Al sistema delle regole si preferisce la barbarie, peccato che le regole di cui parla la Cgil non esistano piu' da anni, seppellite dalla cgil stessa.

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