La guerra e la militarizzazione sono convenienti per l'economia?
La guerra e la militarizzazione sono convenienti per
l'economia?
Il neokeynesismo di
guerra ha permesso agli Usa di conservare la propria egemonia nel panorama
globale, negli anni ottanta hanno letteralmente messo in ginocchio i paesi dell'ex Urss con una corsa sfrenata alle armi tecnologiche e spaziali, ancora oggi utilizzano le dual use per indebolire competitor orientali e occidentali. Ma al contempo è lecito chiedersi se la corsa al riarmo possa essere
una soluzione praticabile per tutti i paesi a capitalismo avanzato?
Se guardiamo agli
Stati europei dell'area mediterranea, ad esempio Italia, Spagna e Grecia,
l'obiettivo di destinare il 2% del Pil alla spesa militare è oggettivamente
perseguibile? E qualora lo fosse quali ripercussioni avrebbe sulla economia di
questi paesi anche in rapporto ai dettami di Maastricht?
La spesa militare
ufficiale è molto inferiore a quella reale, vale per gli Usa come per altri
paesi della Nato con capitoli di spesa afferenti a svariati ministeri e non
computabili dentro le risorse impegnate a fini militari.
Premessa necessaria a
conferma che tra i dati ufficiali e quelli reali esistono contraddizioni
rilevanti.
Ammesso, ma non
concesso, che ogni paese Nato voglia e possa raggiungere nell'arco di 2 o 3
anni l'obiettivo del 2% del proprio Pil destinato alle spese militari, sarebbe
in tal caso sotto controllo il debito pubblico ?
Nella Ue l'idea di
escludere le spese militari dalle regole di Maastricht è diffusa e trasversale
a nazioni e organizzazioni politiche , aumentando le spese militari sarebbe
scontato accrescere le tasse o tagliare ulteriormente i fondi per lo stato
sociale ma scelte del genere potrebbero determinare conflitti diffusi e assai
pericolosi per la tenuta dei Governi nazionali.
Non siamo solo noi a
suscitare dubbi e perplessità ma perfino l’agenzia di rating americana Moody’s
con un apposito documento; Higher defence spending will strain budgets, but
is credit positive for companies (“La maggiore spesa per la difesa
metterà sotto pressione i bilanci, ma è positiva per le aziende dal punto di
vista del credito”)
Nel 2022 la spesa per
la difesa è stata pari all'1,3 % del PIL per l'UE e all'1,2 % del PIL per
la zona euro, con una spesa in
entrambi i settori relativamente stabile in percentuale del PIL nel periodo
2013-2022 (oscillante tra l'1,2 e l'1,3 % del PIL), ma in calo rispetto al PIL
rispetto al 1995 e al 1996 (1,6 % del PIL). In percentuale della spesa totale,
la spesa per la difesa è stata pari al 2,6 % nel 2022 nell'UE e al 2,5 % nella
zona euro......
Nel 2022 i livelli
più elevati della spesa totale per la difesa nei paesi dell'UE sono stati
osservati in Grecia (2,6 % del PIL), Lettonia ed Estonia (entrambe 2,2 % del
PIL), Lituania (2,1 % del PIL), Francia e Romania (entrambe 1,8 % del PIL),
Cipro e Svezia (entrambe 1,6 % del PIL), nonché Bulgaria e Slovacchia (entrambe
1,5 % del PIL). Per contro, l'Irlanda (0,2 % del PIL), Malta e il Lussemburgo
(entrambi 0,5 % del PIL) e l'Austria (entrambi 0,6 % del PIL) hanno registrato
una spesa relativamente bassa per la difesa nell'UE. Tra i paesi dell'UE e
dell'EFTA, l'Islanda ha registrato il livello più basso di spesa per la difesa,
in quanto non dispone di un esercito permanente (0,1 % del PIL).
