Andare oltre la retorica: il pubblico impiego dei bassi salari e della formazione inesistente

 Decenni or sono esisteva il mito del posto sicuro e un impiego nella Pa non assicurava stipendi elevati ma la certezza di non essere spediti a casa per qualche ristrutturazione aziendale. Poi è arrivata la precarietà che è una condizione non solo lavorativa ma esistenziale che ha prodotto cambiamenti radicali nella società creando crescenti disuguaglianze economiche.

Per giustificare il disinvestimento nei servizi pubblici è iniziata la campagna denigratoria contro la forza lavoro della Pa attraverso innumerevoli luoghi comuni: gli insegnanti stanno in ferie 4 mesi l'anno, un esercito di fannulloni che attendono l'ora per timbrare il badge, lavoratori\trici che si riposano in attesa di svolgere qualche attività al nero.... 

Poi è arrivato Brunetta con la campagna contro i fannulloni ma nell'immaginario collettivo ha fatto breccia una immagine falsa, semplicistica e fin troppo comoda che giustificava i tagli alla scuola e alla Pa giustificando il progressivo disinvestimento nei servizi pubblici.

Siamo arrivati al punto che numerosi uffici e servizi operavano con organici cosi' risicati da non raggiungere i risultati preventivati, per anni l'Italia ha avuto la forza lavoro pubblica più anziana dei paesi Ue (e siamo ancora il fanalino di coda), blocco sostanziale dei contratti per nove anni e quasi zero assunzioni.

Le politiche dei Governi miravano a ridurre non solo la spesa pubblica ma a favorire il privato e in questa ottica abbiamo anche dimenticato la formazione che nel nostro paese è presente in misura sporadica.

Senza innovazione, investimento, senza assunzioni e soprattutto svalorizzandone il lavoro e le professionalità la Pubblica amministrazione è entrata in crisi, i servizi sono diventati scadenti, i carichi di lavoro aumentati.

In questi mesi fa scalpore la notizia che molti giovani non sono attratti dai concorsi pubblici e spesso una volta vinte le selezioni decidono di licenziarsi.

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Enrico Giovannini ha rilasciato alcune dichiarazioni per denunciare la mancanza di figure professionali nella Pa e i concorsi banditi non riuscirebbero a  coprire i posti disponibili. 

Dovremmo guardare alla sostanza del problema, se gli ospedali faticano a trovare medici e infermieri la responsabilità è del numero chiuso nelle facoltà di accesso alle discipline mediche,  quanto poi all'elevata percentuale dei candidati che non superano i concorsi dovremmo ragionare sull'università e sui nefasti risultati ottenuti dalle controriforme degli ultimi lustri.

Prima di dichiarare fallito l'obiettivo del  ricambio generazionale e della riqualificazione del personale dovremmo  rispondere ad alcune domande. Quanto spende oggi la Pa per la formazione? Meno di quanto avvenisse 20 anni fa. Perchè sono ancora vigenti i tetti di spesa che limitano le assunzioni in sanità nonostante la penuria di medici e infermieri?

Qualcuno critica la scarsa attrattività della pubblica amministrazione, di sicuro oggi gli stipendi pubblici italiani sono tra i più bassi della Ue, la politica di ridurre il costo del lavoro è stata nefasta e rappresenta un problema insormontabile. Se pensiamo al regime fiscale oggi vigente per le partite iva ci accorgiamo che i lavoratori dipendenti sono ancora i più colpiti e questo vale per il pubblico come per il privato.

 Anni  di blocco del turnover hanno svuotato uffici e servizi, non si tratta tanto di trovare le persone giuste ma di fornire adeguate motivazioni e salari dignitosi e oggi la Pa non offre queste condizioni con la pseudo meritocrazia della performance che rappresenta non uno strumento di valorizzazione ma una sorta di ricatto nelle mani dei dirigenti che a seconda del voto determinano l'importo del salario accessorio. 

Nella Pa si lavora male, senza formazione e con strumenti di lavoro inadeguati, questa è la verità taciuta, i contratti nazionali non hanno restituito dignità salariale e contrattuale e negano di fatto anche qualche  opportunità di carriera e crescita salariale.


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