Engels viandante socialista
Engels viandante socialista
di Tiziano Tussi da www.resistenze.org
Per il 200° anniversario della nascita di Friedrich Engels (28/11/1820-05/08/1895) un aspetto inconsueto della sua vita.
"La tua idea della felicità?" - "Châteaux Margaux 1848". Botta e risposta della Confessione di Engels, ritrovato in un album di Jenny Marx, la prima figlia di Karl Marx. La Confessione era
una serie di domande che gli studenti facevano ai loro parenti. Domande
secche, le risposte dovevano esserlo altrettanto. La felicità di Engels
risiede in un vino francese di ottima annata. Naturalmente il tutto è
ironico.
Questa era la sua idea della felicità. Un'altra idea era
quella di potersene andare in giro come un viaggiatore qualunque. Cosa
che non gli riuscì molto, almeno dopo gli anni '40. Friedrich Engels
molto presto cominciò una vita sociale pubblica, scrivendo su giornali e
riviste di critica e di radicale spirito politico. Alcuni di questi
scritti riguardano appunto i suoi viaggi e le impressioni che ne
ricevette. È questo il tema che tratteremo in queste righe, usando il
titolo di un libro che raccoglie alcune di queste corrispondenze,
lettere e riflessioni pubblicate o private, dal suggestivo titolo di "Viandante socialista". Così lo possiamo concepire.
In
questo testo vengono raccolti, a cura di Nicolao Merker, passi di
scritti che ci rendono la voglia di Engels di godere della vita, anche
viaggiando. Con in mente il vino, ricordato anche nella Confessione, possiamo riconsiderare alcuni aspetti del suo andare in giro.
Naturalmente
non è un gironzolare neutro, soltanto per vedere, ma il vedere si
accompagna, quasi sempre, al di là del godimento visivo e paesaggistico,
ad osservazioni che ci rendono edotti del luogo da un punto di vista
sociale ed anche politico. Certo le osservazioni esistenziali vi hanno
un peso non di secondo piano, ma ben si amalgamano colle altre,
ricordate sopra. Anche se a volte Engels fatica a separare i due aspetti
e forse li vorrebbe vivere senza predominio della parte politica su
tutto il resto: "A Vienna ho dovuto fare per due volte la mia comparsa
di fronte al partito."[1] E
la nota corrispondente, nel testo che usiamo, dice: "L'11 e il 14
settembre [1893, n.d.r.] si erano svolte a Vienna , organizzate dai
socialdemocratici austriaci, rispettivamente una festa in onore di
Engels con 600 partecipanti e un'assemblea di 2.000 persone …e Engels
prese la parola." Pochi anni prima, nel 1888, compie un viaggio negli
Stati Uniti. Scrive, nelle lettere che manda dalla sua destinazione,
soprattutto a Laura, seconda figlia di Marx: "… è stato necessario
tenere nascosta la cosa, [il suo viaggio, n.d.r.] …al fine di sfuggire
…agli intervistatori della Gazzetta del popolo di New York…come
pure all'affettuosa sollecitudine dei socialisti tedeschi di New
York…questo rovinerebbe infatti tutto il piacere del viaggio…Voglio
vedere, non predicare…"[2]
Cerchiamo
ora di mantenere un ordine cronologico per apprezzare gli
approfondimenti sociologici ed esistenziali dei resoconti di viaggio di
Engels. Cominciamo da Engels in giovane età. Anche se dobbiamo tenere
presente il secolo, la prima metà del 1800, e la percezione da dare alle
età di uomini e donne in quel tempo.
