Tutto sarà come prima? Dalla piazza della CGIL

 A qualche settimana dalle elezioni politiche, in attesa del nuovo Governo di destra, il paese vive in una sorte di bolla.

Non vi sarà sfuggito il messaggio lanciato dalla piazza della Cgil, un anno dopo l'assalto alla sede nazionale di Piazza Italia  organizzato da gruppi di estrema destra che avevano pilotato una manifestazione No Green pass.

Italia e Europa ascoltino il lavoro, è questo il messaggio lanciato dalla piazza della Cgil, per una legge sulla rappresentanza, sicurezza nei luoghi di lavoro, lotta alla precarietà e salario minimo.

La legalità sia la base della ripresa, solidarietà alle donne iraniane in difesa dei diritti civili invocando democrazia e libertà.

Parole d'ordine non nuove, la piazza della Cgil vuole dettare l'agenda politica al Governo e alle minoranze ma da qui a prospettare azioni concrete corre grande differenza.

Aumentare i salari e rafforzare i contratti nazionali è diventato un luogo comune se poi sottoscrivi accordi con il codice Ipca e se basta un anno senza contratto per far piombare i salari di quel comparto in recessione.

I contratti nazionali sono pieni di deroghe che permettono di bypassare regole valide erga omnes a livello aziendale dove il potere datoriale è più forte e le deroghe sono previste dagli stessi contratti nazionali siglati dalla Cgil.

Non si puo' parlare di lotta alla precarietà senza rimettere in discussione le norme che hanno precarizzato il lavoro e nella accettazione delle quali la Cgil ha alimentato la giungla contrattuale e dei comparti, in subordine ai processi di privatizzazione dei servizi.

La genericità delle parole d'ordine è di facile confutazione, la proposta di una rete internazionale antifascista dovrebbe indurci a riflettere su cosa oggi sia il fascismo, un po' come quando parliamo di Europa dei popoli dimenticando che la Ue esistente è frutto della tecnocrazia , di regole imposte agli stati nazionali che hanno indebolito il potere di acquisto e di contrattazione attaccando il welfare.

Colpisce il messaggio dei sindacati ucraini costruito a senso unico e senza denunciare la natura di questa guerra, si accusa il dittatore russo senza spendere una parola sul dittatore ucraino, sui neofascisti che hanno preso di assalto le sedi sindacali come quella di Odessa.

Una piazza che lancia parole d'ordine in teoria anche giuste ma nella pratica disattese, siamo in presenza di una vera cesura tra gli obiettivi e la prassi, ci si limita ad una strategia dialogante con le associazioni datoriali e i Governi di turno coltivando l'illusione della Europa dei popoli che dei popoli non è mai stata ma piuttosto della Banca Europea.

E questo programma politico resta, come sempre, avulso dal conflitto, dalla critica radicale al modo di produzione  e alle vere cause delle guerre in atto. Di fatto dalla piazza di Roma viene lanciato un messaggio politico al Mov 5 Stelle e al fragile centro sinistra, messaggio la cui struttura portante e unitaria potrebbe anche essere rappresentata dalla Cgil senza rompere l'alleanza moderata con Cisl e Uil e con qualche rimpianto verso i dialoganti, si fa per dire, tecnici del Governo Draghi.


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