Calano gli occupati e i laureati: proviamo a capirci di piu?

La edizione domenicale de Il Sole 24 Ore parla di professionalità non reperibili sul mercato del lavoro, migliaia di figure senza le quali il nostro paese sarà ulteriormente in affanno. Ma a guardare bene le professionalità mancanti si capisce bene che la responsabilità  di questa situazione è attribuibile al numero chiuso in numerose facoltà universitarie, al numero in continuo calo dei laureati in facoltà scientifiche (quelle interessate appunto dal numero chiuso), alla assenza di tecnici diplomati e successivamente formati nell'utilizzo delle nuove tecnologie.

In qualunque modo si voglia leggere la realtà un dato è ineludibile: in Italia ci sono pochi laureati, la formazione e l'aggiornamento sono a dir poco carenti, la famosa interazione tra scuola e lavoro è stata un fallimento come la cosiddetta alternanza.

A chi attribuire colpe e responsabilità se non alla classe politica e imprenditoriale del paese che hanno solo pensato a distruggere l'art 18 dello Statuto dei lavoratori e a ridurre il costo del lavoro?

E che altro dire degli scarsi investimenti in scuola e ricerca mentre in altri paesi europei si investivano quote rilevanti del Pil a queste voci?

In Italia manca la produzione industriale, i dati occupazionali di dicembre 2019 sono negativi, l'ulimo trimestre dell'anno passato ha visto il Pil vicino allo zero.Da metà 2018 ad oggi la produzione industriale è in evidente crisi,per quanto la nostra società sia sempre piu' legata ai servizi è evidente che senza industria non cresce l'economia e senza investimenti nella cosiddetta economia fondamentale le difficoltà aumentano. E la industria perchè non cresce? Perchè in Italia, per quanto ne dica Romano Prodi, hanno delocalizzato produzioni per 30 anni, disinvestito e indirizzato i capitali verso la rendita o gli utili da dividere tra gli azionisti senza reinvestirli in tecnologie e produzioni innovative. E citiamo Prodi perchè da sempre viene ascoltato come un vate quando inizia proprio con lui lo smantellamento dell'apparato industriale pubblico, sarebbe sufficiente questo dato a non considerarlo piu' una fonte di insegnamento (ricordiamolo alle smemorate sardine)

E fanno ridire le invettive sindacali contro il decreto dignità perchè il lavoro a termine da due anni resta l 17% del totale dei posti di lavoro creati mentre il potere di acquisto dei salari è sempre piu' stagnante.

Altro aspetto ridicolo è la distinzione tra tutele legali ed economiche, nell'arco di pochi lustri la classe lavoratrice ha perduto non solo innumerevoli tutele individuali e collettive ma alla fine gli ammortizzatori sociali sono stati pensati come misure di sostegno alle imprese e di conseguenza strumenti utili per non mandare sul lastrico tanti lavoratori e lavoratrici. Ma la riforma degli ammortizzatori sociali non puo' tradursi in una riduzione degli stessi per favorire bonus e incentivi individuali, magari a chi si dice disponibile a percorsi di riqualificazione.

Quello che serve è un discorso a monte, una azione incisiva sulle imprese e quello che manca è proprio l'indirizzo e il controllo statale dell'economia.

La latitanza dello Stato non ha favorito l'economia del paese, i ricchi hanno accresciuto la loro ricchezza e i poveri sono diventati sempre piu' poveri, nel frattempo la produzione industriale è calata e i posti di lavoro creati sono per lo piu' part time e a tempo determinato.

Se non si parte da questi dati andremo poco lontano rischiando di essere risucchiati nella vulgata padronale per i quali meno stato significa appunto maggiore ricchezza per loro e miseria per noi tutti\e

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