Già molto giovane, a 19
anni, Engels descrive i luoghi in cui è nato, in cui vive, in cui ha
studiato, finché il padre lo ha lasciato fare, ed in cui lavora, come
luoghi asfissianti, siamo nell'odierna Wuppertal, nella Renania
settentrionale. La città di oggi è una moderna fusione, dal 1929, di
cittadine preesistenti, tra le quali Barmen dove Engels nacque, e
Elberfeld, dove studiò. Ecco come le descrive, nella situazione
abitativa e lavorativa delle classi popolari: "Il lavoro in ambienti
bassi, dove la gente respira più esalazioni di ossido di carbonio e
polvere che ossigeno, e per lo più a partire dall'età di sei anni, è
fatto apposta per togliere loro ogni forza e ogni gioia di vivere…Chi
tra questa gente non cade in mano al misticismo, cade in preda
all'alcolismo." Qui Engels se la prende particolarmente, in questo come
in altri numerosi passaggi, con il pietismo delle sue zone d'origine e
con il comportamento del padre, conforme alla situazione imperante:
"…le poche figure che si vedono vigorose laggiù sono quasi solo
falegnami o altri artigiani…tra i conciatori tre anni di quella vita
sono sufficienti ad annientarli fisicamente e intellettualmente; tre
uomini su cinque muoiono di tisi e tutto ciò deriva dall'alcolismo.
…sifilide e malattie di petto hanno una diffusione incredibile…solo a
Elberfeld su 2500 bambini soggetti all'obbligo scolastico, 1200 vengono
sottratti all'istruzione e crescono nelle fabbriche …Mai ricchi
fabbricanti sono di coscienza larga e le anime dei pietisti non
finiscono all'inferno se rovinano un bambino in più o in meno, specie se
tutte le domeniche essi vanno due volte in chiesa."[3]
La
descrizione fa il paio, per il percorso che stiamo seguendo, con quella
che troviamo in una lettera alla sorella Marie del 7 luglio de 1840 e
che riguarda il viaggio che gli emigranti tedeschi compivano verso gli
Stati Uniti d'America: " …stanno tutti insieme sottocoperta… Là
giacciono tutti, uomini, donne, bambini …spesso vi si trovano 200
persone…Vi è già un'aria soffocante."[4] Riprende, sempre per questa analisi che stiamo seguendo, lo stesso argomento in una corrispondenza alla Gazzetta del mattino per lettori colti il
20 agosto 1841: "Ma la sotto è terribile, citarono tutti i miei
accompagnatori… Là sotto giaceva la canaglia che non ha abbastanza
denaro per spendere novanta talleri nella traversata in cabina, il
popolo, davanti al quale non ci si toglie il cappello…"[5]
Nella
stessa lettera un colore di internazionalismo, ricordiamo che Engels ha
21 anni:" In questi giorni ho conosciuto uno che ha il padre francese
nato in America e la madre tedesca, lui è nato sul mare e come sua
lingua abituale, dato che abita in Messico, parla spagnolo. Qual è
allora la sua patria?"[6]
Il
binomio misticismo e alcolismo ritorna in un'altra corrispondenza poco
dopo: "...chi vuole veramente conoscere questa genia, deve entrare in
una fucina o una calzoleria di pietisti. Là siede il mastro, a destra ha
la Bibbia, a sinistra, almeno molto spesso, l'acquavite."[7] Questi ultimi scritti il diciannovenne Engels li invia al Telegraph für Deutschland (Telegrafo
per la Germania) nella primavera del 1839. Il pietismo, piaga
teorico-pratica che Engels aborre, appare pure nelle scuole della
regione di cui Engels da conto, e quelle religiose sono, in rapporto a
quelle pubbliche, più limitate nell'insegnamento che arriva solo, oltre
alle competenze basilari - leggere, scrivere e fare di conto - ad
"imprimere nella testa dei loro scolari solo il catechismo…"[8] La
religione è il luteranesimo ancora più chiuso della versione originale,
in forma pietistica, un comportamento tendente all'espiazione
permanente che doveva caratterizzare tutta la vita del pio cristiano.
