Riuscita o fallimento dello sciopero contro la guerra?
Prima di scrivere abbiamo a lungo riflettuto per non urtare suscettibilità e attirarci critiche ingenerose, seppure legittime e giustificate, soprattutto alla luce dell'impegno profuso contro la guerra con il comitato No Camp Darby, con manifestazioni innumerevoli organizzate nelle ultime settimane.
La domanda a cui rispondere è semplice: serve uno sciopero contro la guerra ?
A nostro avviso servirebbe se organizzato per la sua riuscita ma l'appuntamento del 20 Maggio non sembrerebbe andare in questa direzione tra adesioni tardive e una mobilitazione che avviene solo in pochi posti di lavoro e soprattutto sui social.
Nella storia del movimento operaio gli scioperi contro la guerra sono stati spesso dirimenti e hanno permesso di rafforzare innumerevoli istanze oltre a rappresentare una presa di posizione dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno tutto da perdere dai conflitti, dai nazionalismi, dall'aumento esponenziale delle spese militari e dalla militarizzazione dei territori. Starebbe a noi tutti\e dimostrare questi nessi e renderli visibili e comprensibili.
Esistono numerose realtà di movimento territoriali impegnate contro la militarizzazione dei territori o contro la guerra o piu' genericamente per la pace che ad oggi non hanno preso posizione sullo sciopero del 20 Maggio.
Dal confronto avviato al nostro interno sono emersi numerosi problemi che riportiamo con la massima trasparenza, ad esempio
- gli scioperi del sindacalismo di base sono poco partecipati come del resto gli scioperi nella Pubblica amministrazione, dopo anni di offensiva padronale lo strumento sciopero è ritenuto poco incisivo anche per gli ostacoli frapposti dalle normative vigenti che ne limitano l'efficacia
- Cgil cisl uil non hanno alcun interesse a costruire una mobilitazione visto che al loro interno ci sono interi settori appiattiti sulla posizione del Governo Draghi verso il quale non fanno alcuna posizione
- un eventuale insuccesso dello sciopero avrebbe ripercussioni negative su quanti lottano contro la guerra
- le modalità di costruzione dello sciopero sono insoddisfacenti guardando ai fragili equilibri interni del frammentato sindacalismo di base che non è capace di sviluppare iniziative unitarie su alcuni grandi temi e finisce con il fare la conta di quante bandiere si portano alle manifestazioni
- Manca un collegamento diretto tra la lotta alla guerra e alle condizioni economiche e sociali determinate dal conflitto, il rincaro delle tariffe e le politiche dei sacrifici imposte a lavoratori e lavoratrici tagliando magari scuola e sanità mentre si aumentano le spese militari, nulla viene detto sulla gestione della pandemia avvenuta da due anni ad oggi.
- Non esiste una posizione condivisa sul conflitto in corso e sul ruolo della Nato e della militarizzazione dei territori, del neokeynesismo di guerra sancito dalla Bussola europea
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