Quali sono le vere sfide da accogliere? A proposito di semplificazione.....
Esiste un partito trasversale che mette insieme destra e sinistra (o presunti tali), padroni e sindacati concertativi, tutti concordi nell'invocare fondi Ue per superare la crisi pandemica.
Siamo comunque in presenza di cambiamenti epocali che non avrebbero avuto certo bisogno di oltre 50 mila da covid, verrebbe quasi da credere che i processi di ristrutturazione siano stati accelerati dall'elevato numero di decessi e contagi.
Ma bisogna guardare oltre l'apparenza delle cose, quando si parla di lavoro in modalità agile sarebbe bene conoscere i numeri effettivi della forza lavoro in smart e le loro condizioni salariali e lavorative, quando si invoca la digitalizzazione toccare con mano l'arretratezza della Pubblica amministrazione, se si discetta sulla stagione teatrale in streeming verificare il numero dei lavoratori a spasso o dei teatri in grado di offrire un cartellone fruibile stando seduti a casa.
La grande sfida riguarda il vaccino anti covid ma una sfida ancora piu' importante non è stata accolta: assicurare il diritto alla cura e alla istruzione alla nostra società riaprendo gli ospedali chiusi e aumentando i posti letto, prevedendo un grande piano per formare e mettere in ruolo personale sanitario da qui ai prossimi dieci anni magari rimuovendo l'insano numero chiuso.
In Italia il Cnr avrebbe bisogno di investimenti seri non per costruire percorsi di ricerca destinati ad essere sfruttati, a fini industriali, da soggetti privati, il Cnr dovrebbe essere il motore per il nostro paese ma senza investimenti, tecnologie all'avanguardia, sedi attrezzate e ricercatori pagati decentemente non andremo lontano.
Un piano industriale e della ricerca pubblico, un piano dedicato all'ammodernamento, alla sanità e all'istruzione sono forse tabu?
Lo sono se continuiamo a ragionare nei termini liberisti, con la politica dei bonus e con la ricerca funzionale al privato, se pensiamo ad un pubblico che rinuncia a priori ad ogni atto di indirizzo, controllo a fini sociali. Il nostro futuro, a detta di molti,. dovrà essere digitale, efficiente e moderno, difficile crederci se pensiamo alle condizioni in cui versa la nostra sanità, quasi impossibile se pensiamo che nelle regioni del Sud un terzo degli studenti è privo di rete e di pc per collegarsi alle lezioni, se guardiamo alla fibra non ancora arrivata in molte aree del paese, se pensiamo ai servizi pubblici attuali o alle liste di attesa per una visita o una operazione.
Ci raccontano balle sulla modernità e sulla tecnologia quando l'uso che ne viene fatto è a esclusivo appannaggio del capitale con lo Stato ridotto al ruolo di garante dei profitti altrui.
La ministra Dadone descrive la Pubblica
amministrazione come infrastruttura nodale della nazione, pensa che la burocrazia non possa costituire più
un alibi per nessuno, ma dovrebbe prima spiegarlo alle migliaia di lavoratori che hanno atteso mesi prima di ricevere gli ammortizzatori sociali perchè l'Inps non aveva personale e strumenti per accelerare le pratiche, dovrebbe spiegarlo ai cittadini che impiegano una giornata per il rilascio della carta di identità non certo per colpa del personale della Pa che non sta a casa, come qualcuno dice e scrive, inattivo ma pagato dai contribuenti.
Il sindacato accetta la sfida delle nuove
competenze e della digitalizzazione ma prima di tutto bisogna capire quali siano i fini di questi processi. Abbattere le disuguaglianze o alimentarle? Eliminare la precarietà contrattuale ed occupazionale o mascherarla sotto nuove forme? Acquisire nuove conoscenze o esigere sempre piu' mansioni e prestazioni a costo zero? Recuperare la dignità salariale o perdere potere di acquisto? Potenziare educazione e sanità pubblica o favorire quella privata? Accrescere la democrazia e la libertà nei posti di lavoro e nella società o costruire un clima di paura e repressione?
Non accettiamo frasi tipo ; con la performance miglioreremo i servizi perchè qul presunto merito è solo servito a dividere la forza lavoro, la Pa piu' vicina ai cittadini nasce rimuovendo l'equivoco di fondo ossia che lo Stato finanzi i soggetti privati e i loro profitti.Semplificazione non significa minori controlli da parte del pubblico come invocato per decenni dalle liberalizzazioni,semplificare puo' essere utile e necessario se non cadiamo nell'equivoco di lasciare piena libertà di azione a soggetti interessati solo a far crescere i profitti o a ridurre il ruolo e gli spazi dei servizi pubblici per accaparrarsene, a costi maggiorati, gli spazi e il business come avvenuto con le esternalizzazioni\privatizzazioni per decenni che ci hanno restituito servizi peggiori e una forza lavoro sottopagata. Anche questa è la sfida della semplificazione, farla finita con la logica degli appalti al ribasso favorita dalle varie spending review.
Lavoreremo con sollecitudine anche alla predisposizione di un Catalogo delle procedure, diretto a uniformare i regimi amministrativi, eliminando incombenze e autorizzazioni non necessarie, scrive il Ministro Dadone e subito pensiamo alle autorizzazioni urbanistiche concesse senza controlli e senza guardare ai piani paesaggistici giusto a preservare il nostro territorio, pensiamo ai lavori di manutenzione di strade, alla salvaguardia idrogeologica che necessita di investimenti, direzioni e personale per la realizzazione degli interventi necessari e urgenti. Non si tratta allora solo di porre fine a procedure complesse ma capire dove vogliamo andare, su cosa investire e con quale finalità
E' questa la vera sfida da raccogliere.
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