Ma
spesso nelle sue lettere Engels scrive di aspetti sociali sconvolgenti
dal punto di vista di condanna della disgraziata vita sociale delle
classi più povere. In una lettera alla sorella del 28 agosto 1938,
addirittura un anno prima del periodo che stiamo considerando, 18 anni,
dopo i saluti e le domande per la salute di due sue cugine, irrompe con
queste parole: "Anche qua, [nella città di Brema, n.d.r.] è appena
successa una disgrazia, un imbianchino - il secondo in otto giorni - è
caduto dalle tavole ed è morto sul colpo."[9] E
la nota di Merker di riferimento ci dice che i morti per lavori affini,
era anche nei decenni successivi, a Berlino, erano di un muratore su
sette.
Colpisce in queste corrispondenze specialmente una, che viene pubblicata dalla Gazzetta del mattino per lettori colti,
che abbiamo già citato; questa è del 18 agosto 1841. In poche
pennellate, durante una gita al porto di Brema, che dista dalla città
molte ore di navigazione, Engels descrive la società di quella città con
accurata precisione. Pare di vederli, quegli uomini e quelle donne. La
descrizione risaliva all'anno precedente ma è utile in qualsiasi tempo:
"Autentici Borger[10] bremesi…
formavano il nucleo della compagnia, c'erano ugualmente in massa,
bottai, emigranti, artigiani; qua e là stava un uomo della Borsa che,
appartenendo alla buona società, si teneva in disparte dalla folla, e
dappertutto si vedevano la scacchiera di una città commerciale…i
contabili che si dividono a loro volta in commessi, primi apprendisti e
novizi."[11] La descrizione poi si specifica ancora di più, descrivendo i particolari servizi di queta triade di lavoratori del commercio.
Dobbiamo
anche dire che oltre all'attenzione sociologica e a quella
paesaggistica, Engels era attratto dall'apprendimento delle lingue e dei
dialetti. Infatti, ne conosceva molte[12] ed
aveva un sistema particolare nell'apprenderle: "Per imparare una lingua
…ecco il metodo che ho sempre seguito: non occuparmi di grammatica
(eccetto le declinazioni e le coniugazioni e i pronomi) ma leggere, con
il dizionario, il più difficile autore classico che poteva trovare. Così
l'italiano ho cominciato col Dante, Petrarca e Ariosto, lo spagnolo con
Cervantes e Calderon, il russo con Puskin. Poi ho letto i giornali …"[13]
Verso la maturità e la vecchiaia i viaggi di Engels si colorano di più di godibili particolari.
Già
da giovane a Brema, nelle lettere che scrive alla sorella e in alcuni
disegni, che appaiono nel testo che stiamo usando, una sorta di
florilegio di suoi scritti, sembra particolarmente felice quando può
bere buona birra e fumare ottimi toscani: questo taglio frizzante
diventa sempre più presente nei viaggi da uomo maturo/vecchio.
Engels
non disprezzava il vino, come abbiamo visto della sua idea di felicità,
ricordata all'inizio di questo scritto. Sulla Francia aggiunge, da cui
quel vino ha origine, in un manoscritto del 1848, pubblicato postumo da
Kautsky sul finire del secolo: "Ma la Francia!...a nord il frumento, a
sud il granoturco e il riso…l'olio, la seta…e quasi dappertutto il vino.
E che vino! Che diversità, dal Bordeaux al Borgogna…e da questo al
frizzante Champagne! Che varietà di bianco … e si pensi che ognuno di
questi produce un'ebrezza diversa…" [14]
Ma
non è il consumo di vino che gli impedisce di essere assolutamente
realista circa la situazione dei contadini ed operai francesi. Siamo
sempre nella provincia francese, in questo caso a Dampierre:
"…l'isolamento (degli operai parigini, per lavoro, in un piccolo
villaggio, n.d.r.) li aveva completamente incanagliti. Non c'era segno
che si occupassero degli interessi della loro classe, nelle ore libere
si dilettavano a scherzare con le contadinelle …sembra non leggessero
più nessun giornale…Stavano già per rusticizzarsi ed erano lì da soli
due mesi."[15]
Ma
col passare del tempo, quando viaggiava per interesse personale non
voleva proprio avere rapporti politici con organizzazioni politiche e
cercava di mantenersi su un terreno di godimento esistenziale completo.
