Orizzonte politico da ricostruire

Un orizzonte politico da ri/costruire

Tiziano Tussi

Difficile pensare di indicare qualcosa che rimanga per qualche tempo e che sia di indirizzo politico per il tempo medio prossimo. Tutto appare, ad una micro analisi, caduco. Di che si parla: di Conte, e chi è? Di Salvini? Della Meloni? Di Zingaretti? Del problema autostrade? Dell'Ilva? Della scuola in Italia; di un ministro della Pubblica istruzione che non si capisce bene cosa sia? Del ministro, femmina, delle infrastrutture? Di un'epidemia di cui si sa questo, quello ed il suo contrario? Del problema del turismo estivo? Dell'esistenza o meno dell'Europa Unita? Di Trump? Della Cina e dei suoi problemi ad Hong Kong? Della Russia di Putin?

Insomma, ogni considerazione appare già squadernata e riproposta e pronta per esserlo ancora un'altra volta ripetuta senza possibilità di una seppur minima risoluzione.

Punto fermo. O meglio un punto fermo di fondamento, che regge tutto questo teatrino del nullismo c'è, da un po' di tempo: un orizzonte politico monco che arranca, ma in ogni caso vive. L'orizzonte monco è quello prodotto dall'economia capitalistica, nelle modalità in cui vive ora. Sporca, delinquenziale, in minima parte moderna negli intendimenti sociali, ma modernissima nelle capacità tecnologiche di struttura. Affari che si avvalgono di ogni risvolto umano per prosperare, per assommarsi. In questa direzione, tragedie, guerre, armi di ogni tipo, vengono usate per raggiungere e mantenere l'obiettivo dell'aumento dei profitti. Soldi a palate per sempre più pochi; a volte un po' più puliti, ma comunque soldi, reali o simbolici che debbono aumentare sempre più: miliardi di persone senz'acqua - dai facciamoci dei soldi; la fame non sparisce, gli affamati muoiono - altri soldi; il pianeta soffre ecologicamente - plastica, idrocarburi, deforestazioni selvagge - altri soldi. Insomma, avanti sino al bordo dell'abisso e oltre. Grandi questioni e per contrastarle ecco lì una ragazzina di 17 anni contro tutti. Anche questo fa pensare e fa ridere.

Da quando il campo comunista si è dissolto, il mondo, tutto intero, non ne ha certo guadagnato. E non parlo certo dei grandi capitalisti che da allora si sono formati. L'elenco delle loro ricchezze è aumentato: i vari padroni della rete, delle commercializzazioni transnazionali, dei produttori di macchine tecnologiche, i padroni dell'industria del lusso. Certo loro non hanno sofferto della scomparsa del campo comunista - indichiamolo così, tanto per capirci - ma la dialettica sociale del mondo certo ne ha sofferto. Le società dei vari stati, a livello mondiale, le strutture sindacali e politiche di sinistra, di classe, le strutture di lavoro e di economia legate ad esso, l'ambito culturale e di propaganda, così come di studio, anche solo per studi di critica a quel mondo ne hanno risentito la scomparsa. Insomma, un aggancio stabile è scomparso ed il caos è andato allargandosi ed approfondendosi.

Questo pensiero dovrebbe essere nella testa di ognuno che lavori politicamente ora, che abbia altresì ruoli di responsabilità politica nei Paesi dove la scomparsa della cultura e dell'azione di classe si è fatta veramente palese.

Purtroppo si assiste solo a singulti di analisi e di comportamenti senza un senso profondo della tragedia di una sconfitta culturale e politica deleterea e profondissima, altrimenti non assisteremmo a questo continuo sbraitare di piccoli gruppi che si criticano l'un l'altro senza costrutto. Mancando la voce di classe, la voce del proletariato, il mondo è monco. Sulla scena rimane solo la sponda liberal capitalistica, nelle sue inutili variabili.

Il senso profondo da usare per capire l'essenza dell'umanità, ora, è che la stessa è presa, con pochissime eccezioni, che confermano dunque questa regola, a interfacciarsi con esponenti della cosa pubblica che ciondolano tra il clownesco e il tragico.

Basti osservare le varie posizioni pubbliche prese a fronte a questa pandemia di covid-19, un nuovo coronavirus. Basterebbe passare in rassegna il comportamento dei nostri responsabili politici, a livello nazionale ed internazionale, per poterne ben visualizzare i tragici errori. Il problema, di conseguenza, è che ogni errore in questo campo significa automaticamente migliaia di morti. Altro che guerre e guerricciole. Qui i morti si assommano velocemente. E i responsabili sono sempre quelli della sanità, così come dell'economia nelle sue numerose branche, della scuola, della cultura. Se hanno trattato in modo pessimo la questione sanitaria, ripeto, centinaia di migliaia di morti, altrettanto faranno/stanno facendo negli altri settori della cosa pubblica.

Ecco quindi che l'assenza della parte critica, proletaria e moderna della società, che si esprimeva attraverso esponenti di quella parte di orizzonte politico-sociale che manca, si fa sentire.

Pensiamoci in questi mesi estivi nei quali cercheremo, ognuno per suo conto, di sopravvivere, alla malattia ed all'imbecillità che ci si stringe attorno.

Pensiamoci!

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