In Colombia si va verso elezioni storiche
Domenica 29 maggio 2022 la Colombia potrebbe cambiare radicalmente registro e Gustavo Petro, candidato del “Pacto histórico” (Patto storico, sinistra), vincere le elezioni presidenziali.
di Rodrigo Rivas
Non lo dicono solo le inchieste, ma il risultato delle elezioni parlamentari del 13 marzo 2022, ha visto i candidati della sinistra ottenere 4,5 milioni di voti contro 2,1 della destra e 700mila del centro.
Va da sé: come in Brasile – che vota ad ottobre – il rischio di “golpe” non è un rischio remoto.
Di questa situazione proverò a proporvi alcune fotografie disseminate in una serie di articoli.
Salvo varie ed eventuali legate al possibile “golpe”, le fotografie saranno:
1) Jorge Eliécer Gaitán ed il Bogotazo (1948) e “La Violenza” (1948-1958)
2) “Accordo Fronte Nazionale” (1958-1978)
3) Le FARC (1966), la saga di “Tiro fisso” ed altri comandanti
4) Narcos e narcotraffico
5) Uribe, il matarife, ed i suoi discepoli
6) “Falsi positivi” ed altre atrocità
7) Gustavo Petro e il “Patto storico”.
Tuttavia, ritengo indispensabile una premessa. Dovunque, i conservatori – non solo quelli iscritti al relativo albo – sono ossessionati dalla necessità di possedere un’idea realista dell’universo.
Verità vera, indiscutibile, come lo era che la terra fosse piatta, che immense tartarughe sostenessero il mondo, che il sole girasse attorno alla terra e che si dovessero torturare le streghe – colpevoli del cattivo raccolto e del malocchio – fino alla morte.
Per la stragrande maggioranza delle popolazioni il neoliberismo è anzitutto cultura della paura, della sofferenza e della morte che non può essere combattuta efficacemente senza contrapporle una cultura della speranza, della felicità e della vita.
Il trucco dei conservatori è ridurre la realtà a ciò che esiste, per quanto crudele e ingiusto sia, facendo sembrare irreale ogni speranza di felicità e di trasformazione.
Ma la realtà è la somma di ciò che esiste, di ciò che emerge come possibilità e della lotta per concretizzarla.
Dice il tedesco Ernst Bloch: “La ragione non può fiorire senza speranza, la speranza non può parlare senza ragione” (“Il principio speranza”, Garzanti 1985).
Canta l’argentino Piero: “La esperanza es loca y no pregunta, no pregunta. Salta entre los tiempos y las lunas, va. Se esconde y aparece tantas veces, que nadie sabe bien cómo nos crece” (La speranza è pazza e non domanda, non fa domande. Salta tra i tempi e le lune, va. Si nasconde e ricompare tante volte, che nessuno sa bene come ci matura dentro”, “El jardín de los sueños, Il giardino dei sogni, 1990).
Stando a lor signori, oggi nel mondo esistono solo l’Ucraina e “la Russia che, rubando il grano, ci vuole affamare”(“La nazione”, Firenze 24 maggio 2022).
Eppure, tra la crisi del 2008 e l’inizio della pandemia (2019), nel mondo si sono registrate 130 rivolte maggiori, una trentina di governi sono crollati e altri si sono salvati solo grazie al virus.
Eppure, secondo il FMI, ora “le proteste sociali sono aumentate in tutto il mondo a livelli sconosciuti dall’inizio della pandemia. La gente ritorna sulle strade ed esiste il rischio che i disturbi si allarghino con la diminuzione dei confinamenti e l’aumento dei prezzi del cibo e dell’energia (…) Ci sono grandi e prolungate manifestazioni contro i governi persino in economie avanzate, laddove dove i disturbi sono relativamente rari, come Canada e Nuova Zelanda (FMI, Rapporto all’incontro di Davos, 22 maggio 2023).
Fotografia 1. Le altre seguiranno
Jorge Eliécer Gaitán, ex sindaco di Bogotà, già fondatore de la Unione Nazionale della Sinistra (1936) e candidato indipendente alle elezioni presidenziali per il Partito Liberale, usciva dal suo ufficio verso le 13:00 del 9 aprile 1948. Appena oltrepassata la porta dal palazzo, era colpito da 3 pallottole. Moriva pochi minuti dopo in ospedale.
