Covid 19:infortunio o malattia?
Da un Medico Competente appartenente alla Commissione Tecnica Scientifica del Ministero della Salute, riporto alcuni chiarimenti tra classificazione di infortunio o di malattia a seguito di contagio da COVID-19.
Marco Spezia
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Con un primo Decreto emergenziale, la malattia da COVID-19 sul lavoro è stata classificata come “infortunio sul lavoro” ed è stata estesa la tutela del lavoratore contagiato a tutto il periodo di quarantena o di “permanenza domiciliare fiduciaria”.
La diffusione del virus, tuttavia, ha creato qualche difficoltà nella individuazione precisa della causa del contagio. Infatti, per qualificare il contagio come infortunio è necessario che sia avvenuto “in occasione di lavoro”.
L’INAIL ha individuato delle categorie di lavoratori per i quali, in caso di contagio, si può applicare una presunzione semplice con riferimento all’origine lavorativa del contagio.
Secondo l’INAIL in questa categoria rientrano, innanzitutto, “gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio”.
Sono compresi poi ulteriori lavoratori, addetti a mansioni “che comportano un costante contatto con pubblico/utenza”: ad esempio i lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi.
Con la raccomandazione 8/2020, l’INAIL ha chiarito che l’appartenenza ad una delle categorie a rischio non significa alcun automatismo tra contagio e riconoscimento dell’infortunio sul lavoro.
Si tratta di una presunzione semplice e impone comunque al medico di seguire l’ordinario iter di accertamento dell’origine lavorativa del contagio.
Ad esempio, un collaboratore non rientra in questa categoria perché non appartenente alle categorie sanitarie o a contatto costante con pubblico/utenza.
Ma la circolare dell’INAIL si applica ai TUTTI i datori di lavoro pubblici e privati è stabilisce che “nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail, che assicura la relativa tutela dell’infortunato”.
Ad essere destinatari di tale tutela, poi, sono TUTTI “i lavoratori dipendenti e assimilati in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché gli altri soggetti previsti dal Decreto Legislativo 23 febbraio 2000 n. 38 (lavoratori parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e lavoratori appartenenti all’area dirigenziale) e dalle altre norme speciali in tema di obbligo e tutela assicurativa INAIL”.
Come detto vi sono inoltre solo alcuni lavoratori, come gli operatori sanitari o coloro che svolgono attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico, nei confronti dei quali vige il principio della presunzione di origine professionale della malattia in base alla elevata probabilità che essi siano venuti a contatto con il Covid sul luogo di lavoro.
Ma detto ciò, la tutela assicurativa si estende però anche alle ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio sia problematica.
Dunque, ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore (né si possa comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione della mansione in questione) l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
In conclusione, cosa deve fare il lavoratore?
Se ci sono i presupposti e ritenga che si sia contagiato sul lavoro deve sentire il suo medico di base (che ha avuto il primo riscontro della malattia) e farsi redigere il certificato di infortunio. Infatti, è “il medico certificatore che redige il certificato di infortunio e poi lo invia telematicamente all’INAIL”.
si rinvia alla circolare Inail
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