“Abbasso la guerra!” In tutto il mondo serpeggia il rifiuto giovanile per il riarmo.
“Abbasso la guerra!” In tutto il mondo serpeggia il rifiuto giovanile per
il riarmo.
di Laura Tussi
“Abbasso la guerra!” In tutto il mondo serpeggia il rifiuto giovanile per il riarmo e per l’inutile strage, cioè per il riarmo, i nazionalismi, gli imperialismi politici e economici
Nelle ultime settimane, un’onda di mobilitazione
giovanile a favore della pace ha attraversato l’Italia, con eco in diverse
città e iniziative che testimoniano un forte desiderio di un futuro libero
dalla violenza e dai conflitti. Questi giovani, portavoce di una generazione
che aspira a un mondo più giusto e pacifico, hanno manifestato la loro
preoccupazione per le guerre in corso e la crescente instabilità globale
attraverso diverse forme di protesta e sensibilizzazione.
Dalle
piazze alle iniziative online, si è assistito a un crescendo di eventi che
hanno visto protagonisti studenti, attivisti e semplici cittadini desiderosi di
far sentire la propria voce. Le manifestazioni hanno spesso assunto forme
creative e partecipative, includendo sit-in, flash mob, cortei e momenti di
riflessione collettiva.
Un
esempio significativo è stata la partecipazione di molti giovani alla
mobilitazione straordinaria “Fermiamo la Guerra”, che ha visto diverse
iniziative svolgersi in varie città italiane. Questi eventi hanno rappresentato
un’occasione per chiedere con forza il cessate il fuoco nei conflitti in corso,
promuovere il negoziato come strumento di risoluzione e sottolineare
l’importanza di investire nella pace piuttosto che negli armamenti.
Parallelamente
alle manifestazioni di piazza, i giovani hanno utilizzato attivamente i social
media e le piattaforme online per diffondere messaggi di pace, condividere
informazioni e organizzare ulteriori azioni.
Un
altro momento importante di aggregazione e sensibilizzazione è stata la
partecipazione di numerosi giovani alla Marcia PerugiAssisi, un evento storico
che da sempre incarna l’impegno per la pace e la fraternità. L’edizione di
quest’anno ha visto una forte presenza di giovani, desiderosi di portare il
loro contributo ideale e la loro energia per un futuro di convivenza pacifica.
E
simili manifestazioni si tengono anche in altri paesi, in particolare in USA
dove le università ne sono il teatro. Questi fatti riportano alla mente le
contestazioni che, negli anni ’60 e ’70, scossero profondamente la società
statunitense contro la guerra del Vietnam. Oggi, il fulcro della rabbia
studentesca si è spostato, concentrandosi principalmente sul conflitto
israelo-palestinese e sul ruolo degli Stati Uniti nel sostenerlo. Tuttavia, i
parallelismi con l’era del Vietnam sono innegabili, sia nelle motivazioni che
nelle dinamiche delle proteste.
Come
allora, anche oggi gli studenti si mobilitano in nome di principi etici e
morali, denunciando quella che percepiscono come un’ingiustizia e una
violazione dei diritti umani. La guerra in Vietnam suscitò orrore per il numero
di vittime civili, per la brutalità dei combattimenti e per il coinvolgimento
di giovani americani costretti a combattere in un conflitto lontano e percepito
come ingiusto. Allo stesso modo, le immagini provenienti da Gaza e la crescente
consapevolezza del costo umano del conflitto israelo-palestinese alimentano
l’indignazione e la richiesta di un cambiamento nella politica estera
statunitense.
Un altro elemento di continuità è rappresentato dal ruolo
centrale delle università come epicentri della protesta. I campus sono
tradizionalmente luoghi di dibattito, di pensiero critico e di fermento
sociale..
Tornano in tutto il mondo le
manifestazioni giovanili contro la guerra, le armi e i nazionalismi. Dopo gli
imponenti movimenti giovanili del 1968-69 e dei primi anni ‘70, che portarono
alla fine della guerra in Vietnam e alla sconfitta degli Usa, i reazionari di
tutto il mondo hanno preso il sopravvento sul piano sociale, politico,
culturale e religioso.
