Manlio Dinucci: La legge della pirateria
Ritorna in primo piano la “legge della pirateria”: sempre più frequenti, nel Mar Nero e nel Mediterraneo, sono gli attacchi a petroliere russe effettuate con droni navali formalmente ucraini, di fatto NATO poiché per guidarli sugli obiettivi sono necessarie reti satellitari militari che solo la NATO possiede.
La “legge della pirateria” vige anche nel Mar dei Caraibi, dove le forze navali statunitensi che assediano il Venezuela – il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo di cui gli Stati Uniti vogliono impadronirsi – abbordano e confiscano petroliere venezuelane.
Stessa situazione nell’Oceano Indiano, dove le forze navali statunitensi hanno abbordato e confiscato una nave carica di prodotti industriali cinesi destinati all’Iran, con la motivazione che essi avrebbero potuto avere un duplice uso civile e militare permettendo all’Iran di fabbricare missili peer colpire Israele. Contemporaneamente gli Stati Uniti annunciavano la decisione di fornire a Taiwan moderne armi per un valore di 11 miliardi di dollari, dirette contro la Cina.
Ennesima rielaborazione del “piano di pace” per l’Ucraina, presentata dal Consiglio Europeo riunitosi a Bruxelles insieme a rappresentanti dell’Amministrazione Trump. Questa, in sintesi, la Dichiarazione finale: “I leader hanno apprezzato la forte convergenza tra Stati Uniti, Ucraina ed Europa. Sia i leader statunitensi che quelli europei si sono impegnati a collaborare per fornire:
1) un sostegno costante per le forze armate ucraine, che devono rimanere a un livello di pace di 800.000 unità per poter difendere il territorio ucraino;
2) una “forza multinazionale per l’Ucraina” fornita dalla Coalizione europea dei Volenterosi e sostenuta dagli Stati Uniti, anche attraverso operazioni all’interno dell’Ucraina;
3) un impegno giuridicamente vincolante ad adottare misure per la sicurezza in caso di un futuro attacco armato, incluso l’uso della forza armata;
4) la necessità che la Russia risarcisca l’Ucraina per i danni causati: a tal fine i beni sovrani russi nell’Unione Europea sono stati immobilizzati. (Il piano di usare questi beni per finanziare l’Ucraina finora non è passato. La UE darà comunque a Kiev altri 90 miliardi di euro nei prossimi due anni traendoli dal suo bilancio, ossia dalle tasche di noi cittadini europei – NdR);
5) il forte sostegno all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.
I leader hanno ribadito che i confini internazionali non devono essere modificati con la forza e che le decisioni sul territorio spettano al popolo ucraino, e hanno convenuto che alcune questioni dovranno essere risolte nelle fasi finali dei negoziati. Hanno inoltre chiarito che qualsiasi accordo dovrà proteggere la sicurezza e l’unità a lungo termine dell’area euro-atlantica e il ruolo della NATO nel fornire una forte deterrenza.”
Mosca ha anzitutto chiarito che non accetterà in nessun caso lo schieramento di truppe occidentali in Ucraina, tantomeno nell’ambito della NATO. Il perché è chiaro: la ragione fondamentale per cui Mosca è intervenuta militarmente in Ucraina è che la NATO sotto comando USA si è estesa sempre più ad Est a ridosso del territorio russo e, con il colpo di stato del 2014, ha usato l’Ucraina per attaccare la Russia iniziando a colpire la popolazione russa del Donbass e della Crimea. Ciò che chiede oggi la Russia è non solo di riavere questi due territori (la Crimea è già rientrata nella Federazione Russa con un referendum), ma di non avere ai suoi confini forze militari occidentali, dotate anche di armi nucleari, facenti parte direttamente o indirettamente della NATO.
L’ultima rielaborazione del “piano di pace” rende impossibile la fine della guerra. Ma è proprio quello che vogliono le potenti cupole delle forze della guerra: quelle statunitensi che vogliono un’Europa lacerata e quindi ancora più sottoposta al dominio statunitense in campo occidentale; quelle europee, a partire dal complesso militare-industriale.
L’Unione Europea concede alla Germania il via libera sulla spesa per la Difesa. La Germania sfuggirà alle sanzioni della UE per aver violato le regole di bilancio grazie a un’esenzione sulla spesa per la Difesa, ha dichiarato la Commissione Europea. Esempio emblematico, non certo unico, quello dell’industria bellica tedesca Rheinmetall, che produce per la guerra in Ucraina proiettili di artiglieria di grosso calibro in quantità superiore a quella prodotta dall’intero settore della Difesa statunitense. Le azioni di Rheinmetall sono aumentate di circa 15 volte dal 2022, raggiungendo un valore di mercato di circa 80 miliardi di dollari, più o meno alla pari con le maggiori industrie belliche statunitensi Lockheed Martin e General Dynamics.
Contemporaneamente, per la prima volta nella sua storia, l’industria tedesca Volkswagen ha cessato la produzione di automobili in uno stabilimento tedesco, quello di Dresda inaugurato nel 2001, a causa del calo della domanda e degli elevati dazi imposti dagli Stati Uniti. Si prevedono di conseguenza forti riduzioni salariali e licenziamenti.
In tale situazione di smantellamento del diritto internazionale in questo e altri scenari di guerra, ritorna in primo piano la “legge della pirateria”: sempre più frequenti, nel Mar Nero e nel Mediterraneo, sono gli attacchi a petroliere russe effettuate con droni navali formalmente ucraini, di fatto NATO poiché per guidarli sugli obiettivi sono necessarie reti satellitari militari che solo la NATO possiede. La “legge della pirateria” vige anche nel Mar dei Caraibi, dove le forze navali statunitensi che assediano il Venezuela – il paese con le maggiori riserve petrolifere del mondo di cui gli Stati Uniti vogliono impadronirsi – abbordano e confiscano petroliere venezuelane.
Stessa situazione nell’Oceano Indiano, dove le forze navali statunitensi hanno abbordato e confiscato una nave carica di prodotti industriali cinesi destinati all’Iran, con la motivazione che essi avrebbero potuto avere un duplice uso civile e militare permettendo all’Iran di fabbricare missili peer colpire Israele. Contemporaneamente gli Stati Uniti annunciavano la decisione di fornire a Taiwan moderne armi per un valore di 11 miliardi di dollari, dirette contro la Cina.
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