Spesa pubblica per la
difesa - Statistica (europa.eu)
Teniamo conto che a
livello europeo nonostante le esplicite richieste della Nato, fin dall'anno
2014, per anni la spesa militare è stata contenuta salvo poi, all'indomani
della guerra in Ucraina, aumentare visibilmente
Rispetto al 2021, il
livello della spesa per la difesa nell'UE è rimasto stabile, espresso in
percentuale del PIL e in percentuale della spesa totale. Tuttavia, nel 2022, in
termini assoluti, la spesa dell'UE per la difesa è aumentata a 204 miliardi di
EUR, rispetto ai 184 miliardi di EUR del 2021. Questo aumento dell'11 %
rappresenta il secondo aumento relativo più forte tra le funzioni di spesa
generali.
Spesa pubblica per la
difesa - Statistica (europa.eu)
Ora, alla luce di
questi dati dobbiamo aprire alcune riflessioni ossia se il modello militarista
dominante negli Usa sia esportabile ad altri paesi Nato e soprattutto ai membri
Ue e se un aumento delle spese militari come richiesto dalla Nato non sia invece
una sorta di cavallo di Troia per le regole che sorreggono la stessa UE.
E' innegabile che
accrescere gli investimenti a fini di guerra determinerebbe per l'Italia la
crescita del debito pubblico fino al 144% del PIL nel 2030, qualora invece
raggiungessimo, sempre per la spesa militare, il 2 per cento del nostro Pil il
debito arriverebbe al 147% del PIL
Paesi come Grecia,
Spagna e Italia potranno quindi permettersi “livelli più bassi di sostegno
popolare" a fronte di continui e progressivi aumenti della spesa
militare?
Moody’s (Moody's:
"Allarme debito con la corsa al riarmo della Nato: Italia a rischio"
- Affaritaliani.it)
punta i riflettori su Italia e Spagna, possiamo anche dubitare
della bontà di questo interessamento pensando a operazioni finanziarie di
natura speculativa dettate da obiettivi politici non meglio definiti, ad
esempio l'indebolimento della Ue.
Ma i rischi che
corrono Spagna e Italia potrebbero anche investire nazioni come Francia,
Germania, Gran Bretagna e Polonia e perfino la Germania lacerata da
una recessione economica che ha fermato dopo lustri la sua crescita economica.
Possiamo anche
ipotizzare il timore statunitense nel fare i conti con una Ue armata e incline
all'aumento delle spese militari, del resto alcune aziende produttrici di armi
del vecchio continente potrebbero anche rappresentare una concorrenza
pericolosa per lo strapotere economico Usa. Detto cio' è evidente che gli
equilibri politici e sociali del vecchio continente sono ben diversi da quelli
vigenti negli Usa e tagli poderosi al welfare oggi sarebbero ingestibili.
La crisi pandemica
prima e quella causata dalla guerra in Ucraina sta alimentando non poche
contraddizioni in seno ai pesi Ue, un eventuale, e probabile, aumento del
debito avrebbe l'effetto di ridurre la spesa sociale alimentando conflitti
generalizzati difficilmente superabili. Ma questa elementare osservazione, se
insinuata da una agenzia finanziaria, appare alquanto sospetta, forse a turbare
i sonni di Moody's sono ben altre ragioni, ad esempio, il timore che in seno
alla Ue prevalgano forze politiche nazionaliste con interessi e obiettivi non
sempre accettabili da Oltre Oceano.
Prendiamo ad esempio
l'Italia ove la spesa per il settore militare tra il 2013 al 2023,è passata da
20 miliardi di euro a 26 miliardi (+ 30%). Qui entrano in gioco altre ragioni, ad esempio
la mancata crescita del PIL, le previsioni per l'Italia non sono certo
incoraggianti. Il neokeynesismo di guerra sarà forse la soluzione per la
crescita economica del vecchio continente o invece, come crediamo, possa
rappresentare un ostacolo e una contraddizione insuperabile?
Possiamo allora
permetterci un aumento delle spese militari rispettando al contempo i dettami
di Maastricht nel rapporto tra Pil e debito pubblico e allo stesso tempo
evitare un disastro sociale derivante da ulteriori tagli al welfare? E
sarà sostenibile una politica di austerity per i prossimi anni?
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