Giorgia Meloni, un falso passato per governare il presente

Giorgia Meloni, un falso passato per governare il presente


– Davide Conti, 30.10.2022
Destre Silenzio sulla «marcia su Roma»; scandalosa, aperta ostilità a Resistenza e
antifascismo; vittimismo per gli anni ’70 delle stragi e dello squadrismo nelle fabbriche e
nelle università
Nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953 il Msi triplicò i suoi voti rispetto al 1948, portando
in Parlamento 38 tra deputati e senatori. I fascisti, da poco rientrati da latitanze e fughe
dopo il crollo dello stato fantoccio di Salò, cominciavano ad accomodarsi.
Sistemandosi all’interno di quelle istituzioni democratiche che avevano combattuto e che
disprezzavano dalla radice. «Il 25 aprile è nata una puttana, le hanno dato nome,
Repubblica italiana» cantavano quei camerati, salvati alla fine del conflitto mondiale dagli
Alleati anglo-americani ormai protesi verso la Guerra Fredda anticomunista.
JUNIO VALERIO BORGHESE, già alla guida della X Mas, fu messo in salvo da James Jesus
Angleton un agente di vertice dell’Oss (antesignana della Cia) che lo caricò su una jeep
statunitense. Diventerà presidente del Msi e organizzerà il golpe del 7-8 dicembre 1970;
Giorgio Almirante scappò in abiti civili dalla porta di servizio della Prefettura di Milano il
giorno della Liberazione indossando un bracciale tricolore partigiano. Diverrà il principale
capo missino nei decenni repubblicani; Augusto De Marsanich, già deputato fascista e
membro del governo Mussolini, in quel 1953 ricopriva la carica di segretario del partito, il
cui presidente onorario, dal 1952, era il criminale di guerra Rodolfo Graziani.
FORSE ERANO LORO «le persone che non ci sono più» a cui la neo Presidente del
Consiglio ha dedicato la vittoria la notte dei risultati elettorali del 25 settembre scorso.
Oppure erano figure di quella «destra democratica» di cui si è vantata di aver fatto parte
nel suo discorso in Parlamento il giorno della fiducia al suo governo. Pino Rauti, fondatore di
Ordine Nuovo ovvero il gruppo responsabile delle stragi di Piazza Fontana e Piazza della
Loggia. Oppure Mario Tedeschi, direttore de «Il Borghese» e della formazione scissionista
missina di «Democrazia Nazionale», oggi indicato dalla procura di Bologna come uno dei
responsabili della strage del 2 agosto 1980 alla stazione.
Forse Giorgia Meloni pensava ai protagonisti della «rivolta di Reggio Calabria» guidati dal
deputato missino Ciccio Franco oppure ai «ragazzi» di Piazza San Babila a Milano, primattori
degli scontri che il 12 aprile 1973 portarono alla morte dell’agente Antonio Marino e che
videro in piazza anche un giovane dirigente del Msi oggi seconda carica dello Stato e
collezionista privato di busti di Mussolini.
DI FRONTE AL FORMARSI del governo di oggi tornano alla mente le parole dell’epigrafe
che Piero Calamandrei scrisse, all’indomani delle elezioni del giugno 1953, rivolgendosi ai
partigiani caduti della Resistenza: «Non rammaricatevi dai vostri cimiteri di montagna se
giù al piano, nell’aula dove fu giurata la Costituzione murata col vostro sangue, sono
tornati, da remote calingi, i fantasmi della vergogna». Il falso racconto del passato,
finalizzato al governo del presente, propalato oggi dalle alte cariche dello Stato e
dell’esecutivo ha iniziato il suo cammino.
CON IL SILENZIO nel centenario della «marcia su Roma»; con la dichiarata ostilità
all’antifascismo ed alla Resistenza scandalosamente criminalizzati e negati da Meloni nella
sua improbabile ricostruzione della storia d’Italia; con la «fuga», attraverso il vittimismo,
dagli anni Settanta delle stragi e dello squadrismo nelle fabbriche e nelle università.
Nelle aule del Parlamento italiano abbiamo visto concretarsi ciò che Calamandrei
preconizzava: «Apprenderemo, da fonte diretta, la storia vista dai carnefici». Non ci
troviamo certo di fronte a un ritorno del «fascismo eterno».
TUTTAVIA LE RADICI profonde di questa destra (fin dal dopoguerra radicalmente
«atlantica») riemergono oggi dalla voce di Giorgia Meloni o nel loro identitarismo classista
che dichiara di «non voler disturbare» industriali e ceti proprietari; di voler avversare i
migranti; di promuovere la guerra contro le donne che non vogliono omologarsi all’essere
soltanto «madri e cristiane», come urlato nei comizi filo-franchisti di Vox in Spagna.
L’inquietudine che suscita il bagaglio storico rivendicato dalla destra è pari soltanto a quella
alimentata dalla lettura della stampa italiana, l’unica restìa a chiamare postfascista il
partito Fratelli d’Italia; l’unica incapace di raccontare la natura profonda di una Presidente
del Consiglio politicamente accarezzata dalle familistiche ed eterne (quelle si) classi
dirigenti nazionali che ieri ebbero tra i loro padri e nonni fondatori i veri sostenitori del
regime fascista e che oggi posseggono di tutti i principali mezzi di informazione.
DA QUESTE consapevolezze sarà necessario ripartire per una battaglia culturale e politica
di difesa della verità storica, della Costituzione e dei diritti della persona.
«Troppo presto li avevamo dimenticati – ammoniva Calamandrei – è bene che siano esposti
in vista su questo palco. Perché tutto il popolo riconosca i loro volti e si ricordi».
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