Pace, diritti e dialogo: l’Europa cambi rotta sul conflitto armato. Ursula si tolga l’elmetto!
Pace, diritti e dialogo: l’Europa cambi rotta sul conflitto armato. Ursula si tolga l’elmetto!
di Laura Tussi
Chiedono innanzitutto la sospensione immediata dell’escalation sanzionatoria, come gesto di buona volontà necessario a riaprire canali di comunicazione con la Federazione Russa. Senza dialogo non può esserci una soluzione politica duratura al conflitto armato.
Allo stesso tempo, ritengono urgente che una parte dei fondi europei finanziati attraverso il debito comune venga vincolata esclusivamente a iniziative di mediazione internazionale, al sostegno dei movimenti pacifisti e nonviolenti e alla promozione di percorsi diplomatici credibili.
Ribadiamo inoltre la richiesta di cessare l’invio di armamenti. La sicurezza dei cittadini europei non può essere garantita dalla deterrenza nucleare né da guerre combattute per procura, ma da un impegno concreto per la de-escalation e la prevenzione dei conflitti armati.
In coerenza con questi principi, aderiamo e sosteniamo gli obiettivi della campagna internazionale “Object War”, promossa dalla War Resisters’ International (WRI) e da una rete di organizzazioni pacifiste europee.
Molti attivisti pacifisti chiedono all’Unione Europea di agire concretamente per garantire asilo politico e protezione immediata a disertori, obiettori di coscienza e attivisti che rifiutano di partecipare alla guerra in Russia, Ucraina e Bielorussia, esigere il rispetto del diritto all’obiezione di coscienza, sancito dalle convenzioni internazionali sui diritti umani, destinare risorse alla tutela delle persone e non alla fornitura di armi, sostenendo chi, con la scelta della nonviolenza, si oppone alla logica della guerra permanente.
Investire nella pace e nella protezione dei diritti umani non è un’utopia, ma una responsabilità politica. L’Europa deve tornare a essere un attore di mediazione e non parte dell’escalation sanzionatoria e nucleare, che rischia di normalizzare la guerra come strumento ordinario di gestione delle crisi internazionali. La campagna richiama l’attenzione sull’urgenza di contrastare la militarizzazione crescente delle società europee e di opporsi alla trasformazione dell’economia e delle politiche pubbliche in funzione bellica.
In questo quadro, i movimenti pacifisti sottolineano come l’aumento delle spese militari, giustificato in nome della sicurezza, sottragga risorse decisive a sanità, istruzione, welfare e transizione ecologica, aggravando le disuguaglianze sociali e minando la coesione democratica. Una sicurezza autentica non può fondarsi sulla paura e sulla minaccia, ma sulla giustizia sociale, sulla cooperazione tra i popoli e sul rispetto del diritto internazionale.
È necessario inoltre un impegno chiaro dell’Unione Europea per sostenere processi di negoziazione multilaterale sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Osce, rilanciando il ruolo del diritto internazionale e ripudiando ogni forma di doppio standard nella condanna delle violazioni dei diritti umani, ovunque esse avvengano.
La pace non è assenza di conflitto, ma costruzione paziente di relazioni fondate sulla fiducia, sull’ascolto e sulla responsabilità condivisa. Per questo l’Europa è chiamata a una scelta di fondo: non continuare a percorrere la strada della contrapposizione armata ma recuperare la propria vocazione originaria di spazio politico nato per scongiurare la guerra.
Cambiare rotta è possibile e necessario. Ascoltare le voci della società civile, dei movimenti pacifisti e di chi rifiuta la logica delle armi significa riaffermare il primato della politica sulla guerra e restituire all’Europa un futuro fondato su pace, diritti e dialogo.
Commenti
Posta un commento