Le guerre tuttora
in atto nel mondo sono risultato del “pensiero unico” liberticida e della
concezione iperliberista dell’economia, delle idee pesantemente reazionarie e
neoliberiste, ulteriormente accentuate dalla caduta del cosiddetto blocco socialista,
facente capo all’Ex Unione Sovietica, lasciando il potere agli Usa, che si sono
imposti come unica superpotenza esistente.
A proposito delle guerre
assassine, imperialiste, colonialiste in atto nel mondo e spacciate per
operazioni militari chirurgiche e missioni di pace, di esportazione
della democrazia e dei diritti umani, durante questo
incontro abbiamo ricordato con Moni Ovadia, la tragedia dell’assedio di
Sirte e delle città libiche in mano ai lealisti, sotto i bombardamenti
NATO.
Le vittime di guerra,
nei conflitti
armati contemporanei, sono per il 95 per cento civili innocenti, come
testimonia anche Emergency, associazione di chirurghi di guerra
volontari.
Quando si trattava degli attacchi militari dei lealisti a Misurata contro gli
insorti e i ribelli, si osannava l’intervento NATO come libertario e promotore
di chissà quali diritti umani.
Adesso che Sirte, città
natale di Gheddafi, è assediata, non si accenna più ai diritti umani e alla
tutela di civili, come, tra l’altro, prevedeva la risoluzione ONU 1973, che è
stata puntualmente disattesa e violata. I mezzi di comunicazione di massa connotano
Sirte con una terminologia retorica, come “baluardo dei lealisti” e “roccaforte
del Raìs”, senza accennare minimamente alla sorte dei civili, come se
sussistessero differenze quando si tratta di diritti umani.
I mass
media annunciano sempre che il “baluardo”, la “roccaforte” di Sirte verrà
espugnata, agendo così attraverso una terminologia mirata e voluta, a
soggiogare e strumentalizzare l’immaginario collettivo e l’opinione
pubblica.
L’Occidente continua ad
annunciare che la guerra e il nemico sono alle porte, per ottenere ulteriori
rifinanziamenti e perseguire la famigerata politica di riarmo e invece
continuano ad oltranza i bombardamenti, da parte delle superpotenze NATO, per
gli interessi petroliferi e per alimentare l’industria bellica e l’indotto
militare, noncuranti delle sorti dei civili libici, autentiche vittime di un
crimine contro l’umanità, come in Afganistan, in Iraq e in Kosovo. E ora in
Ucraina e a Gaza.
Per questi motivi vogliamo
commemorare sempre la data del 4 novembre, non come giorno celebrativo delle
forze armate e della fine del primo conflitto mondiale, ma come ricordo delle
vittime di tutti i conflitti bellici e monito di opposizione alla guerra
assassina, imperialista, neocolonialista e razzista, ricordando che la guerra
non è mai giusta ed è sempre un crimine contro l’umanità.
Laura Tussi
Nella foto: la Marcia dei
bruchi che ha riunito a Piacenza oltre 500 tra bambini e ragazzi delle scuole
elementari e medie del territorio per lanciare un vero e proprio urlo di pace.
L’iniziativa ideata dall’attivista John Mpaliza attraverserà poi l’intera
regione con l’obiettivo di ascoltare e insegnare ai ragazzi il potere del
dialogo e della condivisione.
“Insieme cammineremo come bruchi e ci trasformeremo in farfalle e in questo
modo trasformeremo le guerre in pace” hanno detto gli studenti piacentini in
una manifestazione realizzata grazie anche alla collaborazione di Amnesty
International Piacenza, Arci, Europe for Peace, Legambiente, Libera contro le
mafie e Mondo Aperto.
Sitografia per approfondire:
Canale Facebook
Canale YouTube
Canale Mastodon
Canale Spotify “Poche note
possono bastare”.
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici,
- I Partigiani della pace, EMI Editrice Missionaria Italiana.
- Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
- Memoria e futuro, Mimesis Edizioni.
Con scritti e partecipazione
di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio
Acerbo, Paolo Ferrero e altri
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