Il gioco al massacro sulla pelle delle classi meno abbienti

 


Il gioco al massacro sulla pelle delle classi meno abbienti

A urne chiuse iniziamo a ragionare sui futuri scenari sociali


 A urne appena chiuse e con la vittoria schiacciante di FdI, con il Pd che scende sotto il 20 per cento dei voti,  proviamo a riflettere sui futuri scenari sociali e politici certi che i risultati elettorali non siano di aiuto per migliorare le condizioni di vita delle classi popolari e anche di quella media. Una vittoria del Pd avrebbe per altro sancito il richiamo all'agenda Draghi e alla tecnocrazia Ue che invece viene sempre più contestata nelle nazioni del vecchio continente.
Uno degli argomenti sui quali riflettere, e da cui ripartire, è la lotta alle disuguaglianze economiche e sociali. 
Non esistono disuguaglianze naturali, per riprendere Pikkety, siamo davanti ai risultati di politiche (neoliberiste) alimentate dai governi via via succedutesi. E il riposizionamento di classe oggi diventa necessario per restituire forza e credibilità anche ad una visione alternativa della società. L' Europa di Maastricht viene vista dalle classi popolari con profonda antipatia, sarebbe utile a tal riguardo ricordare il voto sulla Brexit in Gb o sulla Costituzione europea in Francia per comprendere come la tecnocrazia del centro sinistra non riscuota  le simpatie delle classi meno abbienti, perde consensi nei ceti popolari e perfino nella classe media.  Nei quartieri periferici i consensi a destra risultano talvolta schiaccianti, sono le aree marginali della società che guardano con antipatia alla sinistra dei centri storici, alla sinistra della ZTL.

Il leit motive della campagna elettorale è stato lo slogan meno tasse con ricette diversificate ma tutte indirizzate a questo obiettivo. E in questa ottica vanno letti gli attacchi al reddito di cittadinanza, l'apologia della Riforma Fornero e il timido tentativo del Pd di prendere le distanze dal jobs act da loro ideato.

Nei pochi paesi dove la flat tax viene applicata  lo stato sociale è stato ridotto ai minimi termini partendo per altro da ben poche prestazioni erogate,, un welfare già ridotto dentro un contesto sociale dove le disuguaglianze di reddito sono particolarmente accentuate. 

In paesi nei quali il welfare è  invece articolato come in Europa, tra prestazioni socio assistenziali e previdenziali, la flat tax determinerebbe tagli al sistema pubblico (ad esempio istruzione e sanità) che  alla lunga determinerebbero le condizioni di un conflitto sociale oggi temuto da tutti gli schieramenti politici. E come comunisti , senza cadere nella logica del tanto peggio-tanto meglio, dobbiamo iniziare a comprendere gli scenari dell'immediato futuro senza sederci sulla riva del fiume perchè il cadavere trasportato dalla corrente potrebbe essere il nostro e non quello del nemico di classe. 

Non viviamo nei paradisi fiscali ma in società capitaliste complesse costruite nei lunghi decenni neokeynesiani, perfino economisti liberal mettono in guardia dalla riduzione sistematica e generalizzata delle tasse con la riduzione della spesa sociale e immediate ripercussioni isui servizi erogati dal welfare.

Se guardiamo al Pil dei paesi dell'Est europeo, nei quali hanno applicato la flat tax,  e lo confrontiamo con quello dei paesi continentali del centro nord - Ovest si comprende come una eventuale applicazione della tassa piatta creerebbe  da subito disuguaglianze crescenti, processi di privatizzazione a catena ma al contempo anche un aumento esponenziale delle classi disagiate minando quel compromesso sociale sul quale le società sono state costruite. Già da tempo, con la fine del compromesso neokeynesiano, è iniziata la crisi della classe media, nel frattempo le condizioni di precarietà dei ceti popolari sono andate rafforzandosi.
Se andremo, come pensiamo, verso la tassa piatta ben presto pagheremo i costi di un welfare depotenziato e dovremo attrezzarci per resistere ai processi di privatizzazione e di rafforzamento delle pensioni integrative e della sanità privata.

Ove la flat tax viene applicata la spesa sociale è di 12 punti in meno di quella degli altri paesi (47% circa), forse l'obiettivo è proprio quello di ridimensionare il welfare per rafforzare i settori privati, le pensioni integrative, la sanità e l'istruzione privata.

La lezione dei due anni pandemici non è servita se ancora oggi pensiamo che il privato sia la soluzione del problema.

Non siamo davanti a uno scenario che vede contrapposte due visioni antitetiche dello Stato, una liberista e l'altra statalista, tutto l'arco parlamentare ha fatto della riduzione delle tasse il proprio cavallo di battaglia perchè in ogni caso il potenziamento del privato resta il faro guida tanto del centro destra quanto del centro sinistra.

Le ricette per arrivare a questo obiettivo sono tuttavia diverse ma il rischio di un immediato futuro con crescenti disuguaglianze è una prospettiva tutt'altro che remota.

E in questo contesto diventa prioritario comprendere la situazione per attrezzarci al conflitto sociale e politico

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