Salari e lavoro: alla ricerca del senso perduto del 1 Maggio
Non faremo ragionamenti complessi ma ci limiteremo ad alcuni dati dai quali partire per conoscere la condizione lavorativa e salariale oggi lasciando al lettore ogni ulteriore interpretazione
- la quota di ricchezza destinata ai salari italiani è la più bassa dei paesi Ue, oggi stabile ma in costante diminuzione dagli anni ottanta: nei 40 anni neoliberisti sono cresciute le disuguaglianze economiche e sociali e a farne le spese sono lavoratrici e lavoratori
- 21 paesi Ue hanno un salario minimo, l'Italia no, oggi il Governo, in accordo con i sindacati pare, vorrebbe introdurlo ma con una media degli ultimi contratti nazionali siglati che sancirebbe un importo decisamente basso visto che i ccnl firmati non hanno arrestato la perdita di acquisto
- nel corso dell'anno corrente la perdita di acquisto dei salari si attesta per l'Istat attorno al 5% mentre l'aumento contrattuale (per non parlare di milioni di lavoratori e lavoratrici in attesa dei rinnovi) è fermo allo 0,6\7%
- Il mercato del lavoro italiano penalizza donne e giovani, le tanto decantate pari opportunità non esistono se non sulla carta
- aumentano i lavoratori poveri, avere un impiego ormai non comporta la uscita dalla povertà perchè i salari percepiti in tanti casi sono bassi (e con poche ore contrattuali) da determinare una tendenza crescente di povertà da lavoro che 40 anni fa era assai ridotta ed oggi supera il 32% della forza lavoro
- Dopo due anni di pandemia non crescono le immatricolazioni all'università e diminuiscono anche i diplomati
- sono cresciute le disuguaglianze salariali
- salari di ingresso si sono rivelati vantaggiosi solo per le imprese, hanno poi ripercussioni negative anche sulle future pensioni, i salari crescono con l'età ed è per questa ragione che le aziende propongono pacchetti di buona uscita per anticipare l'età pensionabile al fine di assumere forza lavoro a costo ridotto
- la produttività del lavoro è calata ai minimi storici, aumenta in misura assai ridotta rispetto ai paesi Ue, colpa della mancata formazione e dei mancati investimenti tecnologici
- L'Italia vanta il più alto tasso di inattività nei paesi Ue, il 31,2% della popolazione in età lavorativa ossia di età compresa tra i 20 e i 65 anni di età
- la disoccupazione è salita al 9,2%
- con l'avvento della riforma del lavoro i contenziosi sono diminuiti ai minimi termini perchè il rischio di fare causa e di perderla determina anche il pagamento delle spese processuali. La riforma del lavoro mirava a questo scopo rafforzando al contempo il potere datoriale sulla forza lavoro
- l'Italia è il solo paese europeo in cui in 30 anni i salari siano diminuiti, la perdita del potere di acquisto è del resto evidente tanto che perfino gli ambienti governativi ne parlano diffusamente
- Prima dello scoppio della pandemia non avevamo ancora recuperato il livello salariale del 2008\9 quando esplose la crisi finanziaria, in altri paesi Ue il recupero è avvenuto nell'arco di un lustro
- Al Cnel ci sono quasi 1000 contratti depositati molti dei quali con paghe orarie irrisorie
- cresce il part time e il tempo determinato in misura assai maggiore degli altri paesi Ue
- la disoccupazione reale, rispetto ai dati ufficiali, stando ad una analisi della Fondazione Di Vittorio, supererebbe il 14,5%, lo spettro della disoccupazione, accompagnato dalle ridotte tutele individuali e collettive (ricordate la Legge Fornero?) spinge ad accettare salari da fame e lavori ad alto tasso di sfruttamento, la ricattabilità della forza lavoro
- bassi salari determineranno pensioni da fame e il sistema previdenziale pubblico presto dovrà affrontare un problema assai gravoso
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