Le persone che si trovavano sulla strada, per la maggior parte umili venditori di lotteria, lustrascarpe e simili, rincorrevano il presunto assassino, Juan Roa Sierra, un altrettanto umile giovane di 26 anni, gridando: “Ha ucciso il dottor Gaitán, prendiamolo”.
Un funzionario di Polizia lo prendeva e lo portava in una drogheria a poche centinaia di metri dove il giovane riusciva solo a raccomandarsi alla Beata Vergine Maria.
Entrata nella drogheria, la folla lo linciava e trascinava il suo corpo senza vita fino al palazzo del governo dove lo abbandonava nudo e ridotto a brandelli.
Da quel momento, aveva inizio una rivolta nazionale per chiedere le dimissioni del governo.
In tutta la Colombia, i manifestanti saccheggiavano, incendiavano tram, chiese, palazzi del centro della città e gli stessi negozi saccheggiati.
All’inizio, le forze di polizia cercavano di controllare la folla; poi alcuni poliziotti e militari si unirono alla rivolta mentre altri non esitarono a sparare sui dimostranti.
Le vittime della giornata, secondo stime non ufficiali, furono oltre 3.000.
Era l’atto di nascita del periodo noto come “la violenza”.
Durante il processo per l’assassinio di Gaitán, diversi testimoni affermarono che Roa Sierra non era l’assassino ma, anzi, che erano stati l’assassino ed i suoi complici a spingere la folla al suo linciaggio.
Nel 1978 la giustizia colombiana stabilì che Juan Roa Sierra era schizofrenico e aveva agito “solo per motivi personali”.
In “Vivere per raccontarla” (2004), Gabriel García Márquez racconta l’omicidio e la successiva rivolta. Tuttavia, ci avverte: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”.
Nel 2001, TV Channel in “Bogotazo: Storia di una illusione”, ha mostrato come la morte di Gaitán continui ad essere un mistero.
Il “Bogotazo” si è prolungato tramite “La violenza” fino al 1958 provocando, secondo stime, 300mila morti tra la popolazione civile.
Tra molte altre conseguenze, ci sono la successiva nascita di movimenti di guerriglia come le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).
In contemporanea all’assassinato di Gaitán, a Bogotà si celebravano i lavori della IX Conferenza Panamericana. Nell’incontro, gli Stati Uniti proponevano di dichiarare il comunismo “attività illegale” e si ponevano le basi dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), il Ministero statunitense delle colonie.
Ed era anche in corso un congresso degli studenti latinoamericani al quale partecipavano studenti di diversi paesi. Tra di loro c’era un personaggio diventato universalmente famoso anni dopo: Fidel Castro, allora studente di giurisprudenza all’Avana.
Castro, arrivato a Bogotà il 31 marzo, aveva preso contatti con altri studenti e con lo stesso Gaitán per organizzare una manifestazione che sarebbe stata chiusa da Gaitán.
Per organizzare la manifestazione era previsto un incontro tra gli studenti e Gaitán alle 14,00 ore del 9 aprile.
Secondo alcune fonti, l’assassinio di Gaitán sarebbe da rapportare proprio allo svolgimento della IX conferenza panamericana. Ma questa, per quanto suggestiva, non è una tesi dimostrata e difficilmente lo sarà.
Scrive la “Piattaforma Colombiana su Diritti Umani, Democrazia e Sviluppo” (Rapporto maggio 2010): “Il 20% dei bambini colombiani è denutrito, il 40% delle famiglie è in situazione d’insicurezza alimentare; il 25% delle famiglie non dispone di un’abitazione adeguata; tra il 1993 e il 2009, oltre l’80% della rete ospedaliera è stata chiusa o ristrutturata; i poveri sono 22 milioni (oltre il 50% della popolazione), e gli indigenti, che mangiano una volta al giorno, sono altri 7,3 milioni”.
«Allora?», chiese il signor Sabas.
«Allora niente», rispose il colonnello. «Solo che il corteo funebre non può passare davanti alla caserma della polizia».
«Mi ero dimenticato», esclamò il signor Sabas. «Dimentico sempre che siamo in stato d’assedio».
«Ma questa non è un’insurrezione», disse il colonnello. «E’ un povero musicista morto».
(Gabriel García Márquez, “Nessuno scrive al colonnello”, 1961).
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