Tutti bravi, belli e buoni. Lo sbriciolamento del curriculm scolastico
Tutti bravi, belli e buoni. Lo sbriciolamento del curriculm scolastico
di Tiziano Tussi da www.resistenze.org
La
pandemia in corso ha messo in evidenza tutte le storture sociali di cui
siamo affetti. La scuola ha fatto un bel bagno di inveramento. Tutti i
guai si sono amplificati e continuano ad imperversare anche in queste
settimane, mesi. Ma c'è chi si ostina a discuterne i guasti, direi
secolari, e proporre una sua ricetta anarco-cattolica. Il numero di
settembre della rivista emmeciquadro, rivista trimestrale on
line, ospita una lunga intervista a Giuseppe Bertagna, uomo di qualche
conoscenza a livello scolastico-pedagogico. È stato, tra l'altro,
consigliere della ministra della Pubblica istruzione Letizia Moratti di
infausta memoria, dirige nuova secondaria, è ordinario di
Pedagogia a Bergamo. Insomma, un uomo pubblico conosciuto ed ascoltato
specialmente da una parte del mondo scolastico. Ma vediamo i perché di
tanta audience.
Nella sua intervista spazia tra proposte già fatte, ma, secondo lui, ancora più cogenti oggi, in epoca covid-19.
I
punti toccati sono veramente tanti. L'insistenza con la quale ripropone
risoluzioni per ogni aspetto che tocca l'acculturazione, da circa
vent'anni lasciano stupiti per l'inossidabilità delle proposte e delle
analisi. Vediamole. Usando la dicotomia di baconiana memoria (Francesco
Bacone, 1561-1626) dopo la parte distruttiva - pars destruens - arriva a
quella costruttiva -pars construens. "[La scuola oggi] è una potente
macchina dissipativa delle eccellenze e dei talenti che ogni persona
porta con sé…" Per chi usi pregiudizi, nel senso positivo che
attribuisce loro Gaetano Salvemini, si può già capire dove si andrà a
parare.
Sostenere che ognuno di noi ha eccellenze da proporre
significa porsi su un terreno escatologico. Siamo tutti figli,
eccellenti, per forza, di Dio e perciò esprimiamo già nella nostra
esistenza una unicità che merita di essere scoperta e valorizzata.
Naturalmente non possiamo essere d'accordo. È solo la storia e
l'appartenenza ad essa che misura la nostra elevatezza. Basti ricordare,
ad esempio, un'affermazione di Mao Zedong sulle morti: Ci sono morti
pesanti come montagne e morti leggere come piume. Logicamente i morti
prima di essere tali erano vivi. Ma non insistiamo sul piano classista e
vediamo come naturalmente, cioè per gli uomini, storicamente, la vita
divide gli esistenti in grandi categorie e non tutte sono eccelse. Non
siamo figli di Dio ma delle nostre azioni in vita, storicamente
definibili. E quindi non basta la buona volontà - uomini di buona
volontà - per arrivare, ognuno e tutti a livelli sublimi. Ma Bertagna,
all'opposto, come descrive la possibilità di questo cammino, per lui
possibile: "... si può favorire la diffusione di quella «originalità
personale» di tutti che … costruisce una società aperta, accresce …la
qualità complessiva della vita culturale, sociale e economica e permette
di superare con positiva imprenditorialità gli ostacoli e le
avversità…" Ecco il riferimento che conta: imprenditorialità. Ognuno può
essere imprenditore si sé stesso. Tutti possono arrivarci. È necessario
però frequentare la scuola giusta, che sappia cogliere questa realtà.
In primis occorre definire con la definizione di Liceo ogni ordine scolastico, quasi fosse una questione terminologica pura.
Tutti
licei e tutti liceali quindi. Basta con i Professionali, gli Istituti
tecnici e similari. Tutti Licei e poi largo alla scuola pubblica, ma
attenzione, anche la scuola privata è pubblica in un sistema scolastico,
pagato dallo stato "…che riconosca non a parole ma nelle pratiche
sociali - tradotto soldi ndr - il principio di libertà di scuola e della
parità tra scuole pubbliche siano esse statali o non statali…" Ma non
si ferma qui, non solo le scuole private che diventano pubbliche per il
solo fatto di esistere ma anche " autonome articolazioni territoriali
espresse dalla società civile (reti di famiglie, cooperative,
fondazioni, enti e privati) ... ciò significa avvalorare al massimo
grado l'autonomia delle istituzioni scolastiche sia statali sia a
maggior ragione non statali e garantire il pluralismo istituzionale".
Quindi
anche le scuole-famiglia. Ora poi con la didattica a distanza si
insegna arrivando nelle case, ma mai si era pensato alla didattica dalla
casa. Negli Stati Uniti questa è già una realtà, che viene gestita da
gruppi di integralisti, integralisti in ogni cosa, che rivendicano la
superiorità WASP (White-Anglosaxon-Protestant) statunitense, contro ogni
altra presenza aliena: immigrati, neri, comunisti ecc. ecc. In Italia
sembra un po' un'invenzione marziana, ma è veramente poco probabile che
anche queste, diciamo così, scuole, potrebbero adottare il titolo di
Liceo: Liceo Rossi, oppure Bianchi, citofonare al terzo piano, scala B?
