Le politiche del lavoro? Si traducono in regalie alle imprese

 Sgravi fiscali, detrazioni, aiuti alle imprese, riduzione del welfare, defiscalizzazione, nessuna tassa sugli aumenti contrattuali, la lista degli obiettivi comuni agli schieramenti "opposti" sarebbe fin troppo lunga, fatto sta che decenni di aiuti alle imprese non hanno creato posti di lavoro se non sotto forma di contratti precari e mal pagati.

Proporre la riduzione delle tasse invece della progressività delle stesse finirà con indebolire lo stato sociale determinando una nuova stagione di privatizzazioni, indebolendo sanità e scuola oltre ad avere ripercussioni negative sulla previdenza.

Le disuguaglianze sociali ed economiche aumentano di giorno in giorno, nei due anni pandemici la forbice salariale ed economica si è allargata ulteriormente.

Le innovazioni tecnologiche e la ricerca dovrebbero essere incentivate per creare posti di lavoro con adeguate retribuzioni, sarebbe possibile in teoria ridurre l'orario di lavoro e abbassare l'età pensionabile perchè il tempo necessario alla produzione è in continuo calo. Ma diminuire i tempi e i costi di produzione imporrebbe accrescere i salari e creare nuova occupazione mentre invece aumentano i profitti e gli utili di impresa.

 I meccanismi che regolano il  mercato del lavoro e le politiche del lavoro si basano sulla riduzione del potere di acquisto e sugli aiuti, in svariate forme, alla impresa.

La ricchezza prodotta non va ai salari ma alle imprese, i salari perdono potere di acquisto, le pensioni di domani saranno così esigue da costringere lo Stato ad intervenire con aiuti che avranno un costo maggiore di quanto pensiamo.

Queste politiche hanno alimentato la precarietà  economica e sociale accrescendo le disuguaglianze.

Si fa strada l'idea di cambiare i meccanismi che determinano il salario individuale accrescendo il salario di secondo livello a discapito di quello deciso dai contratti nazionali che progressivamente sono stati indeboliti con il sistema delle deroghe e la defiscalizzazione dei premi aziendali.  

Sono sempre maggiori le sperequazioni salariali tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni nel medesimo comparto ma hanno datori di lavoro diversi tra gestione diretta, appalti e subappalti. Non siamo davanti alle imperfezioni nel mercato del lavoro ma a una scelta oculata che mira a contrarre il costo del lavoro e il potere di acquisto, a costruire condizioni di ricattabilità e di sfruttamento della forza lavoro. 

Da tempo prevale la logica delle imprese su quella del lavoro, gli interessi aziendali rispetto a quelli dei lavoratori, se cosi' non fosse stato le privatizzazioni e le delocalizzazioni non avrebbero preso corpo alimentando sfruttamento e disuguaglianze.


Commenti