La condizione di lavoro negli appalti aerportuali tra precarietà e profitti (per la committenza e le compagnie)

 La pandemia ha fermato una marcia che per lustri pareva inarrestabile, quella dei voli low cost  a basso prezzo e con bagaglio ridotto, con gli assistenti nelle vesti di venditori a bordo dei vettori e costi accessibili per tutti\e o quasi. Una epoca tutt'altro che tramontata ma comunque in crisi, nei due anni pandemici si è rotto un equilibrio e la forza lavoro ha iniziato (purtroppo a macchia di leopardo) a rivendicare diritti, salari e contratti equi.

Ce lo chiede l'Ue, ossia la liberalizzazione dell'handling, la aziendalizzazione delle società gestrici molte delle quali un tempo pubbliche, il ricorso ad appalti e subappalti.

L'Enac, Ente nazionale per la Aviazione Civile, sembrerebbe una sorta di baluardo della gestione pubblica dell'handling (uno dei tanti termini inglesi utilizzati nel settore che poi equivale a gestione e trattamento dei bagagli), da alcuni mesi ha emanato direttive finalizzate a concedere il nulla osta per operare nel settore solo alle società certificate  evitando appalti e subappalti e in qualche modo rilanciando la gestione diretta di alcune attività. 

Ma il potere effettivo dell'Enac sarà tale da porre fine a una gestione frammentata, caotica e all'insegna della liberalizzazione del settore? Nutriamo seri dubbi perchè l'attuale gestione del settore alla fine fa comodo a tanti, troppi, imprenditori e politici diversamente collocati.

A ostacolare l'Enac interessi trasversali di numerose società gestrici che hanno impugnato il Regolamento, non ancora vigente, con tanto di ricorso al Tar, del resto l'affidamento ad appalti è risultato assai vantaggioso soprattutto dove si applica non in contratto di settore ma qualche ccnl che prevede paghe orarie inferiori del 30\35 per cento.

Ci si rende conto che il mondo aeroportuale non è rosa e fiori ma presenta sacche di precarietà, bassi stipendi, contratti sfavorevoli e soprattutto precari tra interinali e tempi determinati, il part time è diventato il contratto di riferimento.

Forse, ed è l'autentico paradosso, i soli a non avere preso ancora coscienza della questione sono  i lavoratori che subiscono la precarietà, legati a doppio filo alla condizione di stagionalità , timorosi di rivendicare la stabilizzazione con inquadramenti contrattuali favorevoli.

Dovremmo chiederci la ragione di questa arretratezza sindacale che non è imputabile solo ai sindacati rappresentativi ma agli stessi lavoratori degli appalti per i quali il mondo aeroportuale può andare avanti con le stesse dinamiche di sempre.

Doppi lavori, un mix tra contratti precari e assegni di disoccupazione , una condizione di precarietà esistenziale e lavorativa ritenuta immodificabile?

Rinviamo a un articolo de Il Fatto Quotidiano di qualche settimana fa (Perché negli aeroporti mancano gli addetti ai bagagli? Ecco le condizioni: contratti a termine da 600 euro al mese e turni massacranti - Il Fatto Quotidiano) che parla di centinaia di addetti allo scarico bagagli in lotta in molte città, stipendi da 500\600 euro mensili che necessitano di un secondo impiego (al nero?) o di altri redditi per arrivare a fine mese.

Molte società aeroportuali e  compagnie aeree non sono state in grado di gestire il flusso turistico tornato ai livelli pre-pandemici, ci sono casi nei quali non sono arrivati perfino i contratti stagionali, gli investimenti necessari in mezzi e strumenti di lavoro scaricando gli oneri della spesa di personale sulle ditte appaltatrici.

Ma questa sorta di scaricabarile è conveniente per i gestori (e anche per gli appaltatori seppur in termini diversi) che alla fine pagheranno il servizio assai meno visto che negli appalti si assume con contratti sfavorevoli e più bassi, poi ci sono gli oneri della sicurezza che rappresentano un' altra fonte di spesa non sostenuta.

Sempre negli ultimi due anni numerosi lavoratori stagionali sono stati messi alla porta senza il rinnovo del contratto a tempo, numerose compagnie hanno ridotto il personale scaricando i costi della crisi pandemica sulla riduzione della forza lavoro, a reggere gli scali appalti e subappalti.

Ai tempi del Governo Prodi vennero adottate le  direttive europee il cui scopo era quello di liberalizzare il settore (poi ci si meraviglia che il centro sinistra sia talvolta piu' liberista del centro destra), abbassare il costo del lavoro creando una fitta rete di appalti e subappalti, le società che gestiscono l'handling e le attività aeroportuali sono diventate due entità separate e ciascuna si è affidata ad appalti e subappalti che oggi l'Enac prova a regolamentare trovando l'opposizione di società gestrici degli scali e di aziende e cooperative del subappalto.

E la forza lavoro negli appalti? Senza la stessa molti scali si fermerebbero, eppure non esiste consapevolezza alcuna che rivendicare la reinternalizzazione dei servizi e del personale potrebbe rappresentare una significativa conquista salariale e contrattuale ma anche l' inversione di tendenza alle politiche delle privatizzazioni e dei bassi salari praticate degli ultimi 30 anni. Una situazione diversa da città a città ma resta incontrovertibile la debolezza , e talvolta arrendevolezza, dei lavoratori degli appalti figlia di una supina accettazione di regole che hanno creato una forza lavoro sottopagata e silente.


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