Pubblico impiego: inizia lo stravolgimento dei profili professionali in nome della flessibilità

L'obiettivo è stato piu' volte annunciato: revisione dei profili professionali nel Pubblico Impiego, ricorso alla flessibilità nell'utilizzo della forza lavoro, utilizzo a tale scopo dello smart svincolato da ogni seria regolamentazione. Parliamo della sostanziale equivalenza tra le mansioni  ammesso che siano comunque riconducibili allo stesso livello di inquadramento.

Recenti sentenze hanno sdoganato la flessibilità delle mansioni, basta che siano equivalenti e riconducibili ai livelli di appartenenza, ragione per cui sarà sempre piu' arduo dimostrare un eventuale demansionamento lasciando cosi' ai datori di lavoro un'ampia e incontrollata discrezionalità.

Sono lontani i tempi dei mansionari, pensare al loro ritorno è senza dubbio un errore che non tiene conto dei cambiamenti reali intervenuti nella Pa, ma i processi di ristrutturazione non devono sancire la subalternità all'ideologia della flessibilità che porta solo alla sconfitta dei lavoratori e delle lavoratrici.

Serve chiarezza anche da parte della contrattazione collettiva, se alcuni articoli sono scritti per lasciare spazi interpretativi ai datori di lavoro non ci saranno spazi di manovra per lavoratori e rsu, serve non il ritorno ai vecchi mansionari ma porre fine al concetto di equivalenza delle mansioni nel nome della quale vengono imposti aumenti dei carichi di lavoro e processi riorganizzativi alquanto discutibili.

La posta in gioco è chiara: ottenere senza contrattazione il massimo risultato possibile ossia un ampio utilizzo della flessibilità delle mansioni e imporre carichi di lavoro crescenti. La prossima tappa potrebbe essere la revisione peggiorativa dei profili professionali e cosi' in un colpo solo distruggerano anche i residui spazi di contrattazione lasciando in balia i singoli dipendenti di superiori, Po e dirigenti


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