Si chiama Flat tax ma si legge disuguaglianza

" Paghiamo meno tasse, siamo tartassati dal fisco, non possiamo andare avanti con questi salassi"

Da sempre settori della società rivendicano la riduzione  cospicua delle tasse, fino a qualche anno fa erano settori che non avevano certo bisogno del welfare, pur ricorrendo alle prestazioni dello stesso, magari mandavano i figli alle scuole private, non disegnavano la sanità privata, stipulavano assicurazioni private sulla vita.

Ma se a invocare la riduzione del cuneo fiscale troviamo sindacati e lavoratori vuol dire che i padroni hanno vinto culturalmente e politicamente.

Spieghiamoci meglio per non essere travisati e non apparire come apologeti di un sistema fiscale oneroso e di una cultura statalista (per altro da non disdegnare)

Due slogans hanno attraversato gli anni sessanta e settanta : lavorare meno per lavorare tutti, le tasse le paghino i padroni.

La riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario sarebbe resa possibile, in teoria, dalle nuove tecnologie produttive che hanno abbassato i tempi e i costi della produzione ma è invece fortemente avversata dalle delocalizzazioni e dalla costante riduzione del costo del lavoro, dall'incremento dei profitti e anche dalle Regole tecnocratiche europee.

Far pagare le tasse ai padroni significava rivendicare la progressività del sistema fiscale aumentando le aliquote ai redditi elevati, l'esatto contrario di quanto fatto invece da 40 anni ad oggi, da tutti i Governi succedutisi alcuni dei quali particolarmente attivi (vedi Renzi).

Ridurre le tasse ha delle immediate ripercussioni sui servizi erogati dal welfare, si abbatte negativamente su sanità e istruzione pubblica, alla lunga creerà problemi al sistema previdenziale.

In Italia i redditi medio bassi sono tassati eccessivamente ma fin troppo poco quelli elevati, è una questione di classe, di scelta politica e non di esaltazione dell'abbattimento delle tasse  che fa breccia anche in virtu' della sconfitta di quella solidarietà sociale esistita e praticata per decenni.

La flat tax è anche espressione di egoismo sociale e ove è stata praticata, ad esempio in alcuni paesi dell'est Europa, ha avuto l'effetto di accelerare la corsa verso l'economia di mercato alimentando al contempo le disuguaglianze sociali ed economiche.

Non è solo la flat tax, la tassa piatta, nemica della progressività del sistema fiscale e chi la propone solo a parole intende difendere i ceti popolari e medi, ma chiunque oggi invochi la riduzione del costo del lavoro a carico delle imprese dimentica che queste ultime hanno beneficiato di innumerevoli aiuti statali senza mai restituire in termini di innovazione, ricerca e lavoro quanto avuto dal pubblico

 La flat tax aumenta i rendimenti sul risparmio e redistribuisce il reddito a favore dei ceti benestanti, quanto tornerà invece ai ceti medio bassi saranno solo briciole.

Se applicassimo la aliquota unica proposta dalla Lega lo stato andrebbe in rovina e anche un poderoso recupero dell'evasione fiscale, per il quale serve una volontà politica che non intravediamo,. non impedirebbe il default. E quegli operai che oggi invocano la flat tax sarebbero i primi a piangere la fine del welfare.

Il problema allora va posto in altri termini: paghino più tasse i redditi elevati, lo si faccia in termini proporzionali ai redditi con nuove aliquote, evitiamo la debacle dello stato sociale,  non creiamo una società ancora più diseguale di quella odierna, smettiamola una volta per tutte con la sudditanza al sistema delle imprese che oggi per lo più campa grazie al pubblico , allo stato sociale che va difeso con forza e senza cedimento alcuno.

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