Si
arriva comunque alla parcellizzazione della cultura, allo
sbriciolamento del sapere, all'esaltazione della rete, del resto da casa
cosa vuoi fare, che sostituisca la dura fatica dello studio: "…è stato
pure un errore clamoroso …non aver capito dall'inizio, cioè dal 2001,
l'importanza di internet (una delle tre "i" del programma riformatore
della Moratti)". Qui è da ricordare che le tre "i" sono state proposte
da Silvio Berlusconi in uno dei suoi tanti passaggi elettorali, con
manifesti spropositati per pubblicizzarle - inglese, impresa,
informatica.
Per i tradizionalisti che volessero ancora
frequentare le scuole, come organizzarle? Bertagna propone anche qui uno
sbriciolamento della classe e dei livelli scolastici per non dover
avere studenti chiamati "a seguire per tot anni la successione di
insegnamenti nella stessa classe in una sezione" della scuola. Ma
occorre fare leva sulle capacità di aggregazione giovanile e perciò
necessita "la personalizzazione dei percorsi formativi". Gli insegnanti
si debbono trasformare un gouverneur- tutor, che pressappoco
significa babysitteraggi di accompagnamento. Naturalmente tutta
l'intervista è punteggiata da anglicismi inutili per la comprensione di
quanto affermato ma che fanno tanto fino e ci fanno capire che
l'intervistato conosce le lingue straniere, l'inglese in definitiva. Il
docente, una pseudo mamma amorevole, deve accompagnare lo studente, ma
non si chiamerà più così, vero, verso il suo perfezionamento personale.
Bertagna si serve in diversi passaggi di Rousseau e della sua visione
pedagogica, tanto utile per questa sua analisi come tanto inutile per la
sua applicazione. Rousseau giocava in Svizzera e non in uno stato più
ampio. Giocava con tenacia sul piano teorico che era possibile, forse,
adattare a piccoli complessi sociali, non a grandi agglomerati urbani.
In ogni caso è il contesto rousseauiano è ben diverso da quello
successivo ed alla formazione degli stati nazionali e sovranazionali
europei, e comunque inadatto ad un respiro molto più allargato in
termini sociali.
Ma certamente Bertagna non è il fautore del piccolo è bello
ma dell'esaltazione della totalità di vita: "L'epistemologia della
complessità, la globalizzazione con i suoi limiti e le sue virtù,
l'avvento delle nuove tecnologie … le promettenti prospettive
dell'intelligenza artificiale … avevano già alla fine del secolo scorso
messo in discussione radicale il tradizionale modello ordinamentale e
organizzativo del nostro sistema di istruzione e formazione." Siamo un
bel po' lontani da Rousseau, ma tant'è, tutta l'intervista vaga da punti
distanti tra loro. La difficoltà di tenere assieme tutto quanto è
evidente. Ognuno può arrivare là dove brilla la luce della verità, per
tutti.
Certo le università dovrebbero adattarsi a questa
formazione tutoriale degli insegnati, che non si potranno più chiamare
così, insegnanti. Una utopia sembrerebbe una utopia. Invece il tutto è
molto più comprensibile se si pensa che anche l'alternanza scuola
lavoro, tanto discussa e tanto inutile, così come viene spacciata ora
dall'istituzione scolastica, viene esaltata in ogni caso. Certo non così
come ce la sta cucinando la scuola della ministra Azzolina e di quelle
prima di lei, visto che la disoccupazione giovanile è sempre alle stelle
in Italia, anche dopo la sua introduzione a scuola. Occorre, per
Bertagna, invece "praticare la metodologia dell'alternanza scuola
lavoro, anche con la formalizzazione di stage e tirocini nelle imprese e
nel sociale…". Non parla di retribuzioni e si dimentica di quelli che
studiano a casa, che non potrebbero forse avere molte possibilità.
Chiudiamo
con la presenza, nell'intervista, della differenza tra competenze e
conoscenze. Una differenza veramente asinina - raglio d'asino - dato che
non si è mai letta una spiegazione della lontananza tra i due aspetti.
Come sia possibile conoscere senza il fare? Forse solo gli eremiti taoisti lo possono mettere in pratica - pensare il nulla, fare nulla - e fare senza conoscere,
impossibile. L'intreccio del sapere e del saper fare determina il
nostro stare al mondo. Solo menti manichee - bene/male-fare/sapere -
possono pensare seriamente a queste amenità.
Termina l'intervista con queste parole: "gli studenti avranno sempre più bisogno di docenti governueur-tutor
e di relazioni umane familiari, sociali e professionali profonde,
significative, orientative e costanti nel tempo che non lasceranno più
spazio ad una lettura impiegatizia e custodiale dell'esperienza
scolastica e della funzione docente. "
Una galleria di
contraddizioni e noi ne vediamo solo una ultima. La rete, i cellulari ed
altri strumenti informatici che si collegano tra loro e retano sempre
collegati hanno bisogno di minerali per il loro funzionamento. Il Coltan
ad esempio. Spero che Bertagna abbia pensato anche all'eccellenza dei
bambini che lo estraggono a mani nude in Africa, nel Congo, e che
permettono poi alle altre eccellenze che li usano in Italia, nel mondo.
Ogni eccellenza ha pari dignità, dice l'intervista. Ed allora, Bertagna, che fare?
Alzare
ogni tanto la testa al cielo della effettiva realtà sociale, così
variegata, nelle sue disparità, farebbe bene a tutti anche a chi ha
svolto il compito di consigliere ministeriale.
Commenti
Posta un commento