Teoremi di pace
Fili concettuali e teoremi virtuali dei vissuti di pace
Teoremi di pace
di Laura Tussi
Con i miei scritti, imparo la relazione nell’azione
educativa e di attivismo e di impegno civile, in rapporto con l'altro da me.
Propongo di lavorare alla tessitura, all’incrocio costruttivo dei fili
concettuali e dei teoremi virtuali costituiti dai nostri vissuti come educatori
e attivisti di pace e nell’impegno per la nonviolenza nelle nostre riflessioni
e nei nostri scritti.
In quest’ottica, vivo esperienze educative su valutazioni scaturite
dall’osservazione critica di diversi percorsi riconducibili all’indicazione
dell’educazione per una cittadinanza attiva e globale, consapevole
dell'utilità di trattare in rete temi cruciali e di rilevanza globale come
diritti umani, discriminazione e integrazione, cambiamento climatico, consumo
critico, rispetto dell’ambiente naturale, energie alternative, disarmo
nucleare, e di quanto sia importante per le compagne e i compagni di viaggio
muoversi con maggiore conoscenza e coscienza del mondo interconnesso in cui
viviamo.
Se la democrazia la imparo soprattutto praticandola a partire da me stessa,
questo può essere importante e generare cambiamenti, in giovani e meno giovani,
che contribuiscono a renderli cittadini responsabili, attivi e solidali,
cittadini consapevoli e con i piedi ben piantati nel XXI secolo, capaci di
trasformare in meglio e in direzione democratica "ostinata e
contraria" la società. Altrettanto importante è analizzare come sono
organizzate la scuola e la società, come si sta in classe e nel mondo, come si
sta insieme, come si costruisce l’apprendimento e come si gestiscono le
dinamiche relazionali. Così appare cruciale una pratica di insegnamento, e al
contempo di attivismo civile di pace, che permetta il protagonismo di chi,
mentre apprende, costruisce il proprio percorso di autonomia.
Prospetto così l’importanza del ruolo dell’insegnante e dell’attivista
sociale, facilitatrice e facilitatore del processo di apprendimento, e non
veicolo di contenuti preconfezionati.
Un altro punto fondamentale mi appare lo stare dentro il gruppo,
predisponendomi ad apprendere e a riportare i contenuti nei miei scritti,
stimolata dalle persone con le quali mi vado a relazionare nell’azione
educativa, di attivismo e di impegno civile. Può crearsi un circolo virtuoso la
cui forza centripeta è la voglia di apprendere dalla situazione vissuta e nello
stesso senso lavorare in rete tra attiviste e attivisti, educatrici e
educatori. Non tanto un modo per difendere e diffondere dei saperi, quanto un
modo, un tempo e uno spazio per costruire apprendimenti sulla base di una forte
visione comune e per continuare a formare sé stessi, riversandosi nei propri
scritti.
Rivivo delle esperienze fatte, proposte educative, percorsi, valutazioni,
riflessioni di insegnanti e compagni attivisti, insomma di tutto ciò che, a
partire dalla pratica scritta, può anche offrire a chi legge spunti per
ragionare sull’efficacia e sulla coerenza delle azioni rispetto ai
convincimenti teorici, ed anche sulle difficoltà dell’essere coerenti all’atto
pratico del fare scuola, così come all'atto del realizzare qualsiasi altra
azione civile. L'intento può essere quello di fornire esperienze modello magari
da replicare, ma soprattutto nell’ottica di stimolare il pensiero critico su
quanto accade nella pratica reale, tra cose positive e negative, punti deboli e
punti di forza dei percorsi e processi educativi che vogliono contribuire a
formare persone capaci di imparare come poter lottare contro ingiustizie e
iniquità. Anziché proporre modelli, può essere più interessante provare a
mettere al centro l’apprendimento che scaturisce dalla pratica e dallo sviluppo
dell’esperienza stessa e dalla sua lettura a posteriori: un apprendimento che
può portare la costruzione autonoma, ma non autarchica e prevaricatrice, del
proprio originale scritto da rimettere continuamente in discussione, passando
dal vaglio di esperienze future che solo relazioni reciproche possono
favorire.
Nello scambiarsi le esperienze, vi sono anche dei rischi, come quello di
presentarle sempre come buone pratiche.
Ma cos'è una buona pratica? Forse quella che vede compiersi ciò che si era
previsto inizialmente, o invece quella grazie a cui, non ottenendo quanto
pensato e programmato, si è potuto apprendere molto? A volte nella distanza tra
il progetto e il processo, nello scarto tra ciò che avrei voluto realizzare e
ciò che effettivamente ho realizzato sta la parte potenzialmente più
arricchente della mia esperienza di attivista e di giornalista. A condizione
che ci sia un ripensamento critico sul cammino fatto. Una lettura del processo
della mia esperienza tramite una analisi scritta può consentire di andare più
in là della fotografia di ciò che resta dopo un percorso didattico e di
attivismo, di costruire riflessioni teoriche, apprendimenti da scambiare. Lo
scritto mi obbliga a decostruire e ad interpretare quanto accaduto, a sfidare
me stessa. Mettere soprattutto in comune apprendimenti per poi riflettere
insieme è considerevolmente diverso dal fare resoconti di azioni educative, o
di alcune azioni civili realizzate.
Quanto scrivo diventa un contributo qualitativamente differente grazie alla
condivisione stessa (di riflessioni, ragionamenti, emotività, e tutto ciò
diventa uno scambio intimo che contribuisce alla creazione di relazioni) e per
i risultati, potendo imparare dal pensiero di un altro educatore, da
un’azione che mai intraprenderò e dal confronto. E allora provo ad alimentare
lo scambio e gli scambi futuri ripartendo da pratiche e percorsi educativi
svolti con esperienze molto diverse tra loro, in quanto tipologia di pratica,
in quanto innovazione, impegno richiesto nel coinvolgimento di altri attori, e
molto probabilmente anche in quanto incisività, ma accomunando il tutto con
l'altro da me e con i mezzi a mia disposizione, cercando di contribuire
all’intento di creare la costruzione di una cittadinanza globale responsabile,
attiva e solidale.
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