Anche se abbiamo già visto sopra che a Vienna lo coinvolsero, nel 1993,
con discorsi e partecipazioni pubbliche. In quella situazione, non
poteva fare a meno di notare, e lo fece con piacere, la solidità del
movimento socialdemocratico austriaco, che gli sembrava prendere sempre
più piede e sopravanzare quello francese: "E se i nostri francesi non
stanno attenti, gli austriaci possono anche soppiantarli. Essi (gli
austrici, n.d.r.) sono una razza mista …riunendo così nel proprio sangue
le tre principali razze europee (tedeschi, nordici e slavi, n.d.r.). … A
meno che Parigi non badi a quello che fa, può essere Vienna a dare il
segnale della prossima rivoluzione. Questa gente mi piace molto…" Ma
poco sopra scriveva anche: "… ho fatto saper loro che non ci ritornerò
che con l'impegno scritto che mi si permetterà di viaggiare come un
privato. Ad ogni modo mi hanno accolto ovunque in maniera più che
splendida…"[16]
Gli
ultimi viaggi si indirizzano soprattutto verso il Nord dell'Europa.
Uno, particolarmente lirico lo vede in Norvegia. Vi sono alcune sue
lettere private, in special modo indirizzate alla figlia di Marx, Laura,
che lo attestano: "Egli inoltre per aver vissuto a lungo nell'incanto
delle coste del Mar del Nord, era rimasto in fondo un uomo nordico, e
mai si recò nei paesi meridionali anche dopo essersi stabilito in
Inghilterra. Trascorreva generalmente le sue ferie annuali su spiagge
inglesi, di preferenza a Eastbourne e perfino in età avanzata intraprese
lunghi viaggi: nel 1888 «fece un salto» negli Stati Uniti e nel
Canada…nel 1890 visitò…tutta la Scandinavia sino a Capo Nord."[17]
Quindi
un viaggiatore molto assiduo, a cui piacciono i luoghi, le persone e
soprattutto le donne, in specie quelle impegnate, rivoluzionarie, lo
affascinano. Questo potrebbe essere un altro capitolo da raccontare, in
futuro. Nelle sue corrispondenze vi accenna con molta grazia.[18]Nelle occasioni dei suoi viaggi coglie aspetti sociali e politici, ma il piacere di un girovagare, appunto da viandante,
lo colpisce ed interessa in grande modo. Sempre con occhi bene aperti
sulle situazioni che attraversa e colpito dalla bellezza dei luoghi e
della natura, così come dal lavoro dell'uomo che in quella natura vive.
Note:
[1] Friedrich Engels, Viandante socialista, a cura di Nicolao Merker, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1993, p. 290.
[2] Friedrich Engels, cit., p. 304.
[3] Friedrich Engels, cit., p. 64-65.
[4] Friedrich Engels, cit. p. 103.
[5] Friedrich Engels, cit., p. 156.
[6] Friedrich Engels, cit., p. 104.
[7] Friedrich Engels, cit., p. 65-66.
[8] Friedrich Engels, cit., p. 77.
[9] Friedrich Engels, cit., p. 93.
[10] Borghesi
[11] Friedrich Engels, cit., p. 150-151.
[12]
[13] Citato in Gian Mario Bravo, Marx ed Engels in Italia. La fortuna gli scritti le relazioni le polemiche, Editori Riuniti, Roma, 1992, p. 28.
[14] Friedrich Engels, cit., p. 243-244. Il passo riportato elenca numerosi altri vini, naturalmente.
[15] Friedrich Engels, cit., p. 253.
[16] Friedrich Engels, cit., p. 292-293.
[17] Gustav Mayer, Friedrich Engels, la vita e l'opera, Einaudi, Torino, 1969, p. 288.
[18] Solo
una chicca. In una lettera a Turati del 6 giugno 1893, che tratta altra
cosa, ricorda questo aneddoto accadutogli cinquant'anni prima, a
Bellagio:" Bella tosa, damm un basin - domani! - "Riportata in Gian
Mario Bravo, cit., p. 261.
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