Perchè crescono i contratti con sempre meno tutele?

Leggiamo dell'aumento di contratti nazionali ed individuali con sempre meno tutele e la responsabilità sarebbe attribuibile al Decreto dignità.

L'uso del condizionale è d'obbligo, anzi noi siamo certi che ben altre siano le cause della riduzione di tutele nei luoghi di lavoro, ad esempio il ricorso spasmodico alle deroghe ai contratti nazionali su materie rilevanti come gli orari.

Se il costo a tempo determinato è accresciuto la causa va cercata altrove ossia nel fatto che l'economia non tira, lo Stato disinveste e la produzione industriale sta al palo, poi tra le cause reali  del problemacome non ravvisare la precarizzazione del lavoro e la tendenza , padronale, di sostituire i full time a tempo indeterminato con contratti a tempo e part time?

Non puo' quindi addebitarsi al Decreto dignità la causa di problemi gravi che affondano le radici nella storia del capitalismo italiano dai primi anni novanta ai nostri giorni.

Molte professionalità oggi sono state progressivamente emarginate dal mercato del lavoro relegandole al lavoro somministrato, ai contratti ultra precari e flessibili. Chi perde lavoro ha poche opportunità di ritrovarlo nei 12 mesi successivi, la formazione latita e solo figure ultraspecializzate possono avere un "mercato".

Prendiamo i dati Inps relativi al 2019, sono aumentate le assunzioni stagionali (+13,5%) e quelle intermittenti (+7,0%), dopo anni di esponenziale crescita calano invece i contratti a tempo determinato (-7,9%) e in somministrazione (-27,8%).

Non sarà il caso allora di chiederci quali siano i contratti con minori tutele? I contratti nel corso del tempo hanno scambiato aumenti salariali con misure di welfare aziendale, i premi aziendali subiscono un regime fiscale agevolato ma sovente introducono aumenti dei ritmi e dei tempi di lavoro . 
La stessa definizione di tutele andrebbe ripensata alla luce del fatto che innumerevoli tutele non sono piu' tali anche dentro rapporti di lavoro subordinati e a tempo indeterminato dacchè la precarizzazione del lavoro ha colpito tutti\e.

L'aumento del nero, rilevabile dai dati ispettivi, non è legato ai limiti imposti al tempo determinato, il nero è sempre stato presente e poco combattuto come dimostra il numero degli ispettori che dovrebbero vigilare e non possono farlo perchè sono ridotti all'osso.

Eppure nonostante i minori controlli e il crollo del numero degli ispettori crescono proprio i lavori in nero piu' delle altre irregolarità riscontrate nelle aziende (per esempio i contratti individuali non rispettati con continui ricorsi allo straordinario anche oltre i tetti previsti, i part time che poi lavorano come se fossero a tempo pieno).

 La soluzione del problema, se soluzione possa esistere, non sarà quella di tornare  a favorire il tempo determinato ma ripensare in toto le politiche contrattuali. Noi siamo convinti che gli accordi di secondo livello siano sempre piu' finalizzati a strappare condizioni di lavoro e di vita favorevoli ai padroni, nei contratti nazionali vanno cancellate tutte le deroghe possibili e rinviabili alla contrattazione aziendale, il numero degli ispettori e dei controlli per appurare irregolarità non possono che aumentare rivendendo anche il sistema sanzionatorio per le imprese inadempienti.

Le risposte non possono quindi essere quelle di addolcire i sistemi di controllo ma andare invece in direzione opposta. Quanto poi ai contratti individuali, il tempo determinato, in Italia, per tanti anni ha rappresentato una consistente parte degli occupati, la stagionalità dilatata nei contratti oltre ogni limite ammissibile. La colpa della assenza di tutele non sarà del decreto dignità ma della atavica ricerca di risparmiare su formazione, costo del lavoro, sicurezza e salute della forza lavoro, vecchie e sempre forti abitudini del capitalismo italiano


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