Le penalizzazioni salariali imposte al personale precario della scuola italiana

Si scopre la esistenza dei precari nella scuola dopo mesi nei quali si raccontava che, attraverso le ultime assunzioni in ruolo, gli organici a tempo indeterminato rappresentavano quasi la totalità della forza lavoro.


Bruxelles ha da tempo criticato il reitero dei contratti a tempo determinato per gli insegnanti supplenti oltre i 36 mesi di durata, la Commissione Ue  aveva già contestato apertamente la discriminazione salariale dei supplenti rispetto ai docenti di ruolo.

Non si tratta solo di una questione di pari trattamento salariale e ascrivibile alle rivendicazioni proprie del sindacato e della contrattazione, se l'Italia dovesse equiparare tra precari e non gli scatti di anzianità evitando l'ennesima condanna della Ue, i costi a carico dello Stato sarebbero notevoli e tali da rimettere in discussione la manovra di Bilancio.

Ancora una volta le discriminazioni sul lavoro tornano a galla e confermano che i diritti inalienabili vengono sovente calpestati in nome della tenuta della Finanza pubblica come avvenuto con il differimento del Trattamento di fine servizio per il personale della Pubblica Amministrazione.

Ad oggi abbiamo circa 165mila insegnanti precari (dati Ministeriali), ma i numeri reali sono di poco sopra 200 mila unità.

Il mancato riconoscimento della  progressione salariale per il personale precario rappresenta una delle ferite mai emarginate nel mondo della scuola, ora ce lo dice perfino la Ue ricordando gli abusi dei contratti a tempo che riguardano personale docente e non docente. 

E non è casuale che il Governo miri a potenziare i contratti a tempo determinato eliminando lacci e lacciuoli per il suo contenimento


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