Italia smemorata e disattenta all'industria?

 di Tiziano Tussi


Il supplemento Economia e Politica del Corriere della Sera del 29 agosto si apre con un articolo di Ferruccio De Bortoli sulla dimenticanza che in Italia si esprime, a troppi livelli, verso l’industria in genere. Le aziende sono lasciate a sé stesse e tutto langue. In mezzo a banalità di ogni tipo – lo stato serve solo per interventi in extremis, altrimenti largo al privato; occorre lavorare di più, con più capacità e aggiornamenti; dobbiamo stringerci attorno alle aziende per aiutarle ad essere competitive – cito solo la parte finale e più ridicola: “E veniamo all’ultimo delicatissimo tema che riguarda l’immigrazione da cui dipende la creazione di ricchezza futura. [] per combattere il declino demografico l’Italia avrebbe bisogno [] di un saldo netto di 360mila immigrati l’anno. Un flusso chiaramente insostenibile. Ma il tasso di natalità [] si innalza solo coordinando un’immigrazione più ordinata e di qualità…” Tralasciamo il resto.

Pare perciò che un immigrato ben pettinato e lavato, con magari laureato, sia accettabile, lo scampato da una guerra, dalla fame o da altri guai …lasciamolo pure morire. Non serve. Spiace per il Corriere della Sera che pubblica queste vanesie fantasie, ma dobbiamo anche dire che Ferruccio non legge neppure l’altro quotidiano di suo sicuro riferimento, Il Sole 24 ore, di cui è stato anche direttore, che il giorno precedente mette in fila numeri e risultati dell’attuale momento economico delle aziende italiane e titola: Fino a giugno nessuna crisi: boom di utili a Piazza Affari.

E sono del resto numeri facili da capire: [se analizziamo gli utili aziendali nel primo semestre 2022] si scopre che gli utili hanno raggiunto i 24,8 miliardi di euro e sono aumentati addirittura il 62% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A fare da traino, come non era difficile da immaginare, è stato il settore energetico [] parlare soltanto di loro sarebbe però riduttivo, perché anche tra gli industriali guidati da Stellantis (+ 40% a livello di settore i loro profitti) e fra le banche in grado di approfittare di nuovo del vento in poppa di tassi in rialzo e non più negativi (+55%) i progressi sono stati degni di nota.”

Non c’è davvero bisogno di molto per avere dati immediati e provenienti da fonte non sospetta per quanto riguarda la salute delle aziende. Se poi aggiungiamo, percentuali di dati di questi giorni che i contratti a tempo determinato hanno superato la quota di 3 milioni e 150 mila, mai così elevata dal 1977, almeno ci dicono le statistiche, possiamo ancora meglio concludere, dal punto di vista aziendale che il profitto, leggasi sfruttamento intensivo, va a gonfie vele ed infatti numeri totali – Pil ed annessi - sono stati rivisti al rialzo per i risultati raggiunti. Non certo per l’occupazione o gli aumenti di stipendi.

Ma è così difficile leggere i documenti almeno sino all’ultima parola, Ferruccio De Bortoli?


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