Brasile: un calcio a Bolsonaro

 

BRASILE: UN CALCIO A BOLSONARO

Gran parte delle tifoserie calcistiche brasiliane hanno animato le manifestazioni contro il regime di Bolsonaro e per la democrazia. Il presidente sembra averlo capito e indossa, a seconda della convenienza, maglie di squadre diverse, dal Botafogo al Flamengo fino al Vasco da Gama. Come all’epoca della dittatura militare, quando il regime fu costretto a fare i conti con la Democracia Corinthiana, le torcidas brasiliane scendono in piazza e rivendicano il diritto a vivere in un paese democratico e antifascista.

di David Lifodi

Come già accaduto in Cile, anche in Brasile le proteste e le mobilitazioni contro un governo dai tratti autoritari e fascisti hanno visto il protagonismo delle tifoserie calcistiche, spesso in prima linea nelle battaglie per la democrazia e i diritti. Sócrates ne sarebbe stato orgoglioso.

Proprio la torcida Gaviões da Fiel, il tifo organizzato del Corinthias di San Paolo, la cui maglia è stata indossata per anni da Sócrates, il calciatore più anticonformista della storia brasiliana, ha preso immediatamente posizione contro l’esaltazione delle torture compiute dal regime militare (1964-1985) da parte del bolsonarismo. Tifoserie rivali sugli spalti si sono unite in nome della comune battaglia contro il Messia Nero, spesso scontrandosi con la repressione della polizia, ma soprattutto con i sostenitori del presidente. Gli antifascisti sono stati definiti da Bolsonaro “terroristi” e, paradossalmente, la maglia della Seleção viene indossata da gran parte dei suo elettori e simpatizzanti ad ogni raduno convocato da uno dei peggiori inquilini del Planalto della storia, ma i gruppi ultras organizzati sono in realtà contrari, in larga parte, al dilagare del bolsonarismo.

Del resto, fin dagli inizi degli anni Ottanta, molte tifoserie avevano partecipato alle manifestazioni che chiedevano la fine della dittatura, spesso rivestendo un ruolo trainante, sull’onda della Democracia Corinthiana e di Sócrates, anche se esistono gruppi più radicali, che invitano a dare battaglia senza sosta al bolsonarismo e coloro che invece ritengono la partecipazione alle azioni di protesta contro il regime sacrosante, ma ne sottolineano la necessità di aderire individualmente e non a nome dei club di tifosi.

Come in Cile, dove l’alleanza tra le barras bravas rivali ha rappresentato il collante delle manifestazioni contro il paquetazo di Piñera, anche in Brasile il tratto comune è stato rappresentato dalle violenta repressione della polizia, che più di una volta, dall’Avenida Paulista fino all’ Avenida Atlántica di Copacabana, ha sparato gas lacrimogeni contro gli ultras che si stavano scontrando con i simpatizzanti del presidente favorevoli alla chiusura del Congresso. All’insegna dello slogan “Democracia, Democracia”, più volte la torcida Gaviões da Fiel ha sfidato i bolsonaristas, dei provocatori al seguito del Messia Nero con tanto di bandiere inneggianti ai neonazi ucraini, insieme alla Democracia rubro-negra del Flamengo e ai gruppi organizzati di Palmeiras (San Paolo), Santos, degli antifa dell’Atlético Mineiro di Belo Horizonte e del Gremio di Porto Alegre.

È stato anche grazie alle tifoserie organizzate che è scoppiato lo scandalo di Sara Germani, dirigente di una rete di appoggio a Bolsonaro dedita a traffici illegali autodenominatasi Sara Winter in omaggio ad una donna neonazi inglese degli anni Trenta e alla guida di Brasil 300, un gruppo di fanatici che inneggia all’utilizzo delle armi per proteggere Bolsonaro e si ispira ai suprematisti bianchi del Klu Klux Klan.

A 40 anni dalla sua nascita, la Democracia Corinthiana è tornata sulla scena in un paese devastato da una triplice crisi: sanitaria, economica e politica. Sorta agli inizi degli anni Ottanta grazie al sociologo Adilson Monteiro Alves, divenuto proprietario del Corinthias senza alcuna esperienza nel mondo del calcio, con l’adesione di Sócrates e altri calciatori del club, tra cui Walter Casagrande, e la benedizione del giornalista sportivo e politologo Juca Kfouri, la Democracia Corinthiana sostenne il movimento politico Diretas Já, che chiedeva appunto le elezioni presidenziali dirette nel 1984.

Oggi Kfouri, che ha sempre aderito alle proteste contro Bolsonaro e preso più volte le distanze dal regime, ha sottolineato che fin dagli albori, nel 1969, la torcida Gaviões da Fiel era nata con un fine politico, quello di cacciare l’allora presidente del Corinthias Wadih Helu, un fervente ammiratore della dittatura che dovette subire lo smacco di un enorme striscione in cui la tifoseria organizzata chiedeva l’amnistia per tutti i prigionieri politici.

Sócrates amava ricordare che le barras bravas hanno da sempre rappresentato uno dei maggiori movimenti popolari del paese e che quando decidono di fare politica le cose iniziano a cambiare, non solo nel mondo del calcio. Di fronte alla perdita del protagonismo politico del Partido dos Trabalhadores, pur essendo senza leader riconosciuti e con una composizione frastagliata al loro interno per la presenza sia di persone di destra sia di sinistra sia senza alcun interesse per la politica, le barras bravas rappresentano una delle spine nel fianco del regime. Bolsonaro lo aveva capito da tempo, tanto da far arrestare, nell’agosto 2019, Rogerio Lemes Coelho, un tifoso del Corinthias colpevole di aver apostrofato il presidente e per questo rimasto nelle mani della polizia per tutta la durata del match tra la sua squadra e il Palmeiras.

Lo stesso Bolsonaro ha percepito l’importanza che riveste il calcio sulla sua presidenza, legando con calciatori come Alisson, portiere del Liverpool che ha giocato anche in Italia con la maglia della Roma e suo aperto sostenitore. Il presidente rivendica la sua passione per il Botafogo, ma secondo il sociologo Ronaldo George Helal, dell’Universidad Católica del Estado de Río, indossa la maglia calcistica a seconda della convenienza del momento. Una cosa è certa: i tifosi del Flamengo non hanno perdonato al presidente del loro club, Rodolfo Landim, l’incontro con Bolsonaro assieme al patrón del Vasco da Gama nello scorso mese di giugno, quando si ragionava sulle modalità per riprendere il campionato di calcio. In quell’occasione, a conferma di quanto sostenuto da Ronaldo George Helal, Bolsonaro indossava la casacca del Flamengo e suo figlio Flavio quella del Vasco, con il risultato di far arrabbiare entrambe le tifoserie.

Ci sono anche coloro che considerano le provocazioni di Bolsonaro una strategia per far aumentare la tensione e fornire al presidente la scusa buona per decretare lo stato d’assedio e chiudere il Congresso.
Una cosa è certa: anche sul calcio, lo sport più amato dai brasiliani, si gioca il destino del paese, ma soprattutto della sua democrazia.

Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologid’assedio e chiudere il Congresso. Una cosa è certa: anche sul calcio, lo sport più amato dai brasiliani, si gioca il destino del paese, ma soprattutto della sua democrazia.


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